1 - IL TACCUINO IL VERO SCONTRO È DENTRO LE COALIZIONI
Marcello Sorgi per “La Stampa”
confronto enrico letta giorgia meloni corriere
Se doveva servire a suggellare la sfida a due tra i protagonisti di una campagna elettorale bipolare, il faccia a faccia tra Meloni e Salvini organizzato dal Corriere della Sera e moderato dal direttore Fontana non ha raggiunto lo scopo. E non per limiti dei due leader, ben attenti a non rischiare e a far scorrere (metaforicamente) il sangue.
Ma perché in queste settimane le cose sono andate diversamente da quando l'incontro era stato progettato: la campagna elettorale finora è stata un corpo a corpo principalmente all'interno delle due coalizioni.
giorgia meloni salvini meme
Anzi, dell'alleanza di centrodestra, soprattutto tra Meloni e Salvini, e di quella mancata di centrosinistra, l'ex campo largo in cui Calenda e Conte si sono divertiti a menare ai fianchi Letta, con il risultato di far sfumare la corsa al primo posto tra Fratelli d'Italia e il Pd, ormai abbondantemente distaccato, nei sondaggi, dal rivale meloniano. Immigrazione, aiuti militari all'Ucraina, Europa da rispettare o da riformare, Pnrr da realizzare o da modificare: i prevedibili elementi per uno scontro non sono mancati, ma appunto, sempre compatibilmente con l'immagine di due candidati alla presidenza del consiglio che hanno scelto di apparire rassicuranti per gli elettori.
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Meloni fa di tutto per non sembrare troppo sicura della sua più che probabile vittoria. Letta porta con eleganza l'abito della sconfitta annunciata. La ragione vera per cui alla fine il confronto è stato un flop, però, è che è stato preceduto, accompagnato e seguito dal frastuono di una campagna che non è bipolare, come dovrebbe esserlo per una tornata elettorale in cui un terzo dei collegi vengono assegnati in collegi uninominali, e non è neppure multipolare, com' erano le vecchie elezioni proporzionali della Prima Repubblica.
letta meloni confronto corriere
No, qui siamo di fronte a un tutti contro tutti, in cui ci sono almeno sei cavalli in corsa e nessuno rinuncia a colpire tutti gli altri, senza distinzione tra alleati e avversari. Per inciso, questa è anche l'occasione in cui il timore dell'astensione è più forte; e all'interno di un astensionismo che galleggia attorno al 40 per cento, i giovani, anche i giovanissimi, che voteranno per la prima volta, sono i più decisi a disertare le urne e quelli che più difficilmente troveranno motivi per ripensarci.
2 - GIORGIA E ENRICO, NO COMUNE ALLE LARGHE INTESE LA LITE SULL'AMORE
Monica Guerzoni per il “Corriere della Sera”
giorgia meloni durante il confronto con letta
Le nozze litigarelle alla «Sandra e Raimondo», che urtano i nervi del terzo incomodo Calenda, vanno in pezzi proprio sull'amore. Succede alle ultime battute del duello su Corriere tv , quando Giorgia Meloni nega il diritto all'adozione per le coppie omosessuali, Enrico Letta la butta sui sentimenti(«per crescere un figlio serve l'amore») e alla candidata premier per poco non si gonfiano le vene del collo: «L'amore non c'entra niente! Lo Stato non norma l'amore. Io sono cresciuta in una famiglia monogenitoriale e non è che mia madre non mi amasse».
enrico letta durante il confronto con la meloni
Ma loro, i due sfidanti, politicamente si amano? A sentir Letta «ci sono due Italie radicalmente diverse, che si rispettano perché abbiamo avuto un dibattito civile». Ma quando il direttore Luciano Fontana arriva al domandone finale, larghe intese sì o no, il segretario del Pd propone di gridarlo all'unisono: «Sì, lo escludiamo - concorda Meloni ridendo e arrossendo -. È una democrazia sana quella in cui due persone che si combattono in campagna elettorale poi non si trovino a far finta di niente il giorno dopo».
Dalle elezioni uscirà un vincitore. «O noi o loro», è il ritornello di Letta. Eppure, a vederli nella stessa stanza dopo giorni di scontri verbali anche violenti, sorprende come la distanza siderale sull'idea di Paese strida con la reciproca stima e simpatia, che si coglie sin dalla prima stretta di mano. «Ciao Giorgia». «Ciao Enri'».
enrico letta giorgia meloni luciano fontana
Per legittimarsi a vicenda in uno schema bipolare i colpi non sono mai bassi e a tratti il duello sfuma in duetto. Meloni è in verde tiffany, i capelli tiratissimi nella coda di cavallo, pronta «alle brutte» anche a fare il «monaco tibetano» tanto si è sentita aggredita in campagna elettorale. E Letta, camicia bianca a righine e cravatta azzurra a geometrie variabili, reagisce con fair play quando l'avversaria gli buca le gomme del van ecologico: «T' ha lasciato a piedi eh!
mauro berruto
Puntare sull'elettrico non è una cosa intelligente, vuole dire mettersi nelle mani della Cina». E il leader del Pd: «Non mi ha lasciato a piedi, è una fake news del tuo sistema mediatico».
Per entrambi è una giornata speciale. Lui non vede l'ora che venga sera per cenare con Francesco, il figlio più piccolo che compie 14 anni e «va pazzo per la carbonara». E lei ha affidato a Instagram l'immagine (di spalle) dell'aspirante prima premier italiana che accompagna a scuola la figlioletta Ginevra: «Eccoti, con la tua cartella enorme, ad affrontare il primo giorno delle elementari... Solo l'amore può darti l'energia che serve a non abbassare mai la testa...».
giorgia meloni confronto con enrico letta al corriere della sera2
La leader di FdI non la abbassa nemmeno durante il confronto, ma la muove di continuo cercando ora gli occhi di Letta, ora quelli dell'arbitro. Il segretario del Pd la testa la tiene immobile e guarda fisso in camera come gli ha consigliato l'ex ct del volley Mauro Berruto, galvanizzato dal trionfo italiano di domenica ai Mondiali contro la Polonia.
Il resto del training preparatorio lo ha fatto Romano Prodi: è al fondatore dell'Ulivo, che per due volte batté Berlusconi, che il leader del centrosinistra ha telefonato prima del confronto. A marzo, quando si trattò di duellare sulla tv francese con la sfidante di Macron, a Letta era andata di lusso e quando gli chiedono se batterà anche la «Marine Le Pen italiana», lui quasi le fa scudo: «Occhio, che Giorgia si arrabbia».
MATTEO SALVINI E GIORGIA MELONI A CERNOBBIO
Alla vigilia il segretario si è chiuso con la portavoce Monica Nardi, il braccio destro Marco Meloni e i ragazzi dello staff. E la presidente di FdI, da brava secchiona, ha mandato a memoria le 14 domande, preso appunti a penna e provato le risposte con l'inseparabile Giovanna Ianniello. Una volta dentro lo studio di via Campania, a Roma, la vicedirettrice del Corriere Fiorenza Sarzanini lancia la monetina: «Testa o croce». E Meloni: « Non c'è la testa sull'euro, raga'! » . Ne usciranno 90 minuti dopo. «Quanto una partita di calcio», commenta Letta. E la leader della destra, dichiaratamente esausta: «Solo al Meeting di Rimini ho sofferto così».
MELONI E SALVINI COME SANDRA E RAIMONDO - ANNETTA BAUSETTI enrico letta giorgia meloni luciano fontana GIORGIA MELONI MATTEO SALVINI enrico letta confronto giorgia meloni al corriere