Lettera a Dagospia di Pierluigi Panza
GIOVANNA BEMPORAD
Era l’inizio-metà anni Ottanta, io avevo già pubblicato alcune poesie ma, soprattutto, avevo preso la patente e credo che a lei servisse un autista per Milano e il Nord: per questo iniziò la nostra frequentazione. Alta, magra, poteva avere indifferentemente dai 40 agli 80 anni. Era sempre in un cappottino o in una giacchetta nera strettissima, le scarpe da uomo e il capello nerissimo e cotonato.
Pasolini, come emerge anche dal catalogo della mostra del Palazzo delle Esposizioni di Roma “Tutto è santo” le voleva bene e lei ne voleva… soprattutto alla madre di Pasolini, Susanna Colussi. Il pudore dei sentimenti, allora, e non l’esaltazione del coming-out, oggi, credo impedisse a questa donna di esprimere un lato lesbico presente in lei, che era sposata con un notabile democristiano, il senatore Giulio Orlando. C’è una foto di lei col vestito da sposa: fa veramente ridere pensandola! Fu questo pudore, e non l’esternazione, a fare di lei una scrittrice.
GIOVANNA BEMPORAD PASOLINI
Veniva da un’alta famiglia della borghesia ebraica ferrarese, il padre avvocato, la madre amante di Giacomo Matteotti: lei era stata arrestata dalle SS ed era scappata dall’università senza laurearsi. Aveva una casa a Bologna, dove si era incontrata con Pasolini prima di andare a Casarsa dove avrebbe voluto vivere con la di lui madre. Lì la Bemporad insegnò alla scuola per bambini messa su da Pasolini.
Negli anni Ottanta era in declino poiché il Postmodern non era la sua misura, rimaneva, tuttavia, una sorta di prodigio letterario. Mille anni prima (nel 1958), lei ragazzina aveva pubblicato un unico libro di poesie, “Esercizi” - echi di Hölderlin e di Leopardi - che Pasolini le aveva recensito. Era così allampanata e preda della poesia che non ne scrisse più dandosi alla traduzione di Omero. Pubblicò qualche traduzione per la casa editrice “Le Lettere”, ma poiché per ogni verso ci voleva un decennio non fu prolifica! A Roma e anche a Milano, in quegli anni, c’erano ancora abitazioni in cui, di sera, qualche scampolo di demi monde in putrefazione si riuniva per serate letterarie. Si ospitavano strane poetesse dal nom de plume come Vitoria Palazzo o Antonietta Dell’Arte…
GIOVANNA BEMPORAD
La Bemporad era la mattatrice non salottiera di quei salotti perché come sapeva declamare lei la poesia non c’era nessuno, nemmeno Carmelo Bene! Poteva declamare Omero in italiano o in greco indifferentemente, ma si concedeva solo a tarda, tardissima sera per i ritmi milanesi. Al ritorno stava in macchina a discutere per ore di un verso prima di salire a casa, un appartamentino dietro piazza Cinque Giornate. Lì, con il “malcapitato” si sedeva in cucina, dove non aveva niente in frigorifero, e continuava a parlare con voce sempre più maschile e roca, anche per la fatica. Era difficile riuscire a divincolarsi e tornare a casa all’alba. Il giorno, per lei, non era niente: era una da “Quelli della notte”.
Avrebbe potrebbe essere la Yourcenar italiana se avesse scritto le “Memorie di Omero”, di pura invenzione. Ma era troppo persa nelle sue astrattezze e non aveva il minimo interesse a scrivere per giornali o per andare in tv. Andava a letto più o meno com’era vestita.
GIOVANNA BEMPORAD 1
Si ritirò negli ultimi anni a Roma e quando morì fu sepolta al cimitero di Fermo. Il marito, che ora le è accanto, mi scrisse una lettera per ringraziarmi di un breve obituaries dove raccontava tutto l’amore che ebbe per lei e quanto lei, che oggi diremmo lesbica, gli fosse sempre stata accanto con inesausto amore. Imparate scrittrici, imparate.
PIERLUIGI PANZA
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