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    LE NOTTI RUGGENTI DI CESARE CREMONINI: “LE RAGAZZE STAVANO 10 MINUTI CON ME E POI SI SORBIVANO DUE ORE DI GABER” – IL CANTANTE OSPITE DELLA RASSEGNA 'MILANO PER GABER' RIVELA COME LA MUSICA DEL 'SIGNOR G' SIA STATA LA COLONNA SONORA DELLE SUE FESTE SCOPERECCE: “ALLA FINE APPREZZO PIÙ LA SUA MUSICA DI QUELLE SERATE IN COMPAGNIA” – "HO INIZIATO A CONOSCERE GABER DOPO LA SBORNIA DEL SUCCESSO AVUTO CON I LUNAPOP. ERO UN IMBECILLE…” – VIDEO


     
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    Da ansa.it

    cesare cremonini marinella venegoni cesare cremonini marinella venegoni

    "Amo la teatralità e non ci rinuncio nemmeno negli stadi": così dice Cesare Cremonini, oggi ospite della rassegna 'Milano per Gaber', sul palco del Teatro Strehler, dove è stato chiamato a raccontare il suo legame con la musica e la canzone di Giorgio Gaber. "Quella di Gaber e la mia sono carriere musicali molto diverse - racconta Cremonini - perché lui ha scelto di parlare più agli individui mentre io ho scelto le masse. Ho iniziato ad approfondire la musica di Gaber verso i 23 anni dopo la sbornia del successo avuto con i Lunapop.

     

    giorgio gaber giorgio gaber

    Ero un imbecille, perché il successo ti stordisce. Solo quando ho rimesso i piedi per terra mi sono sentito impreparato al ruolo di cantautore. Avevo bisogno di trovare dei punti di riferimento e Gaber è stato uno di questi. Non ce l'avrei mai fatta se non avessi trovato le mie figure di riferimento sorveglianti, una sorta di angeli custodi. A San Siro (al concerto della scorsa estate) avevo Gaber sulla spalla sinistra e Freddie Mercury su quella destra che mi assistevano".

     

     

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    CREMONINI

    Da corriere.it

     

    Cesare Cremonini usava la musica di Gaber come coda intellettuale alle sue notti di passione amorosa. «Attorno ai 25 anni mi sono divertito molto… Feste e ragazze sono uno dei lati positivi di questo lavoro da privilegiato. Le ragazze stavano 10 minuti con me e poi si sorbivano due ore di Gaber… Alla fine apprezzo più la sua musica di quelle serate in compagnia».

     

    giorgio gaber 9 giorgio gaber 9

    Aneddoto autoironico che nasconde la grande ammirazione del cantautore bolognese per il simbolo del teatro canzone, celebrato in questi giorni dalla manifestazione Milano per Gaber che chiude il 9 maggio. «Lui e Freddie Mercury sono stati i miei angeli, uno sulla spalla destra e uno sulla sinistra, durante la preparazione dei concerti negli stadi di quest’estate. Anche se io ho scelto di parlare alle masse e lui agli individui sono un suo discepolo. Mi permetto di peccare suonando negli stadi quando lui preferiva invece l’intimità del teatro», ha raccontato il cantautore sul palco del Teatro Strehler, in un dialogo con la giornalista Marinella Venegoni.

     

    La paura di offendere

    cesare cremonini marinella venegoni cesare cremonini marinella venegoni

    Gaber diventa modello ancora più ampio, fuori dalla musica, quasi «un’entità sorvegliante» per Cremonini. «Ci stiamo addomesticando all’idea di non offendere, penso invece al coraggio di Gaber che era offensivo, apocalittico, faceva incazz… Oggi da più parti si contesta il fatto che qualcuno possa dire cose intelligenti e fare ragionamenti, si dice che è una cosa da elitè, da intellettuali». E allora anche Cremonini prova a fare lo scomodo. «Nella musica di oggi è preoccupante vedere che le classifiche mischiano streaming e vendite: non si può pensare che esista solo un tipo di musica. Come dire che con Netflix ci vogliamo perdere il cinema, ma vi pare? Con quel metodo, però, chi non è seguito dai ragazzini viene cancellato, perché il suo pubblico ha meno tempo a disposizione e quindi fa molti meno ascolti. Rischiamo di disperdere quello di buono che è stato fatto nella musica italiana negli anni 70-80 e che oggi possiamo invece raggiungere perché è disponibile in un’unica piattaforma sul nostro telefono».

    Gaberiano

    CESARE CREMONINI CESARE CREMONINI

    Cremonini non pecca di superbia. «Sono gaberiano nella misura in cui una canzone che parte dall’analisi intima e personale riesce a diventare universale. Con Nessuno vuole essere Robin, ad esempio, ho cercato di raccontare questo, partendo da un cane che diventa una scusa per non affrontare un rapporto con essere umano nella sua profondità».

     

     

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