Lodovico Poletto per “la Stampa”
Per fortuna che l'ospedale di Tortona ha ancora spazio. Ma, fino a quando, Dio soltanto lo può sapere. E l'altra notte Tortona ha salvato Torino e la sua sanità, diventando la Germania della prima ondata, quella che accoglieva malati in arrivo da altri Paesi. Per fortuna che c'è il «Covid hospital» Tortona, anglicismo per dire che questo presidio è tutto dedicato a chi rischia la vita per il Covid 19. Ecco, qui era approdata la colonna di ambulanze fotografata l'altra notte davanti all'ospedale Mauriziano di Torino.
CORONAVIRUS IN PIEMONTE - RIVOLI
Qui arrivano in continuazione malati da ogni dove. Un dato aiuta a capire. Eccolo: mercoledì gli ospedali di Torino e provincia hanno trasferito in questa struttura 102 malati. I numeri di ieri ancora non ci sono. Ma dal Mauriziano ne sono partiti altri sei, per far spazio ai nuovi arrivi. E mentre ci si affanna a trovare posti letto fuori provincia, sembra che la sanità torinese sia arrivata ad un punto di non ritorno. Ai limiti di una saturazione o quantomeno del sopportabile. Ancora due istantanee che aiutano a capire meglio. Eccole.
La prima arriva da uno dei presidi più importanti della cintura, quello di Rivoli. Le barelle delle ambulanze appoggiate a terra e occupate da pazienti affetti da Covid, racconta di una carenza importante di attrezzature. Quantomeno qui, e forse chissà, anche altrove. Poi ascolti il capo del pronto soccorso del Mauriziano di Torino, Domenico Vallino, e senti un'altra storia e vedi un'altra reazione all'emergenza: «Guardi, prima di lasciare i pazienti in terra noi tiriamo fuori tutto dai magazzini delle maxi emergenze e adoperiamo le barelle da campo».
CORONAVIRUS IN PIEMONTE - IVREA
Certo, riconvertire è complicato. Cambiare, trasformare ospedali costruiti decenni fa, è più che complicato. Ma separare i malati di Covid dagli altri è essenziale. Creare percorsi differenti (li chiamano «zona pulita» per dire "Covid free" e «zona sporca» per significare che lì devono passare soltanto i malati di Covid e chi li assiste e cura)è fondamentale. Ivrea, l'ex capitale dell'informatica ha un ospedale tutto sommato piccolo, e quello pensato anni fa per sostenere il territorio non è mai andato oltre qualche progetto subito accantonato.
Ecco, qui i malati Covid e tutti gli altri passano nello steso corridoio. Divide i percorsi (pulito e sporco) un nastro attaccato sul pavimento. E i sindacati denunciano. S' indignano. Puntano il dito. Ma per ora resta così. Intanto la città cerca spazi, letti, sistemazioni per i nuovi malati (in tutto il Piemonte dall'altro ieri ci sono 16 persone in più in terapia intensiva e altre 173 in non intensiva). Di qui la decisione di trasformare il presidio di Torino sud (il Martini) in ospedale Covid: ieri ha accolto tutti quelli che gli altri non riuscivano a tenere.
CORONAVIRUS IN PIEMONTE - TORINO
E anche l'ex Oftalmico fa la sua parte sebbene i numeri siano piccini (48 ricoverati), rispetto alle reali necessità della città . Dire che tutto questo basti a far fronte all'emergenza che non accenna a rallentare, è un azzardo. E i sindacati della sanità alzano la voce. Come già avevano fatto mesi fa, durante la prima ondata. Per dire. Quelli del NurSind, ieri, hanno attaccato senza ripensamenti: «Non ci fa paura il virus, ma chi gestisce l'emergenza».
E ancora: «È evidente che la cabina di regia e la catena di comando sono in balia degli eventi», bocciando di fatto scelte, trasformazioni e tutta una serie di scelte operate nelle ultime settimane. Insomma: se la pandemia continua a correre con questi numeri non c'è santo che tenga e non c'è ospedale che regga. E allora conviene tornare per un attino al Mauriziano. E sperare che abbia ragione il primario del dea, Domenico Vallino quando dice: «I contagi rallenteranno. Il lockdown ci aiuterà, ne sono certo». Dottore, è vero come dice qualcuno, che vengono ricoverati anche gli asintomatici? «Asintomatici? Venga facciamo un giro, controlli da sé».