Luca Taidelli per "Fuorigioco – La Gazzetta dello Sport”
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Il gol di Vecino avrei voluto che San Siro potesse contenere 64 milioni di italiani perché tutti godessero della magia del calcio. Infatti assolvo quelli che dopo mi hanno insultato, perché sono tifosi delle altre squadre che avrebbero voluto vivere un’emozione simile. La loro protesta era un grido d’amore per il calcio. Gli addetti ai lavori che invece hanno scritto contro sono dei deboli di spirito e mi spiace per loro che non abbiano il sacro fuoco. L’emozione non ha colori né bandiere. Avrei urlato così per qualsiasi altra squadra".
Mister “Garra Charrua” Lele Adani, voce pregiata di Sky, racconta il suo amore viscerale per il calcio in una trattoria di Reggio Emilia genuina come lui. Resti deluso solo quando ti attendi pressing alto, diagonali e marcature preventive sul menù ma scopri che il nostro è a dieta. "Ho chiuso la carriera distrutto dalla fatica e ho capito che stare bene lo devi a te stesso e basta".
Adani, ci spiega il suo amore per il calcio?
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"Nasce da una vocazione sin da piccolo, da un rispetto verso il giusto per qualcosa che ami. Quindi cerchi di proteggerla, di proporla bene sin da quando sei su un banco di scuola e vuoi che arrivi nel modo giusto al cuore delle persone. Mi ha guidato da sempre come una stella cometa e ora sento di restituire qualcosa al calcio. Io non devo niente a nessuno, ma tutto al calcio. Ho trasformato in un lavoro il mio amore. Dove c’è un pallone che rotola c’è un cuore che batte. Quello che non sopporto è la superficialità di alcuni addetti ai lavori".
Perché il calcio sudamericano è il massimo?
"Il calcio è bello universalmente, ma talento e passione che ci sono lì sono unici, ti tirano fuori le passioni primordiali, le viscere. Noi abbiamo la Champions come riferimento, ma il calcio è globale e da quelle parti è una religione. Gli inglesi dicono di avere inventato le regole del calcio, ma la passione ce l’hanno messa argentini e uruguaiani. È un senso di appartenenza, un quotidiano. Lì la famosa mistica è rivelata (…)
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Quindi neanche Vecino contro Lazio e Tottenham ha segnato per caso?
"Certo che no! Tutto nasce nel Rio de la Plata. L’Uruguay è il miracolo calcistico del mondo. È grande come la Toscana, eppure ha vinto due Mondiali (e in Russia ne avrebbe vinto un terzo se non si fosse fatto male Cavani...) e due Olimpiadi perché loro hanno la 'garra', l’artiglio per lottare alla morte, e hanno discendenze 'charrua', una piccola tribù indigena che lottò per secoli contro i colonizzatori della zona. (…)
Perché se ama tanto il calcio non allena e ha detto di no a Mancini che la voleva come vice nel 2014, quando tornò all’Inter?
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"Il calcio è una stella cometa, va oltre gli incarichi, i soldi, la visibilità. Con Mancini ci sentiamo spesso, ci confrontiamo, analizziamo tante cose. Abbiamo un rapporto ancora migliore dopo il mio no, ha capito che mi sarebbe piaciuto ma che facendo il divulgatore ho una missione superiore a quella dell’allenatore, il cui ruolo è più circoscritto: lo pagano per fare risultato".
Mancini da c.t. dice che gli italiani non hanno spazio ma quando era nei club schierava gli stranieri.
"Conta la meritocrazia. Se un italiano è forte gioca, vedi Chiesa e Barella. Non prendiamoci in giro con la storia degli stranieri che tolgono spazio".
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Per quante ore al giorno pensa al calcio?
"Non ci sono orari, il calcio non dorme mai, chiama sempre. (…) E noi abbiamo il dovere di studiare e di anticipare le cose. Ecco perché non trovo corretto quando i colleghi sono superficiali e fanno lo show usando il calcio. Il calcio va venerato e rispettato, devi sentirlo. Io mi faccio guidare".
Ma se va a cena con una donna la seduce col calcio?
"Del privato non voglio parlare. Mi capita di trascurare qualcuno a causa del calcio. Chi è o sarà al mio fianco sa che la mia natura è nel calcio, ma gli affetti non li perdo e ho imparato come recuperarli. In generale però di persone ne ho acquisite grazie al calcio, perché la gente sente la lealtà di quello che racconto".
Chi sono le persone più importanti della sua vita?
cassano adani trevisani e cattaneo
"Mia madre Vanna. Prima l’avevo accanto ogni giorno, dal 2012 ce l’ho dentro. L’amico Massimo, che da piccolo mi convinse a fare un provino con la Sammartinese, la squadra del mio paese. Muhammad Ali, la vita, l’esempio di cosa vuol dire ricevere un dono e restituirlo alla gente. Ha rotto barriere e cambiato le cose. Bobo Vieri. Sembra guascone, ma ha un cuore così. Il professionista più serio che ho visto in vita mia. Quando era a Pisa e Ravenna non stoppava un pallone, col lavoro è diventato uno dei migliori.
Poi i “fratelli” come Matias Almeyda, Fabio Rossitto, che mi ha fatto scoprire la fede vera, e Silvio Baldini, uno ricordato solo per il calcio nel sedere a Di Carlo, ma che invece ha dei valori enormi, sa far sognare giocatori che prendono due lire e alla Carrarese sta trascinando una città. Mio fratello Simone, d.s. in Serie D a Lavagna. Perché si può essere dilettanti se lavori tra i professionisti, ma pure molto professionale se sei tra i Dilettanti".
Ci racconta il suo rapporto sofferto con il Brescia?
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"Quando nel 2004 lasciai l’Inter e tornai lì per troppo amore non fui capito, venni percepito con invidia, c’era gente gelosa per l’impatto che avevo. Cercarono di farmi passare come capro espiatorio, fui anche assediato da alcuni ultrà. Me ne andai a marzo. Si inventarono di tutto, compresa una mia storia con la Hunziker, perché non credevano che si potesse rinunciare a tre anni di stipendio per una questione di ideali e di valori. Dissi tutto in faccia a presidente, allenatore e d.s. che non amavano il Brescia quanto lo amavo io".
Ha mai pensato che la sua carriera da calciatore poteva essere migliore?
"Ognuno ha ciò che si merita, ma ho giocato comunque con grandi club, in Champions e in Nazionale malgrado la generazione dei Nesta, Cannavaro, Materazzi, Ferrara, Panucci, Costacurta, Maldini. Al fianco di Paolo nel 2000 ho esordito in azzurro, avevo un tale rispetto per lui che avevo paura a guardarlo in faccia. Da giocatore ero un bel rompiballe, avevo bisogno di capire tutto quello che facevo e che ci veniva richiesto. E se trovavo un allenatore poco convinto nelle risposte, insistevo. In campo mi ha cambiato Sergio Buso, nella Primavera del Modena. Una mente evoluta, anche se non era portato per fare il capo".
VIERI ADANI
Degli allenatori ora in A chi le piace?
"Diversi stanno portando novità interessanti. L’uomo del futuro è De Zerbi. A livello di valori dico Gattuso, che si mostra senza filtri e che non specula. Il suo Milan vuol essere sempre protagonista".
A proposito di filtri, crede che arriverà un giorno in cui pure nel calcio si potrà fare coming out?
michelle hunziker
"Sono in questo mondo da anni e non ho mai sentito di un collega gay. Visto che invece ne esistono per forza, temo che la strada sia lunga. Ma l’amore deve darti la possibilità di abbattere ogni barriera e spero ogni minuto che presto un giocatore potrà sentirsi libero di dichiarare la propria omosessualità".
ADANI daniele adani e massimo marianella alla festa sky daniele adani michelle hunziker
ADANI