Giovanni Bianconi per corriere.it
putin hitler stalin
Una decisione «legata alla nostra sicurezza nazionale», ha spiegato il ministro degli Esteri Lugi Di Maio, ma all’origine della maxi-espulsione c’è una scelta politica fatta con altri Paesi europei: un taglio di 30 titolari di passaporto diplomatico (all’incirca il 20 per cento dell’intera rappresentanza moscovita in Italia), che corrispondono ai 40 mandati via dalla Germania, 35 dalla Francia, 25 dalla Spagna, 15 dalla Danimarca e così via.
Ma al momento di identificare le «persone non gradite» da rimpatriare entro 72 ore è entrato in campo il controspionaggio affidato all’Aisi, l’Agenzia di informazioni e sicurezza interna che ha stilato un elenco di persone già individuate con certezza (o quasi certezza) come agenti segreti in cerca di informazioni o potenziali reclutatori di spie.
sergey razov a piazzale clodio 1
Sono tutte persone accreditate presso l’ambasciata di Mosca a Roma, con incarichi e compiti diversi: primi e secondi segretari, consiglieri, rappresentanti commerciali, addetti militari delle varie Armi, semplici impiegati dediti al disbrigo di pratiche ordinarie. Distribuiti nei tre settori in cui si dividono le attività: difesa, commerciale e amministrativo. Dei 30 nomi, almeno 25 sono considerati aggregati a una delle tre sigle in cui si dividono servizi segreti russi: Svr, Fsb e Gru, che si occupano rispettivamente di spionaggio all’estero, di sicurezza interna e di intelligence militare.
incontro luigi di maio sergei lavrov
Per loro gli incarichi dichiarati al momento della richesta di accredito presso il ministero degli Esteri italiano sarebbero stati niente più che una copertura; per l’Aisi erano 007 incaricati di muoversi in ambiti istituzionali italiani o di altre rappresentanze diplomatiche (ad esempio le cerimonie uficiali indette per le feste nazionali dei vari Paesi), con l’obiettivo di carpire informazioni o agganciare persone che potessero fornire notizie utili alla causa della Madrepatria.
Oppure responsabili o delegati ad attività commerciali che si muovevano nel campo delle imprese, o di settori particolari. Tutte persone individuate da tempo, seguite e monitorate dal controspionaggio che le aveva già catalogate come agenti segreti (nella maggior parte dei casi) e ne stava seguendo le mosse.
luigi di maio sergei lavrov
Il provvedimento di espulsione, adottato come una sorta di ulteriore sanzione nei confronti del regime di Putin, ha svelato l’attività di controllo, che altrimenti sarebbe continuata sottotraccia. La regola «tecnica» vuole che una volta identificato un diplomatico che svolge il ruolo di spia non lo si comunichi al governo straniero ma si lasci al suo posto: meglio tenersi in casa chi ormai è conosciuto e dal quale si sa che cosa aspettarsi piuttosto che mandarlo via e aprire la strada a una sostituzione porterebbe sul suolo nazionale un’altra persona sulla quale bisognerebbe ricominciare daccapo l’azione di monitoraggio. In questo caso però è prevalsa la scelta politica.
Così come un anno fa, a seguito dell’arresto dell’ufficiale della Marina italiana Walter Biot accusato di aver ceduto ai russi notizie coperte dal segreto militare, furono espulsi i suoi due reclutatori: l’addetto navale e aeronautico dell’ambasciata a Roma, Alexey Nemudrov, e l’impegato di quel’ufficio Dmitri Ostroukhov, sorpreso a ricevere da Biot le fotografie di documenti riservati in cambio di poche migliaio di euro nascoste in una confezione di medicinali.
vladimir putin
Il processo a Biot è cominciato ed è stato subito rinviato, in attesa che si decida sul conflitto di giurisdizione fra tribunale ordinario e tribunale militare sollevato dalla difesa, ma la presidenza del Consiglio e il ministero della Difesa si sono già costituti pare civile contro l’imputato. Questi sono i casi in cui il lavoro di spionaggio e controspionaggio viene alla luce, ma il più delle volte tutto resta sottotraccia. Anche perché a un’azione diplomatica così forte da un lato corrisponde sempre una reazione dall’altro.
Dopo l’espulsione dei due russi legati al caso Biot, Mosca ha rimpatriato l’addetto militare dell’ambasciata italiana, ed è pressoché certo che a seguito del provvedimento comunicato ieri la Russia faccia altrettanto con una nutrita schiera di rappresentanti italiani e degli altri Paesi europei che hanno decretato gli allontanamenti. Atri tempi rispetto a quando, nemmeno due anni fa, il ministro della Giustizia italiano Alfonso Bonafede rimandò a casa Alexander Korshunov, il manager arrestato a Napoli nel 2019 perché accusato dagli Stati Uniti di spionaggio industriale, negando l’estradizione nello Stato dell’Ohio.
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