Carlo Bertini per “la Stampa”
MATTEO SALVINI LUIGI DI MAIO GIUSEPPE CONTE
La corsa contro il tempo ha un obiettivo non dichiarato ma palese, mettere un punto fermo prima delle Europee del 26 maggio: che si arrivi a chiudere la partita entro quella data (o entro l'estate, come ha sbandierato Di Maio) è però tutto da vedere. Per far sì che 5Stelle e Lega riescano ad appuntarsi sulla giacca la medaglia del taglio di 345 parlamentari (da 630 a 400 deputati e da 315 a 200 senatori) servono quattro letture delle due Camere e la prima ancora non è completa.
CAMERA DEI DEPUTATI SEMI VUOTA
Considerando che tra un voto e l' altro devono passare tre mesi, (se il Senato ad esempio votasse il 15 febbraio, potrebbe votare la terza lettura il 15 maggio) la partita è ardua da chiudere subito, «ma se non sarà in estate sarà in autunno», tagliano corto i leghisti. La legge costituzionale che modifica gli articoli 56 e 57 della Carta, portata avanti nel governo dal ministro Fraccaro, conta quattro articoli e un passo avanti in effetti già lo ha fatto: in gran sordina prima di Natale la Commissione Affari Costituzionali del Senato ha concluso l'esame e votato il mandato al relatore, Roberto Calderoli.
matteo salvini luigi di maio
Ma ora va risolto il punto più spinoso, adeguare la legge elettorale al taglio degli eletti. Problema tecnico non da poco, perché come fa notare Igor Iezzi della Lega, tocca punti delicati come il numero delle firme per presentarsi nei collegi o la soglia di sbarramento. Tempo fa leghisti e grillini fecero una riunione ad hoc concordando sul punto politico, ma sull'aspetto tecnico il nodo sarà sciolto in Senato a partire dalla prossima settimana. Potrebbe essere uniformato tutto con una norma transitoria che tagli in proporzione anche il numero dei collegi uninominali.
calderoli - giancarlo giorgetti
Ma se i due blocchi di maggioranza viaggiano di conserva sulla sforbiciata delle poltrone, non è detto che procederanno spediti sull'altro punto fermo che i grillini vorrebbero piantare sul terreno per poter ridare una boccata di ossigeno al loro elettorato di base: il taglio degli stipendi degli onorevoli.
Che ancora non è sul tappeto, ma lo sarà a breve, perché i grillini confidano nel fatto che sarebbe difficile per i leghisti tirare il freno a mano sulle paghe della Casta. E infatti gli alleati ammettono che «su un tema così se parte uno, l' altro gli deve correre dietro...». I grillini vorrebbero decurtarle, dimezzando il monte premi finale tra indennità e diarie a circa 6500 euro (una delle proposte della scorsa legislatura). E vogliono fare al più presto. «Anche perché nel contratto si parla esplicitamente di taglio ai costi della politica, eliminando eccessi e privilegi», fanno notare. Ma di qui alle Europee sarà una gara ad alzare il tiro.
PALAZZO MADAMA - SENATO DELLA REPUBBLICA
Le opposizioni sono in difficoltà, costrette a tentennare su un tema come il taglio delle poltrone costato caro a Renzi e su cui anche Forza Italia perse nel 2006 il referendum sulla riforma complessiva che conteneva pure la devolution. In Commissione Pd e Forza Italia si sono astenuti.
«Questa modifica - spiega il capogruppo Pd Dario Parrini - va corredata sistemando elettorato attivo e passivo: noi abbiamo chiesto di far eleggere al Senato anche i diciottenni e hanno dichiarato l' emendamento inammissibile per estraneità di materia. Abbiamo chiesto di ridurre i 58 delegati regionali quando si elegge il presidente della Repubblica e ci hanno risposto picche. Per questo ci siamo astenuti». Ora la speranza è che la Casellati abbia un atteggiamento diverso in Aula quando la legge approderà sul proscenio del Senato.