Estratto dell’articolo di Concetto Vecchio per “la Repubblica”
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In pochi conoscono il suo nome, tutti hanno visto le sue serie tv: La Piovra , Montalbano , Un medico in famiglia. Sergio Silva, 92 anni, è stato il dio della fiction, un potentissimo Rai.
Michele Placido l’ha reso famoso lei?
«Sì, l’avevo fatto debuttare nel Picciotto , un film di Alberto Negrin, nel ’73. Era giovane, un po’ bambolotto».
E lo fa diventare il commissario Cattani della Piovra?
«Lo scelsi senza esitazione per quel ruolo».
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Come nacque La Piovra?
«Pensavo a un film sulla mafia in Sicilia, un incrocio tra la storia del commissario Boris Giuliano, ucciso nel ’79, e lo scandalo Tandoy, il poliziotto assassinato ad Agrigento, un delitto passionale che coinvolse la Dc».
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Quando va in onda la prima puntata?
«Nel marzo 1984. Sei episodi, l’ultimo visto da 15 milioni di telespettatori. Credo sia la serie tv italiana più venduta al mondo, la guardarono persino in Uzbekistan».
È diventato ricco?
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«Magari. Ero solo un dirigente Rai, vivevo di stipendio».
La Piovra rivela una mafia imprenditoriale. La Dc la lasciò fare?
«La Sicilia era un feudo di Andreotti, per il resto governava De Mita. E ai demitiani in fondo non dispiaceva vedere un po’ strapazzato il bacino elettorale di Andreotti».
E gli andreottiani lasciavano correre?
«Un giorno mi chiamò il direttore di Rai Uno, Giuseppe Rossini. Un andreottiano ex missino, Raffaele Delfino, era su tutte le furie perché in un frammento della serie si vedeva un politico, raffigurato come il mandante di un omicidio, uscire da un ufficio nella disponibilità di Andreotti».
Avevate girato davanti all’ufficio di Andreotti?
«Disse a Rossini che era impossibile, “non siamo così scemi”. Poi salii sul taxi e mi recai nel luogo delle riprese e in effetti era di pertinenza di Andreotti. Chiesi al tassista di portarmi subito in via Teulada.
Entrai, mi feci dare il rullo andato in onda e feci tagliare la scena incriminata».
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Glielo permisero?
«Oggi sarebbe impensabile. Feci tagliare anche le altre scene dove figurava questo ufficio di Andreotti. Quindi all’indomani tornai da Rossini e gli dissi che si erano sbagliati, che non era vero niente».
Le credettero?
«In fondo non conveniva a nessuno sollevare uno scandalo».
La Dc non faceva pressioni?
«Io facevo quel c… che volevo».
Non era democristiano?
«No, votavo radicale».
Com’è entrato in Rai?
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«Per concorso, nel 1954».
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Come nacque Montalbano?
«Da tempo ero stufo della Piovra , della Sicilia nera. Ne volevo una più solare, più femminile».
Conosceva Camilleri?
«Confesso che quando stava in Rai l’avevo snobbato, non avevo colto il suo talento».
Non aveva letto i suoi libri?
«No. Un giorno il produttore Carlo Degli Esposti mi mandò i primi due, usciti per Sellerio, li aveva divorati e subito opzionati, e mi pregava di leggerli».
Lo fece?
«Non ne avevo voglia. Pregai mia moglie Giovanna Genovese, funzionaria Rai, di farlo per me. A lettura ultimata mi disse: “Ti conviene studiarli”. Cosa che feci, e nel giro di un giorno chiamai Degli Esposti, che misi subito sotto contratto, avviando la produzione della serie».
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Un colpaccio mondiale.
«Sì, perché assicurai alla Rai i diritti delle stagioni successive. Grande merito ebbe anche Max Gusberti, il consulente della Palomar, e già mio vice».
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Era molto duro sul lavoro?
«Sì, un invasato. Tolsi la sceneggiatura della Piovra a De Concini, che era mio amico, perché non mi convinceva più. Intuii che Placido era stufo del ruolo, e allora suggerii di farlo morire».
Non si riconosce più in quella durezza?
«No. All’epoca mi sentivo un padreterno».
Oggi cosa guarda in tv?
«Solo Geo, e poi il Tg3 delle 19».
La destra ora vuole mettere becco anche nelle fiction.
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«Quante cazzate, da incompetenti».
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È vero che disse di no a Berlusconi?
«Mi telefonava a casa, per convincermi lavorare con lui. Mia moglie ne era scandalizzata».
E come finì?
«Per curiosità andai a trovarlo a palazzo Grazioli. Gli dissi che non avrei lavorato per lui, ma gli proposi di finanziare una mia società di produzione».
Berlusconi rifiutò?
silvio berlusconi e bettino craxi
«Mentre parlavamo di questi nostri progetti lui ricevette una telefonata che gli comunicava la clamorosa decisione dei pretori sulle frequenze Fininvest, poi annullate dagli immediati decreti di Craxi».
Non si assentò?
«No, ne fece altre, chiamando pure alcuni importanti direttori di giornali, dicendo loro che tutto si sarebbe risolto rapidamente. E così fu, grazie a Craxi».
Non la sedusse?
«Gli dissi che io vi avrei messo il cervello, e lui i soldi. Chiesi il 51 per cento. L’avvocato Dotti mi mandò un prospetto di contratto, dove io figuravo socio al dieci. Lo stracciai.
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Berlusconi era così»
Cosa resterà di Berlusconi?
«Penso che sappiamo davvero pochissimo di lui, e difficilmente la verità emergerà».
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