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    LE PRIORITÀ DEGLI INGLESI IN AGHANISTAN: RIPORTARE A CASA 140 CANI E MOLLARE LA GENTE A KABUL – BUFERA SU PEN FARTHING, EX MARINE BRITANNICO PARTITO CON CIRCA 140 CANI E 60 GATTI SU UN VOLO CHARTER. AFFITTATO GRAZIE A UNA RACCOLTA FONDI E AL SUPPORTO DEL MINISTERO DELLA DIFESA: I 24 MEMBRI DELLO STAFF DELLA SUA ONLUS SONO STATI COSTRETTI A RIMANERE LÌ  – IL MINISTRO DELLA DIFESA PRIMA HA CRITICATO L’OPERAZIONE, MA POI HA ASSECONDATO LE RICHIESTE DI FARTHING: PARE CHE DIETRO IL CAMBIAMENTO CI SIA STATA LA MANINA DELLA SIGNORA JOHNSON… - VIDEO


     
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    Chiara Bruschi per “il Messaggero”

     

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    Aveva minacciato di restare a Kabul se i suoi animali non fossero stati messi in salvo con lui. Pen Farthing, ex Royal marine britannico originario dell'Essex, è riuscito nell'impresa ed è atterrato con circa 140 cani e 60 gatti all'aeroporto di Londra Heathrow. Sono arrivati a bordo di un volo charter affittato grazie al denaro raccolto con una campagna condotta nei giorni scorsi e con il supporto del Ministero della Difesa.

     

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    OPERAZIONE ARCA Nella cosiddetta Operazione Arca, però, Farthing non è riuscito a portare con sé 24 membri dello staff della Nowzad, la charity da lui fondata per dare rifugio a cani, gatti e asini. Persone costrette a rimanere nella capitale afghana. «È molto triste che sia stato obbligato a lasciarli indietro - ha raccontato Farthing al The Sun - Alcuni di loro erano venuti all'aeroporto con me ma non è stato loro permesso di superare i controlli. Abbiamo versato tante lacrime quando ci siamo salutati. Sono estremamente triste per loro ma sono sollevato per me e per gli animali».

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    Il fondatore dell'associazione, in missione in Afghanistan nella metà degli anni 2000, ha inoltre fatto sapere di essere in contatto con i suoi ex collaboratori e che farà di tutto per cercare di portarli in salvo. Parole che tuttavia non attenuano le polemiche. Migliaia di persone che in questi venti anni hanno collaborato con le forze occidentali non sono riuscite a lasciare Kabul.

     

    L'ex soldato Tom Tugendhat, conservatore e membro del Foreign Affairs Committee, non ha usato mezze misure nel commentare la vicenda: «Considerata la grande difficoltà nel far entrare e uscire le persone dall'aeroporto di Kabul, abbiamo usato molti dei nostri soldati per far passare 200 cani. Perché mia figlia di cinque anni vale meno del vostro cane?, mi ha chiesto un interprete alcuni giorni fa. Non avevo una risposta: cosa avrei potuto dirgli?»

     

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    L'ACCUSA Controversa anche la posizione del Ministero della Difesa. Nelle ore decisive di venerdì si era consumato un duro botta e risposta con Farthing. L'ex marine aveva accusato lo staff del segretario Ben Wallace di aver «bloccato» volontariamente l'organizzazione del volo in partenza da Kabul che avrebbe dovuto trasportare il personale della Nowzad e gli animali. Accuse che l'esponente del governo Johnson aveva rispedito al mittente parlando ai media britannici: «Ho dovuto ascoltare parole di abuso ai miei consiglieri, ai miei funzionari, basate principalmente su falsità, che qualcuno di noi, da qualche parte, aveva bloccato un volo. Nessuno ha bloccato un volo».

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    Il ministro aveva poi sottolineato come la vicenda stesse «rubando troppo tempo ai comandanti in loco che invece avrebbero dovuto gestire la crisi umanitaria». Poche ore dopo però la situazione si era sbloccata e il ministero aveva pubblicato un tweet in cui assecondava le richieste di Farthing. Un cambio di rotta che, secondo la stampa britannica, sembra essere stato influenzato dall'intervento di Carrie Johnson, la moglie del primo ministro britannico che, come noto, è una fervente animalista. Voci che Downing Street ha però voluto smentire.

     

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    IL CIBO L'ex soldato e i suoi animali sono stati supportati dalle forze militari britanniche durante il passaggio in aeroporto a Kabul e i militari, come precisa il Daily Mail, hanno aiutato a caricare 125 chili di cibo per animali, 72 lattine, 270 litri di acqua, 20 bottiglie di disinfettante e altro materiale per la pulizia. Gli animali, come previsto dalla legge britannica, dovranno restare in quarantena per quattro mesi ma se qualcuno di essi dovesse ammalarsi verrà abbattuto.

    Un triste destino dal quale questa volta sarebbe impossibile fuggire, come dimostra la vicenda dell'alpaca Geronimo che, proveniente dalla Nuova Zelanda, è risultato positivo alla tubercolosi bovina e nonostante gli sforzi della proprietaria, le petizioni online e una marcia animalista a Downing Street, ha tutt' ora le ore contate.

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