T.L. per il “Corriere della Sera”
meloni letta
Ogni volta che uno dei due può, e succederà sempre più spesso, tira in ballo l'altro.
«Gli italiani devono avere chiaro che la scelta è tra noi e Meloni», ha scandito l'altro giorno Enrico Letta. «Letta ha detto che l'Italia dovrà scegliere tra lui e noi. È vero», ha sottolineato Giorgia Meloni ieri. Come se tutti gli altri non esistessero.
letta meloni
La leader di Fratelli d'Italia e il leader del Pd, rispettivamente primo e secondo partito nella media dei sondaggi nazionali, cancellano dalla cartina geografica il resto dei contendenti. Letta riduce al lumicino le dichiarazioni in cui attacca la Lega e Forza Italia, derubricati al rango di «ostaggi che si sono consegnati» a Fratelli d'Italia; Meloni centellina le volte in cui le capita di citare i M5S o Carlo Calenda, di fatto cancellandoli dalla mappa dei suoi avversari.
E così, dopo un anno di frequentazioni assidue - inaugurato a settembre scorso alla presentazione di Razza poltrona di Fabrizio Roncone, proseguito alla festa FdI di Atreju, andato avanti nel parterre della presentazione del libro di Bruno Vespa e concluso, per ora, da una presenza congiunta al dibattito su un paper di Farefuturo - Letta e Meloni si muovono come i Coppi&Bartali della famosa borraccia al Tour del 1952.
MELONI LETTA
L'urgenza di capire, come fu per i celebri rivali in cima al Galibier, chi dei due abbia soccorso l'altro, ecco, in questo caso non c'è; perché entrambi, in fondo, si sono aiutati reciprocamente nel lungo preliminare della contesa elettorale: quello che metteva in palio la legittimazione dell'altro come leader indiscusso della propria parte. Adesso, superate le asperità iniziali e isolato (o quantomeno sperano) il resto del gruppo, se la giocheranno in volata.
GIORGIA MELONI BRUNO VESPA ENRICO LETTA
In fondo, è la stessa idea attribuita anni fa ai due «Matteo», Renzi e Salvini, che prima e dopo le elezioni del 2018 avevano costruito insieme un ring dove combattere entrambi coi galloni da leader. Solo che stavolta, a differenza di allora, il duo nemico-amico formato da Meloni e Letta vede il traguardo in cui la bandiera a scacchi potrebbe sventolare sulla testa di uno dei due.
«Siamo i Sandra e Raimondo della politica italiana», aveva detto scherzando lei mesi fa.
Prima ancora, quando i suoi alleati iniziavano a schiumare rabbia per quest' asse inedito, aveva mandato a dire che «questo curioso modello della politica italiana, per cui si deve passare dalla criminalizzazione all'inciucio, non lo condivido».
giorgia meloni enrico letta atreju
«Ho il problema di non essere troppo in sintonia con Giorgia Meloni perché qui è partito un film, che è interessante ma non corrisponde a verità. O sbaglio?», aveva chiesto con un sorriso Letta a Meloni durante il dibattito ad Atreju, consentendo a entrambi di respingere le voci malevole che già evocavano la fantomatica versione rossonera delle larghe intese.
giorgia meloni enrico letta foto di bacco
Tutto questo accadeva prima che si accendessero i motori dell'elezione del presidente della Repubblica. Una tornata per cui inizialmente entrambi - Letta sul proscenio, Meloni dietro le quinte - facevano il ti fo per Mario Draghi. Poi, però, è cambiato tutto. Tutto meno che il piano di fare come Coppi&Bartali nella famosa foto: staccare il resto del gruppo e poi sfidarsi da soli. Dicono che l'altra sera, alla sede del Pd, i televisori siano rimasti accesi fino a tardi nella speranza che FdI rompesse con Berlusconi e Salvini. Un minuto dopo, se fosse successo, Letta si sarebbe scrollato di dosso i centristi e l'ultimo spettro del M5S. E forse sarebbero andati a combattere davvero da soli, l'uno contro l'altra, collegio per collegio. Sarà stato anche per questo, forse, che FdI ha ottenuto quello che voleva. E neanche una casella di meno.
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