Francesco Rutelli per il “Corriere della Sera”
«Ho voluto essere Pannella», mi ha detto a fine agosto di due anni fa. E lo è stato fino all' ultimo giorno, con l' incredibile processione di tanti di noi nella sua casa, ad accompagnare l' idea che anche la malattia, come l' affetto, l' amicizia, l' attesa della fine fossero una parte di quell' esistenza tutta-politica. Marco è stato fedele al motto Bergsoniano che ha più amato: «La durata è la forma delle cose». Il fluire innovativo delle idee, e la loro persistenza, è stata la forma del suo essere Pannella.
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Dopo la sua morte, riportiamo all' onore che meritano le Tre Rivoluzioni di Marco Pannella. Esse rimarranno per sempre. Rimarranno alla nostra Italia, e non solo.
La prima Rivoluzione: i diritti civili. In un Paese che non ha conosciuto la trasformazione protestante e ha vissuto episodiche ventate di illuminismo borghese, la scommessa radicale ha un rilievo storico: far capire agli italiani che erano molto più avanti di un conservatorismo bigotto; e alla sinistra ancora comunista che non poteva essere la rinuncia al progresso delle libertà civili il terreno del compromesso con la Democrazia cristiana.
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Dunque, grazie ai radicali guidati da Pannella l' Italia si scoprì tollerante e moderna. E i cattolici non ebbero bisogno di aspettare un Papa sudamericano e gesuita di nome Francesco per veder contrastare un bigottismo che impediva di divorziare a chi non poteva più vivere con la persona che aveva sposato, o consentiva di abortire solo clandestinamente, o impediva - con vergogna - di veder riconosciuta e rispettata la convivenza con una persona dello stesso sesso.
Le campagne per i diritti civili, ovvero: la mia coscienza politica obietta, ma il mio scopo è di ottenere una norma che sia valida per tutti. Ecco la natura democratico-liberale del radicalismo italiano del secondo dopoguerra: una piccola minoranza che interpreta e, in alcuni momenti, guida la larga maggioranza del Paese.
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La Rivoluzione nonviolenta. Nel nostro Paese, il conflitto civile tra fascisti e antifascisti non si era trasformato in vera e aperta guerra; ma una strisciante persistenza della violenza politica aveva a lungo continuato a insanguinare la nostra società. Per ideologia, troppa parte della sinistra (e parte della destra), pur senza aderire all' estremismo terrorista, considerava la violenza un elemento inevitabile, a un certo punto del conflitto politico-sociale.
Adottando e adattando una lontana esperienza culturale, quella del Satyagraha e della disobbedienza civile di Gandhi, Pannella ribalta la situazione. Possiamo dire che i radicali - assumendo persino il volto di Gandhi nel simbolo del Partito - hanno aiutato una generazione a combattere gli idoli dell' estremismo distruttivo e ad uscire dagli «anni di piombo». Le campagne contro la fame nel mondo, difesa umanistica della sacralità della vita umana, ne hanno forse segnato il momento più singolare, pur non essendosi concluse con il successo.
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Certo, è possibile trovare altri aspetti molto originali, nei 60 anni della vicenda radicale-pannelliana: l' ossessione per il funzionamento delle istituzioni; la nascita di un ecologismo non ideologico; l' Europeismo federalista e pro-occidentale; le campagne anti-partitocrazia (nel solco di Maranini); una libertà di schieramento talvolta spregiudicata, ma funzionale a preservare obiettivi e identità politica (con un rinchiudersi, alla fine, in un gruppo ristretto dalle crescenti asprezze interne; ma come non riconoscere a Pannella e ai radicali coerenza, disinteresse per il Potere, una rara onestà personale?).
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La Terza e visionaria Rivoluzione è stata però un' altra, a mio avviso: quella Transnazionale. Nasce da lì, 27 anni fa, la mia scelta di lasciare il Partito radicale per proseguire l' impegno nella vita pubblica italiana (ma senza mai smettere di essere riconoscente per la formazione eccezionale che la dura gavetta radicale aveva consentito a me, come a tanti altri).
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Pannella aveva capito in anticipo ciò che segna in modo dirompente il nostro tempo: una globalizzazione che rende inadeguato battersi solo all' interno di confini nazionali - ad esempio, per i diritti umani, per l' ambiente, o per la libertà di espressione su piattaforme condivise.
Il bilancio complessivo di questa scelta merita di essere discusso; ma essa ha segnato risultati straordinari, dalle mobilitazioni contro la pena di morte e per l' istituzione del Tribunale Penale Internazionale, alle lotte contro tutti i Lager fisici e simbolici che la nostra epoca ripropone (sino alla scelta di rendere dominante, in Italia, la mobilitazione radicale per la decenza della restrizione in carcere della libertà personale).
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«Ho voluto essere Pannella», mi ha detto a fine agosto di due anni fa. E lo è stato fino all' ultimo giorno, con l' incredibile processione di tanti di noi nella sua casa, ad accompagnare l' idea che anche la malattia, come l' affetto, l' amicizia, l' attesa della fine fossero una parte di quell' esistenza tutta-politica. Marco è stato fedele al motto Bergsoniano che ha più amato: «La durata è la forma delle cose». Il fluire innovativo delle idee, e la loro persistenza, è stata la forma del suo essere Pannella.
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