bergoglio ratzinger e celestino vi
“Pulci di notte” di Stefano Lorenzetto da “Anteprima. La spremuta dei giornali di Giorgio Dell’Arti” e pubblicato da “Italia Oggi”
(http://www.stefanolorenzetto.it/pulci.htm)
In un estratto del libro di Javier Martínez-Brocal – la cui traduzione italiana edita da Marsilio è stata anticipata dalla Repubblica – basato su un’intervista con papa Bergoglio incentrata soprattutto sul suo predecessore Benedetto XVI, il corrispondente del quotidiano madrileno Abc interroga il Papa a proposito dello scandalo dei documenti riservati filtrati alla stampa nel 2012.
pietro parolin bergoglio
«Tra le vittime ci fu anche l’allora cardinale Pietro Parolin, volevano impedire la sua nomina a segretario di Stato», spiega Francesco. Ma l’ecclesiastico veneto nel 2012 non era cardinale, bensì arcivescovo, nunzio apostolico in Venezuela. Sarebbe stato nominato da Bergoglio suo segretario di Stato soltanto l’anno successivo e avrebbe ricevuto la porpora nel 2014.
Che il Pontefice, 88 anni il prossimo dicembre, si sia confuso è del tutto comprensibile, ma sorprende non poco che del lapsus papale non si siano accorti né il vaticanista spagnolo autore del libro, che per di più è membro numerario dell’Opus Dei, né successivamente i redattori delle due case editrici, iberica e italiana, né infine quelli del quotidiano romano.
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Montesquieu
Passi scelti da un editoriale di Montesquieu sulla Stampa: «Difesa accanita di quel di una Costituzione»; «miopia spesso strabica»; «Costituzione dei primo decenni»; «quindi, per, radicale abiura»; «corso salviniano della lega»; «espropriato a partire, nientemeno, delle funzioni». Dallo Spirito delle leggi allo spirito di vino.
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Paolo Lepri nella rubrica Facce nuove sul Corriere della Sera: «“Ci saranno implicazioni giuridiche, politiche e pratiche”, ha aggiunto il fedelissimo di Abu Mazen, l’ottantantottenne leader giunto al diciannovesimo anno del suo mandato quadriennale alla presidenza della Anp». La famosa macchina del tempo.
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MAURIZIO BELPIETRO
Incipit dell’editoriale del direttore Maurizio Belpietro, sulla prima pagina della Verità: «Ci sono molte buone ragioni per ritenere che l’elezione diretta del presidente del Consiglio potrebbe risolvere il trasformismo di cui da sempre il nostro Paese è vittima».
O «possa risolvere»? Secondo periodo: «Consentirebbe agli italiani di scegliere da chi farsi governare, senza lasciare che a deciderlo sia il capo dello Stato o i partiti». Per una volta che il congiuntivo è azzeccato, risulta sbagliata la concordanza, considerato il soggetto plurimo: «siano il capo dello Stato o i partiti».
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Incipit di Giuseppe Sarcina, inviato del Corriere della Sera a Burgenstock: «Vladimir Putin non ha inviato nessuno qui, tra le montagne e i laghi di Lucerna». Ci pare che a Lucerna ce ne sia un solo, denominato «lago dei Quattro Cantoni».
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La Verita, non schioda
Titolo dalla Verità: «Pure i Verdi europei scansano il M5s / Ma Conte non schioda». Il verbo transitivo schiodare significa «privare dei chiodi, aprire togliendo i chiodi». Poiché il leader del Movimento 5 stelle non è un falegname, andava obbligatoriamente usata la forma intransitiva pronominale schiodarsi, che in senso figurato e colloquiale sta per «alzarsi, muoversi; staccarsi, spostarsi». Quindi: «Ma Conte non si schioda».
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Incipit di Giusi Fasano sul Corriere della Sera: «Segnatevi questa data: 19 giugno 2024. Quel giorno la Corte costituzionale riprenderà fra le mani un argomento che aveva trattato nel 2019, dopo il caso del suicidio assistito in Svizzera di Dj Fabo.
GIOVANNI MARIA VIAN
All’epoca scrisse una sentenza epocale per il nostro Paese. In sostanza i giudici dissero che sì, chi lo avrebbe richiesto avrebbe potuto spegnere il cuore con dolcezza, ma a quattro precise condizioni». Ce ne sarebbe una quinta, imposta dal periodo ipotetico, per non impressionare i docenti d’italiano cardiopatici: «Chi lo avesse richiesto» (congiuntivo trapassato) «avrebbe potuto» (condizionale passato).
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Giovanni Maria Vian tratta sul Domani del caso dell’arcivescovo Carlo Maria Viganò e incorre in un lapsus quando scrive che il diplomatico vaticano avversario di papa Bergoglio venne nominato segretario generale del Governatorato vaticano già nel 1992: la data è invece il 2009.
Carlo Maria Vigano
Nel 1992, come si legge nello stesso articolo, il prelato fu ordinato arcivescovo e divenne nunzio apostolico della Santa Sede in Nigeria, passando successivamente in Segreteria di Stato come delegato per le rappresentanze pontificie e solo in seguito al Governatorato, prima di concludere la sua carriera come nunzio apostolico a Washington.
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Veronica Gentili nella rubrica Facce di casta sul Fatto Quotidiano: «Nel corso di una discussione sull’autonomia differenziata, il deputato del Movimento Cinque Stelle Leonardo Donno, ha optato per una protesta icastica». Complimenti per la virgola tra soggetto e verbo.
veronica gentili
Più avanti: «La reazione è stata un’esplosione di furia iconoclasta in numerosi deputati della maggioranza (non solo in quelli della Lega, notoriamente in polemica con il tricolore, ma anche in quelli di FdI e di FI, che della nazione sovrana si dichiarano paladini), i quali si sono avventati non solo sulla bandiera ma anche su colui che la portava». Repetita iuvant.
E poi: «Un parlamentare del Carroccio che punti a farsi un nome non può che spararla grossissima, puntando ad emulare il nuovo punto di riferimento della Segreteria». Quando si dice tenere il punto. Infine: «Domenico Furgiule, deputato leghista (...) E così ha fatto Furgiuele, vaneggiando». O l’uno o l’altro.
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veronica gentili 1
Libero parla dei pellegrinaggi a Mecca e Medina, obbligatori per gli islamici: «Le celebrazioni quest’anno, però, si svolgono in piena estate, in una delle regioni più calde del mondo. L’anno scorso sono stati registrati più di 10.000, tra cui il 10% di colpi di calore». Tutto chiaro.
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veronica gentili
Nella cronaca romana del Corriere della Sera, presentando un «percorso ciclopedonale» tra le stazioni ferroviarie di San Pietro e Valle Aurelia, l’ennesimo cantiere che si apre in vista del giubileo, Manuela Pelati scrive di una «vista panoramica sul quartiere, le Mura Aureliane e la cupola di San Pietro», ma confonde la cinta cinquecentesca delle Mura Aurelie con quella del III secolo, ben più celebre, che appunto prende il nome dall’imperatore Aureliano. «Annamo bene», avrebbe commentato la Sora Lella.