vargas llosa
Luigi Mascheroni per il Giornale
Ottantadue anni, ventuno romanzi, otto opere teatrali, un pugno di saggi (fra cui il micidiale La civiltà dello spettacolo contro la banalizzazione dell'arte e la frivolezza della politica), e una carriera da Nobel, arrivato nel 2010.
Mario Vargas Llosa ha scritto tanto, e parla poco. Ma ogni parola, una sentenza.
Lo scrittore peruviano (che vive a Madrid: il suo Paese lo ama tanto quanto lo mal sopporta, per le sue posizioni «di destra», liberali e neoliberiste, persino conservatrici), ieri a Milano - ospite dell'Università Cattolica, per una maestosa lectio magistralis, invitato da Dante Liano, scrittore e docente di Letteratura ispano-americana - non ha parlato con i giornalisti, ha saltato le possibile domande del pubblico, non ha rilasciato commenti a «margine» (se non un laconico: «La situazione politica italiana mi preoccupa, soprattutto per la tenuta dell'Unione europea»).
Ha tenuto la sua lezione, 45 minuti precisi e taglienti - in un'aula magna da 500 posti strapiena - e nient'altro. Non era necessario. Tra i saluti di rito al pubblico italiano e l'esplosione della standing ovation finale, aveva già detto tutto.
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Ha detto molto, Mario Vargas Llosa parlando su La vida y los libros. Ma non di sé (se non per il fatto che «Aver imparato a leggere è la cosa più importante che mi sia accaduta nella vita»), neppure della propria vocazione di scrittore o dell'importanza della Letteratura nella sua vita. Ma semmai: dell'importanza della Letteratura per la vita. La nostra, quella del mondo.
Il mondo, del resto, cioè la nostra civiltà, è iniziata davvero soltanto nel momento in cui un gruppo di uomini si è trovato attorno a un fuoco a inventare e raccontare storie, il gesto più antico dell'umanità. «Abbiamo una vita sola, ma abbiamo imparato molto presto a immaginarne altre mille». È stato grazie alla capacità di creare personaggi, sognare avventure e tramandare storie che l'uomo - provando a dimenticare con un momento di sollievo un'esistenza di terrore - è diventato ciò che è. Ciò che siamo noi. Il progresso della civiltà nasce dalla spinta a trasformare la nostra vita e il mondo in cui viviamo attraverso la potenza del linguaggio che narra sempre nuove storie (ecco cos'è in sintesi la letteratura), le quali ci fanno desiderare vite diverse, e mondi altri.
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«Gli scrittori sono coloro che ci permettono di avere esperienze - relative a ieri, a oggi e a domani - che nella vita reale non avremmo». E l'uomo procede, migliorandosi, attraverso le esperienze. È per questo che la Letteratura migliora il mondo. «I romanzi ci fanno rendere conto che le vite inventate sono più ricche e profonde di quelle reali». Il compito più importante della letteratura, in fondo, è dirci ogni giorno, in ogni pagina, che il mondo reale, il nostro, è «malfatto», non all'altezza dei mondi che ci raccontano i romanzi, e che le nostre vite devono assomigliare a quelle narrate nei libri, che le cose devono cambiare. «Ecco perché tutti i regimi totalitari hanno sempre avuto paura della letteratura».
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Nato e cresciuto immerso nel silenzio di un Paese - il Perù - per decenni squassato da colpi di Stato e dittatori, Mario Vargas Llosa sa di cosa parla. «Un'operazione apparentemente inoffensiva nelle democrazie libere, ossia raccontare storie di finzione, diventa nei sistemi totalitari una minaccia di insurrezione».
E siamo al cuore della lezione. I libri, i veri scrittori, i grandi romanzi (attenzione: non tutti i romanzi) ci spingono a cambiare e migliorare le nostre esistenze, e ci rivelano le infinite potenzialità dell'arma più grande che abbiamo, il linguaggio. «Il mondo senza letteratura sarebbe un mondo di esseri che non comunicano, un deserto di automi incapaci di comunicare», isolati uno dall'altro, mentre invece «La ricchezza della letteratura è la sua universalità».
Mario Vargas Llosa
Ma se sono i libri che ci hanno sempre salvato, se è il leggere ad elevare l'attività dello spirito, oggi cosa sta succedendo? Succede che «si legge molto di più ma si legge male, rapidamente, preferendo i bestseller ai romanzi lunghi». Ciò che leggiamo è più facile, effimero, e la letteratura - Signore e signori, ecco a voi la civiltà dello spettacolo - si è convertita in puro intrattenimento. I pericoli maggiori oggi non sono neppure più le censure, le ideologie, i sistemi autoritari. Ma il fatto che la letteratura non ci rinfaccia più che viviamo in un modo «fatto male» e che va cambiato. Ma ci dice che tutto va bene, ci distrae, ci tranquillizza. «Una rivoluzione - attenzione - senza precedenti».
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«Oggi la Letteratura e la stessa Cultura si sono trasformate in spettacolo, portando molto gente a sostituire i libri con gli schermi». Il libro sta perdendo tutte le sue battaglie. Perderà anche la guerra? «Confido che i tanti giovani che sono qui ad ascoltarmi siano capaci di capire la straordinaria ricchezza della buona letteratura» è la speranza, più che una risposta, di Mario Vargas Llosa.
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