Lodovico Poletto per “La Stampa”
elemosina per strada
Senza tetto. Disperati. Persone con gravi problemi di carattere psichiatrico. E «senzatetto economici». Provvisori, verrebbe da dire. Che vengono in città per far denaro. E poi ripartire e tornare a casa, all'estero, nel giro di qualche tempo. Quanto? «Non so, qualche mese. Ma adesso molti di loro se ne andranno via nel periodo del Natale romeno» dice Gioele, 74 anni, cane al seguito grosso un pugno, cappottone grigio. E una storia personale che forse è vera o forse no.
Origini montenegrine. Baracca dalle parti di piazza Sofia. Lontano da casa, da un paese dal nome impronunciabile e inscrivibile, sulle montagne sopra Podgorica. La capitale. «Sono scappato da lì quando è morto mio figlio e non sono più ritornato», racconta. Gioele, la storia dei senzatetto «a tempo determinato» - oppure economici come li chiama qualcuno - la conosce bene. O almeno così dice. Dove stanno? «Al fondo di via Roma. Ma anche in centro adesso. Io con loro non voglio avere nulla a che fare». Ma sono violenti? «Non so».
senzatetto elemosina
La questione dei senzatetto per finta è stata sollevata l'altro giorno dal sindaco Lo Russo, nel corso di un incontro pubblico: «La situazione torinese è anche figlia del racket, portato avanti da una comunità etnica molto precisa». Un'accusa chiara. Oltre che un problema in più che rischia di inceppare la macchina degli aiuti, distrarre risorse. Ciò che il sindaco ha detto è soltanto la coda di una questione che è già finita sul tavolo della Prefettura.
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Non ieri, o ieri l'altro, ma nel corso di uno degli ultimi incontri del Comitato per l'ordine e la sicurezza pubblica. E adesso ne parlano apertamente anche quelli della polizia municipale: «Ci sono senzatetto professionisti che vengono qui, o magari anche in altre città, soltanto per fare la stagione». I rom la chiamano «vanghela». Carità. Ed è un modo per guadagnarsi uno stipendio.
Chi viene campa per strada o dove capita: un dormitorio, una fabbrica abbandonata, un pezzo di cartone appoggiato su un materasso di fortuna, nelle vie del centro. Mangiano come e dove capita: nelle mense dei poveri oppure con gli aiuti che portano le associazioni di volontariato che operano in città. E di giorno fanno il lavoro per cui sono arrivati: chiedono la carità.
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Un euro sull'altro, accumulati senza mai spendere nulla diventa stipendio, da mandare a casa, alla famiglia e ai figli. Ne hanno discusso, si diceva, al Comitato in Prefettura. Argomento riservato. Qualcuno ha parlato dell'arrivo di un furgone, o forse due, stracarichi di senzatetto per finta. E allora s' è acceso un faro. Che per ora non si è ancora trasformato in un fascicolo da inviare in Procura, perché di reati ufficialmente non ce ne sono. Ma che ha alzato la soglia di attenzione da parte di tutti. E Gioele, stretto nella sua palandrana grigia, conferma: «Stanno laggiù, al fondo dei portici.
Se li cerchi li trovi». Di dove sono? «Romania. Ma sono strani, meglio non stare lì con loro».
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E allora parte la ricerca. La mappa dei vigili dice che non stavano nelle strade del centro più stretto. Ma che poi si sono spostati. E adesso lì trovi un po' ovunque: da via Po a via Roma. Ecco, potrebbe esserlo Ernest che alle 11 del mattino se ne sta in via Roma, quasi all'angolo con piazza Cln. Non pronuncia una parola che sia una in italiano, e l'unico modo per riuscire a dialogare con lui è adoperare il traduttore dello smartphone. Origini romene. Un altro posto sperso in montagna e dal nome inscrivibile. Da quando sei in città? «Ho la famiglia povera».
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D'accordo, ma da quanto tempo sei in Italia? La risposta non è comprensibile. Vox populi dice che arrivino dalla Transilvania. E che, con una buona dose di aggressività, scaccino i senzatetto storici, quelli che davvero vivono di carità e non hanno mezzi, dai posti «migliori». Ernest conferma: «Meglio stargli lontano: non voglio problemi». Ma tu lo sai quanto incassano? «Io con quelli non parlo. Ma prima di Natale saranno un bel po' di soldi». È mezzogiorno. Tu oggi quanto hai preso? Ernest mette la mano in tasca e tira fuori solo monetine: «Tre euro».
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