Traduzione dell’articolo di Allan Kaval per “Le Monde – Magazine”
L OFFENSIVA DI GIORGIA MELONI SULLA RAI - PRIMA PAGINA LE MONDE
Tutto va avanti come se nulla fosse cambiato. Sul set Bruno Vespa, 80 anni, di cui sessantadue trascorsi nell'emittente pubblica italiana, è padrone del suo regno. A sinistra del padrone di casa, gli ospiti di destra. Alla sua destra, ospiti da sinistra e dal centro. “Porta a Porta”, programma di punta della RAI, andato in onda in seconda serata dal martedì al giovedì e visto in serata da oltre 400.000 persone, va in onda dal 1996. La “terza camera del Parlamento”.
bruno vespa
Siamo a due giorni dalle elezioni europee del 9 giugno e si commenta la vittoria della presidente del consiglio di estrema destra, Giorgia Meloni, presentata come una leader ormai imprescindibile. Volto eterno della televisione italiana con i suoi zigomi alti e la sua bocca sempre espressiva, sia che sorrida sia che mostri il suo dissenso, Bruno Vespa è un uomo della rete che è sopravvissuto a tutte le alternanze della politica. Nella labirintica geografia del potere romano, gli basta una telefonata per raggiungere qualsiasi ministro, star dello spettacolo, uomo d'affari o cardinale. Ha saputo adattarsi all'attuale governo (come con i precedenti), dove altri big hanno preferito andarsene mentre cominciavano a piovere accuse sulla presa controllata della Rai da parte dell'estrema destra. Sul set, dopo una quarantina di minuti di registrazione, si parla dello scioglimento dell'Assemblea nazionale francese.
giorgia meloni 5
Sullo sfondo appare uno screenshot del sito web di Le Monde. Bruno Vespa coglie l'occasione per cambiare argomento: «Questa sera è con noi un collega di “Le Monde”. È venuto a vedere come sta la Rai con la Meloni, perché ci sono voci preoccupanti. E noi abbiamo cercato di rassicurarlo perché non vediamo questo spettro della censura. Parleresti di un governo autoritario?», dice ironicamente al suo ospite Giovanni Donzelli, deputato e alto dirigente di Fratelli d'Italia, il partito di Giorgia Meloni.
ROBERTO D'AGOSTINO
Giovanni Donzelli smentisce ogni censura, attribuendo le domande di “Le Monde” a un'opposizione impegnata a "parlare male dell'Italia all'estero". Chiara Braga, del Pd, ricorda la cancellazione da parte della Rai del discorso dello scrittore Antonio Scurati che criticava Giorgia Meloni per il suo rifiuto di definirsi antifascista. Parla ancora Bruno Vespa. Crede che sarebbe stato necessario mettergli di fronte un intellettuale di destra. Chiara Braga gli chiede se l'eredità antifascista sarebbe quindi solo di sinistra. Decide decretando che si è trattato in realtà di un attacco dello scrittore a Giorgia Meloni. Si grida uno contro l’altro.
copertina del magazine di Le Monde sulla destra e la rai
L'ultima parola spetta a Giovanni Donzelli, che critica il suo avversario per avere “la pretesa di dare patenti di democrazia”. Tra riferimenti a una storia mal digerita e retorica nazionalista, il passaggio delle armi è sintomatico della crisi in corso all'interno di una Rai trasformata in un campo di battaglia. Una classe dirigente di estrema destra arriva con la sua “nuova narrativa nazionale” per rubare alla sinistra una delle sue storiche fortezze. Gli oppositori parlano dell'avvento di una “Tele Meloni”.
A destra si parla di ritorno al pluralismo. Prima della messa in onda, alla domanda su come stesse andando la Rai, Bruno Vespa ha risposto con un grande sorriso: «Sono lì da più di mezzo secolo. Se sono sopravvissuto… non c’è da preoccuparsi per la RAI!». Secondo lui «il Parlamento è il caporedattore della Rai e la maggioranza ha sempre esercitato la sua influenza sulle nomine: la Rai è sempre stata condizionata culturalmente dalla sinistra, anche durante l'era Berlusconi. Per la prima volta un governo è riuscito a rompere il soffitto di vetro. Quindi c’è semplicemente più pluralismo».
giampaolo rossi roberto sergio
Molto più che un gruppo audiovisivo, la RAI è un'istituzione della Repubblica Italiana. Lo ha accompagnato nelle sue trasformazioni fin dalla sua creazione nel 1954, quando il Paese emergeva dalle macerie della guerra. È cresciuta contemporaneamente alla Repubblica e potrebbe trovarsi, come lei, a un punto di rottura. Per capire il suo posto nella vita e nella memoria degli italiani bisogna andare a Torino.
giorgia meloni 2
Nel centro della capitale della Casa Savoia, la dinastia unificatrice dell'Italia, in una strada intitolata al compositore nazionale Giuseppe Verdi, si erge un edificio la cui architettura evoca una certa età dell'oro. Sulla facciata, una sigla con caratteri tipografici tipici degli anni '70: RAI. Al suo interno si trova un piccolo museo, un vero tempio della memoria, dove i visitatori di tutte le generazioni possono passeggiare tra gli archivi audiovisivi, tra apparecchi radiofonici che ripetono la dichiarazione di guerra del 1939 e scenografie di spettacoli per bambini.
In un'oscurità blu, una consolle collegata a cinque schermi di epoche diverse permette di viaggiare indietro nel tempo.
articolo del magazine di Le Monde sulla destra e la rai
Premiamo un pulsante ed ecco il programma “Non è mai troppo tardi”, lanciato nel 1960 per combattere l'analfabetismo degli adulti che persisteva nei decenni del dopoguerra. Con la sua lavagna della RAI educativa che ha imposto l'italiano ai dialetti, della RAI creatrice di una cultura nazionale con i suoi adattamenti di monumenti letterari, come quello, nel 1959, de L'Idiota, di Dostoevskij, o quello, nel 1972, de Le avventure di Pinocchio, di Carlo Collodi. Ancora un tocco e ci ritroviamo nel 1958. Domenico Modugno canta, allacciato nel suo blazer bianco, Nel blu dipinto di blu, colonna sonora del miracolo economico, sul palco del Festival di Sanremo. Organizzata dalla RAI, questa grande messa canora unisce ancora ogni inverno gli italiani in un fervore paragonabile a quello dei Mondiali.
giorgia meloni dritto e rovescio 3
“Gli italiani la chiamano “Mamma RAI”!, esclama Alberto Allegranza, direttore del museo. Lei è allo stesso tempo la matrice, la casa, l'autorità e colei che rassicura». La RAI ha accompagnato le mode, è servita da ponte tra il popolo e le élite e ha plasmato e unificato una nazione, al punto che il grande poeta, scrittore e cineasta Pierpaolo Pasolini arrivò ad accusarla, negli anni '70, di “genocidio culturale” contro le molteplici identità locali del Paese. Educativa certamente, la Rai, come le altre istituzioni della Repubblica, è comunque sempre stata un luogo di potere. La sua antenata, l'Unione radiofonica italiana, nacque nel 1924, sotto il fascismo, come organo di propaganda. La RAI è stata fondata sotto la Democrazia Cristiana (DC), il partito dominante nel dopoguerra.
giampaolo rossi roberto sergio
Poi la Dc aprì il secondo canale ai socialisti nel 1975, prima che i comunisti arrivassero al terzo nel 1987. Un partito, un canale. Questa pratica di condivisione di canali e posizioni è chiamata lottizzazione (“allocazione”). Il termine è preso in prestito dal vocabolario dello sviluppo immobiliare, che allo stesso tempo sta devastando il panorama italiano. Fu proprio un magnate immobiliare a sconvolgere il panorama televisivo: l'imprenditore Silvio Berlusconi, destinato a un grande destino politico, lanciò negli anni '80 la televisione privata.
GIORGIA MELONI A BRUXELLES
I suoi programmi trasudavano un edonismo apolitico ben accolto dopo la violenza degli anni di piombo, un periodo che, dalla fine degli anni Sessanta all’inizio degli anni Ottanta, fu segnato dal terrorismo di estrema destra e di estrema sinistra. “La società aveva bisogno di leggerezza. Berlusconi ha indicato la strada. La RAI ha seguito”, ricorda il fotografo Stefano De Luigi, che ha documentato questo sviluppo nel suo libro Televisiva (L’Artiere éditions, in uscita a novembre 2024).
Nello stesso movimento, all'inizio degli anni Novanta, il sistema dei partiti crolla sullo sfondo degli scandali di corruzione, ma la Rai non si libera dalla politica. «La Rai è diventata un grande mercato dove i politici si scambiano influenza, reputazione, immagine, incarichi, stipendi, contratti per le case di produzione. E allo stesso tempo è servizio pubblico…» spiega un dirigente dell’azienda che ha voluto restare anonimo. Come lui, tutti i membri della direzione dell'emittente pubblica, di destra come di sinistra, con cui abbiamo parlato non hanno voluto vedere apparire i loro nomi, segno di una certa tensione all'interno della Rai.
DAGO ALL AEROPORTO DI FIUMICINO
La riforma voluta dal governo di Matteo Renzi (centrosinistra) nel 2015 ha formalizzato i rapporti incestuosi tra la Rai e il governo. Permette al governo di nominare il presidente del consiglio di amministrazione e l'amministratore delegato. Due membri del Consiglio sono nominati dal Senato, altri due dalla Camera dei Deputati e uno dall'Assemblea del personale. Questa politicizzazione viene poi trasmessa lungo la catena gerarchica. Nel corso dei governi, la RAI oscilla da un lato all'altro dello spettro politico, anche se un substrato di sinistra rimane dominante. Niente potrebbe essere più logico, quindi, che Giorgia Meloni, una volta salita al potere nell’ottobre 2022, abbia voluto imporre la sua impronta. Ma il presidente del consiglio vuole più di un'alternanza. Vuole una rivoluzione culturale e si impegna a dare agli uomini la responsabilità di guidarla.
giorgia meloni al senato
Uno dei suoi compagni di viaggio, l'intellettuale Giampaolo Rossi, 58 anni, è stato nominato direttore generale nel maggio 2023. Ammiratore di Vladimir Putin, Viktor Orbán e Donald Trump, è scettico nei confronti dei vaccini, e critica il “nuovo ordine mondiale” e colui che considera uno dei suoi rappresentanti, il miliardario filantropo e liberale George Soros.
A un livello inferiore, l'incarico di direttore dei programmi diurni è stato affidato ad Angelo Mellone, 51 anni, scrittore ed ex militante della formazione giovanile neofascista.
paolo corsini
Paolo Corsini, 56 anni, è nominato direttore dei programmi di approfondimento. «Stiamo vincendo la battaglia delle parole», si congratulava con se stesso nel 2023, durante il festival Fratelli d'Italia, ricordando il suo passato di attivista nel ramo giovanile del partito, organizzatore dell'evento. Accusato dall'opposizione di mancanza di indipendenza, ha poi chiesto scusa. Nel mese di giugno, un'indagine del sito d'informazione Fanpage ha rivelato che il razzismo, l'antisemitismo e il folclore fascista avevano libero sfogo all'interno di questa organizzazione politica.
giorgia meloni alla camera 1
«La Meloni favorisce i suoi compagni di lotta, gli unici di cui si fida», spiega Alessandra Ravetta, condirettrice della testata media specializzata Prima comunicazione. La nuova Rai ha fatto fuggire i suoi protagonisti. Nella primavera del 2023 Fabio Fazio, una delle sue icone, è andato via. Il suo incontro domenicale del centrosinistra, “Che tempo che fa”, dove sono stati ricevuti Mikhail Gorbaciov, Barack Obama e anche Papa Francesco, ha attirato un ottimo pubblico. «La RAI ha concluso le trattative per il rinnovo del contratto. [Il vicepresidente del Consiglio] Matteo Salvini voleva la sua testa, la Meloni gliel'ha data - dice una fonte vicina.
Angelo Mellone Gennaro Sangiuliano foto Di Bacco
«Se sei popolare e di sinistra, fai paura - spiega un dirigente dell’azienda - È così che interi settori del servizio pubblico si muovono verso la concorrenza». Tra le altre perdite secche, la RAI ha visto la partenza di Amadeus, l'incomparabile presentatore del festival di Sanremo, ingaggiato dal gruppo Discovery per diversi milioni di euro, secondo indiscrezioni di stampa. Sotto la sua egida, le ultime edizioni della manifestazione hanno battuto record di ascolti, tra cui 14,3 milioni di spettatori la sera della finale, il 10 febbraio 2024. Ma sono state anche molto politiche, con gli ospiti che spesso hanno mostrato un progressismo fuori stagione.
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È stato anche dopo l'edizione 2023 che l’ex direttore artistico del festival, Gianmarco Mazzi, ha chiesto di “cambiare la narrativa del Paese” in una direzione più conservatrice, per protestare contro le posizioni assunte dagli artisti. Amadeus ha preferito andarsene. La RAI non lo ha accettato.
paolo corsini
Prima di prendere il potere, la Meloni aveva già preso di mira la Rai. Durante la campagna elettorale per le legislative del 2022, Federico Mollicone, uno degli intellettuali organici della destra meloniana, ha invitato la RAI a non mandare in onda una puntata del cartone animato Peppa Pig, che vedeva protagonista un personaggio con genitori omosessuali. L’ascesa dell’estrema destra ha portato a una litania di accuse di censura. Nel luglio 2023 uno di questi riguarda Roberto Saviano, autore del libro di successo internazionale Gomorra e oppositore del governo Meloni. Dopo le critiche rivolte a Matteo Salvini, la trasmissione sulla mafia che avrebbe dovuto condurre la stagione successiva, è stata sospesa.
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Domenica 11 febbraio, la trasmissione “Domenica In” è diventata a sua volta controversa quando, in risposta all'appello a “fermare il genocidio” a Gaza lanciato il giorno prima della messa in onda, a Sanremo, dal cantante italo-tunisino Ghali, la conduttrice Mara Venier legge una dichiarazione di sostegno a Israele prima di interrompere il cantante Dargen D'Amico, che tentava di parlare di accoglienza dei migranti. Secondo alcuni dipendenti Rai il caso dimostra l'instaurazione di una forma di autocensura. In aprile, il caso Antonio Scurati ha fatto divampare le tensioni. Invitato a parlare nel talk show “Chesarà” per la celebrazione della vittoria del 25 aprile 1945 contro nazismo e fascismo, l'autore di romanzi di successo su Mussolini presenta un testo in cui accusa Giorgia Meloni, la cui famiglia politica è legata alla storia del fascismo, di non essersi convertito all’antifascismo. Il suo intervento è annullato, ma la conduttrice Serena Bortone legge comunque il testo in onda.
BRUNO VESPA
Di fronte all'indignazione, Giorgia Meloni ha pubblicato il discorso integrale sul suo account Facebook, per dimostrare che non erano posti vincoli all'espressione di chi scrive. Ma il danno è fatto. L'opposizione parla di censura. Emergono poi testimonianze sulla precedente cancellazione di interventi sulla violenza della polizia o sull'aborto. Il 2 luglio Serena Bortone è stata sospesa per sei giorni. All'inizio della campagna europea, Giorgia Meloni arrivò addirittura ad attaccare direttamente la trasmissione “Report”.
giorgia meloni
I suoi giornalisti, che dal 1997 conducono inchieste nelle viscere del potere, si sono appena occupati dell'accordo tra Roma e Tirana sul ricollocamento dei rifugiati sottoposti a procedura di asilo nei centri di detenzione in Albania.
Durante un incontro, il presidente del Consiglio ha accusato il programma di aver “linciato [il presidente albanese Edi Rama] per aver tentato di aiutare la nostra nazione”, alimentando la narrazione di una sinistra mediatica nemica del popolo.
ALMA MANERA PAOLO PETRECCA
Edi Rama, dal canto suo, ha contattato la RAI per lamentarsi dell'inchiesta. Lunedì 8 luglio è scoppiata una nuova polemica per la copertura molto limitata da parte dei canali RAI dei risultati delle elezioni legislative francesi. In particolare, il canale di informazione continua RAI News 24 è stato criticato per aver privilegiato, in apertura dell'edizione delle 22, un servizio sul festival Le Città d'Identità, manifestazione ideata da intellettuali e giornalisti di destra, alle elezioni della sinistra in Francia. «La pressione è senza precedenti - dice Daniele Macheda, segretario del sindacato dei giornalisti RAI Usigrai, di sinistra - c’è un atteggiamento invasivo da parte di chi detiene il potere nei confronti dell’autonomia del servizio pubblico».
giorgia meloni in versione gioconda
Se il telegiornale del primo canale ha sempre portato la voce dei governi che si sono succeduti, fonti interne descrivono ora uno zelo mai visto prima, mentre il canone televisivo è sceso, da 90 a 70 euro per famiglia, limitando l'autonomia finanziaria del RAI. In reazione a questi sviluppi, i giornalisti della RAI hanno organizzato un raro sciopero il 6 maggio, per denunciare “il controllo generalizzato degli spazi informativi da parte della politica”. Fuori la situazione non è migliore. Il quotidiano d'opposizione “Domani” è stato oggetto di una perquisizione a seguito di indagini su membri del governo. Un disegno di legge sostenuto dal governo prevede pene detentive per i giornalisti se le loro informazioni sono state ottenute illegalmente.
dago foto porcarelli
Minacciata di subentro anche l'AGI (Agenzia giornalistica Italia), agenzia di stampa, da parte del deputato della Lega Antonio Angelucci. «Vediamo analogie con l'Ungheria o la Slovacchia, dove la radiodiffusione pubblica è un obiettivo prioritario dei governi illiberali, che la indeboliscono o la usano come strumento di propaganda» analizza Renate Schroeder, direttrice della Federazione europea dei giornalisti. L’Italia perde così cinque posizioni nella classifica 2024 di Reporter Senza Frontiere sulla libertà di stampa nel mondo, arrivando al 46esimo posto. La situazione italiana non ha mancato di attirare l'attenzione di Bruxelles. Era stato addirittura preparato un rapporto dell'Unione europea ma, secondo un articolo di Politico, la presidente della Commissione, Ursula von der Leyen (Partito popolare europeo, centrodestra), lo avrebbe sepolto per compiacere Giorgia Meloni, il cui appoggio gli sarebbe stato preziosissimo per la sua rielezione che avrà luogo a luglio.
GIORGIA MELONI
Nonostante gli interventi in difesa del pluralismo informativo del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, garante dei valori repubblicani, nulla sembra ostacolare Giorgia Meloni. Controllare la Rai quindi, ma a che scopo? La destra meloniana ha un’ambizione culturale che viene da lontano. Uscito dalla matrice fascista, si percepisce come un “mondo minoritario”, per usare le parole del presidente del consiglio. Aspira però a formare un partito conservatore a larga maggioranza e a governare a lungo per trasformare l'Italia. In questa logica occorre costruire una nuova “egemonia culturale”, imporre una nuova visione del mondo. Il concetto è paradossalmente preso in prestito dal pensiero del filosofo comunista italiano Antonio Gramsci, morto nel 1937 nelle carceri fasciste. Il suo principio è semplice: si tratta di legittimare la visione del potere attraverso la cultura per garantire il consenso dei cittadini, in questo caso per un disegno nazionalista e conservatore.
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«Se oggi votassero i giornalisti della Rai, vincerebbe la sinistra e il risultato non rappresenterebbe il Paese», sostiene un funzionario di destra insediatosi nel governo Meloni, che afferma di aver letto «tutto Gramsci» e chiede anonimato. Si tratterebbe quindi di una “asimmetria culturale” a cui occorre porre rimedio grazie a questa famosa “nuova narrativa nazionale”. «Serve meno promozione delle persone LGBT e più contenuti favorevoli alla tradizione familiare», raccomanda citando l'emergenza demografica tanto cara a Giorgia Meloni. L’attenzione va focalizzata anche oltre i centri urbani, verso i piccoli borghi dimenticati, i cui abitanti sarebbero considerati dalla sinistra urbana “cittadini di seconda classe”. Un altro progetto, “Orgoglio nazionale” per “insegnare agli italiani ad amare ciò che siamo e ricordare loro che l’Italia non è nata nel 1946 con la Repubblica”.
giorgia meloni in versione riccardo calafiori meme su spagna italia 12
Più narrativa biografica sui grandi personaggi italiani lasciati da parte dalla tradizione repubblicana, più attenzione alle culture locali, alle “eccellenze” italiane in termini di artigianato, industria e gastronomia che sono diventate punta di diamante della nuova narrativa nazionale. Ai vertici della nuova Rai, ritengono che questi temi siano stati trascurati e che sia anche opportuno, in un nuovo contesto culturale, promuovere i successi dell'Italia ottenuti grazie a Giorgia Meloni al centro della partita europea. Deve cambiare anche la scelta delle priorità e delle parole, l’emergenza non è più ambientale ma migratoria, e bisogna evidenziare la politica perseguita dal governo italiano nei confronti del continente africano di controllo dei flussi. Quando si tratta di informazione possiamo “presentare le cose diversamente”, notiamo alla RAI.
BRUNO VESPA
Gli infortuni mortali sul lavoro, vera questione sociale in Italia, potrebbe così essere trattata come notizia e non come problema strutturale. Le trasformazioni in atto nel settore della radiodiffusione pubblica rappresentano una vendetta per alcuni, una manna per altri. I nuovi equilibri, secondo i funzionari, potrebbero aumentare la schiera dei professionisti che non provengono dalla cerchia ristretta della sinistra. Il cambiamento deve essere profondo e non riguardare solo poche teste. Per questo, la destra può contare su talenti che pensano di essere stati trattati come “pecore nere”. Questi giornalisti e autori possono contare su un nuovo sindacato, UniRai, creato nel novembre 2023, contrassegnato a destra e conforme alle linee guida del governo.
matteo salvini giorgia meloni
«Il nostro sindacato è nato grazie all'aria nuova che respiriamo dalla vittoria della destra del 25 settembre 2022 - riassume il suo segretario generale, Francesco Palese - Molte persone che non sono d’accordo con il pensiero dominante hanno trovato il coraggio di farsi avanti dopo anni in cui la sinistra ha dettato legge» Per il giornalista «si è aperta una nuova era che vedrà la liberazione della cultura e dell'informazione. Anche se la sinistra, stratificata al potere da decenni, resiste». Francesco Palese crede in una «maggioranza conservatrice silenziosa che vuole vedere valorizzata la tradizione».
Ad aprile Incoronata Boccia, nuova direttrice del telegiornale di Rai 1 e astro nascente della destra televisiva, aveva detto in onda che l'aborto non era un diritto ma "un omicidio", scatenando polemiche e indignazione dell'opposizione. Anche i contenuti si evolvono. Dall'avvento dell'estrema destra al potere, hanno visto la luce nuovi programmi che esaltano le profondità del Paese e delle sue province, altri, che già esistevano, hanno guadagnato spazio.
paolo petrecca foto di bacco
Nasce una serie televisiva su Goffredo Mameli (1827-1849), autore delle parole dell'inno italiano, segno di una riappropriazione dei simboli nazionali. Andavano in onda programmi su personaggi storici come l’esaltato poeta nazionalista Gabriele D’Annunzio (1863-1938) o lo scrittore Filippo Tommaso Marinetti (1876-1944), due uomini precursori, a modo loro, del fascismo. Ma altri palloni di prova sono scoppiati in volo, per mancanza di pubblico. Insomma, nulla per riscrivere la “narrativa nazionale”. La parola d’ordine per la prossima stagione sarebbe duplice.
giorgia meloni alla festa per i 50 anni del giornale
Da un lato si tratterebbe di spingere la narrativa storica, contenuti “metapolitici” capaci di influenzare l’immaginario nazionale, per usare un termine caro all’estrema destra. D'altro canto la direzione della RAI vorrebbe incoraggiare le indagini, ad esempio, con una versione di destra del giornale d'inchiesta “Report”, piuttosto che affidarsi alle “chiacchiere” dei talk show. Al vertice della gerarchia del gruppo viene spiegato che la sfida è studiare ciò che ha fatto la sinistra e, in futuro, realizzare un cambiamento graduale e meno traumatico. Anche lo scrittore Roberto Saviano ha trovato il suo posto nei palinsesti della prossima stagione.
Perché gli ascolti della RAI si sono erosi. Nel 2023 sono scesi al 37% di telespettatori, superati di poco da quelli di Mediaset, il gruppo della famiglia Berlusconi, con il 37,5%. «I leader si sono resi conto che avevano perso pubblico e che non dovevano lasciar andare i big», assicura una figura della destra culturale, compagna di viaggio di Giorgia Meloni. Quest'uomo, che intrattiene stretti rapporti con la dirigenza della Rai, assicura che ora si sta mettendo in dubbio l'opportunità di una “grande sostituzione culturale”.
DAGO A PIAZZAPULITA
Chi circonda i leader ammette che costruire una contro-narrativa non è sempre così ovvio. Mancano infatti le competenze intermedie.
Secondo uno degli uomini più informati di Roma, Roberto D'Agostino, giornalista e direttore del seguitissimo sito d'informazione specializzato in indiscrezioni “Dagospia”, «la destra semplicemente non ha le truppe necessarie per guidare il progetto di egemonia culturale».
andrea giambruno giorgia meloni - meme by emiliano carli
Stessa osservazione di un big dell'audiovisivo che ha voluto anche restare anonimo: «La destra vuole la sua rivincita, ma la Meloni non aveva bisogno di essere culturalmente dominante per vincere le elezioni. Il guadagno politico derivante dal “cambiamento narrativo” è zero». All'interno del gruppo ci sono anche voci moderate che rifiutano di opporsi ai cambiamenti in atto e per le quali gridare al lupo fascista non ha molto senso e sarebbe addirittura controproducente se emergesse una minaccia ancora più grave.
Ma chi si preoccupa dell'evoluzione della RAI nota che essa avviene in un contesto ben preciso. Il governo di Giorgia Meloni ha avviato una riforma delle istituzioni repubblicane italiane, attualmente all'esame del Parlamento. Si tratta di un rafforzamento del ruolo del capo dell’esecutivo, di un’emarginazione del Presidente della Repubblica e della fine del parlamentarismo ereditato dalla Costituzione del 1946, essa stessa frutto della resistenza al fascismo.
DAGO A PIAZZAPULITA
La famiglia politica di Giorgia Meloni non si riconosce in questa eredità. All'opposizione si parla di deriva autoritaria. L'intellighenzia di sinistra e alcuni grandi nomi del giornalismo RAI collegano questa volontà di trasformazione profonda delle istituzioni con i cambiamenti in atto nel sistema televisivo pubblico. Nello studio “Porta a Porta”, le telecamere si sono spente. Gli ospiti chiacchierano. Abbiamo chiesto a Bruno Vespa, il giornalista che ha visto e saputo tutto degli ultimi sessant'anni di politica italiana, se il suo Paese, come temono molti oppositori politici e intellettuali, conoscerebbe una deriva autoritaria. Sembra sgomento: «In Italia? Stai scherzando? Certamente no!» Ma non è forse questa ragione meloniana a cambiare l’Italia? Lui distoglie lo sguardo: «Sta iniziando».
giorgia meloni conferenza stampa finale del g7 di borgo egnazia dago a piazzapulita 1 FEZ-ZOLARI - MEME BY DAGOSPIA giorgia meloni conferenza stampa finale del g7 di borgo egnazia