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Chiara Amati per www.corriere.it
«Esistono cibi straordinari che, mangiati regolarmente, contribuiscono a potenziare il sistema immunitario. Questo non solo per i nutrienti che contengono, ma perché sono capaci di interagire con la vastità dei batteri che popolano il nostro microbiota e con quel secondo cervello che è l’intestino».
In che modo questi cibi straordinari concorrano a rafforzare l’organismo lo spiega Enzo Spisni, docente all’Università di Bologna e direttore del laboratorio di Fisiologia traslazionale e nutrizione.
Nel suo nuovo libro in uscita oggi – I magnifici 20 per le tue difese (quarto volume della collana Sonzogno “Scienza per la vita”, ideata e diretta da Eliana Liotta) –, Spisni con un linguaggio semplice e sempre efficace ci porta alla scoperta di una disciplina, l’immunonutrizione, che tratta il rapporto tra ciò che mangiamo e le nostre difese immunitarie. Noi l’abbiamo intervistato. Ecco che cosa ci ha spiegato.
I MAGNIFICI 20 PER LE TUE DIFESE
ENZO SPISNI: «VI DICO COS’È L’IMMUNONUTRIZIONE»
Professore, lei parla di immunonutrizione. Ma che cos’è esattamente?
«Prendo a prestito un episodio della mia infanzia, quando mia mamma mi faceva bere tante spremute di arancia per evitare che incappassi in un raffreddore. Aveva ragione? Sì e a darne conferma è la scienza. Alcune ricerche recenti riportano che l’arancia è uno di quei cibi che fanno scudo al nostro organismo.
A dimostrazione del fatto che, oggi, il rapporto tra alimentazione e sistema immunitario è oggetto di indagini così ampie da determinare la nascita di una disciplina dedicata: l’immunonutrizione, appunto. In pratica, esistono alimenti che sembrano costruiti apposta dalla natura e dalla sapienza umana per dare man forte alle sentinelle preposte a difenderci dagli attacchi di agenti patogeni.
Io ne ho individuati venti, ben sapendo che ve ne sono altri, ma questi venti sono in qualche modo esemplari. Sono cioè l’esempio di come pezzetti dei nostri menu possano interagire con l’organismo e renderlo meno attaccabile. In due parole: più forte.
Poi, l’orientamento a tavola sarà vario, personale e più ampio della superventina, che va servita su un vassoio alimentare benefico perché possa davvero esercitare i suoi poteri. È un po’ come quando una persona cerca di spingere un’auto in panne su una strada in leggera salita. Se tre o quattro persone la aiutano, la macchina avanza con più facilità. Ecco, allo stesso modo a tavola l’unione fa la forza».
I SUPERFOOD GUARISCONO DAL COVID O ALTRE PATOLOGIE?
Dato il potere di questi superfood, verrebbe da chiedersi se funzionino anche contro il Covid o altre patologie...
«La risposta è no. Assolutamente no. Categoricamente no — rispende perentorio Spisni —. L’alimentazione corretta è un aiuto, ma non basta a prevenire il contagio. Ciò che riesce a garantire in potenza è casomai una maggiore abilità nella battaglia contro batteri o virus. Sarò ancora più esplicito: se ci nutriamo bene, combattiamo meglio.
Questione di prevenzione. D’altra parte, se scarseggiano alcune vitamine e certe sostanze, l’esercito interno si indebolisce e noi con lui. “Fa’ che il cibo sia la tua medicina”, diceva Ippocrate. Se una persona aspetta di ammalarsi per cambiare il proprio modo di mangiare, significa che non ha sfruttato appieno le potenzialità della nutrizione.
Tante volte mi è capitato di sentir dire: “Io mangio come mi pare, tanto ammalarsi è solo una questione di sfortuna”. No! In ambito scientifico la fortuna e la sfortuna non esistono o, perlomeno, vengono dopo il calcolo delle probabilità. Mangiare in modo scorretto aumenta di molto le probabilità di ammalarsi, di tutte le patologie.
Ai miei studenti spiego sempre che la corretta nutrizione, utilizzata in chiave preventiva, è portentosa. In presenza di una patologia, invece, ha certamente effetti positivi, che possono sommarsi a quelli della terapia farmacologica, ma che non sono altrettanto forti. Resta comunque un punto di partenza irrinunciabile e vantaggioso».
SANA E BUONA NUTRIZIONE: MA DA QUANDO?
«Dai primi mille giorni di vita — avverte Enzo Spisni —. Potrei semplificare dicendo che tra i nutrienti che assimiliamo in quel periodo fondamentale della nostra esistenza, che dall’allattamento ci porta pian piano al divezzamento, ci sono squadre e squadre di muratori impegnate a costruire il sistema immunitario. A queste squadre, nel tempo, se ne aggiungono altre.
Una, per esempio, è costituita dai batteri cosiddetti buoni, quelli preposti a colonizzare l’intestino. La compagine dei nutrienti resta comunque la più importante, perché al suo interno ha il geometra responsabile dell’intero cantiere. Finiti i lavori, il sistema immunitario è pronto e ben funzionante. Ma, come qualsiasi costruzione, necessita poi di una manutenzione costante.
E i nutrienti, ancora una volta, fanno parte della principale squadra di manutentori che impedisce al sistema immunitario di degenerare, attraverso un processo che scientificamente ha il nome di inflammaging, dalla crasi dei termini inglesi inflammation e aging, infiammazione e invecchiamento.
Da qui si capisce bene come a tutte le età la nutrizione abbia un ruolo fondamentale nel corretto funzionamento del nostro esercito difensivo. No, non esistono diete miracolose, ma alimenti che fanno (stare) bene, quelli sì».
SUPERFOOD, ALLA SCOPERTA DEI MAGNIFICI VENTI
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Siamo finalmente arrivati agli alimenti che fanno (stare) bene. Quali sono e che caratteristiche hanno lo spiega bene il professor Spisni.
«Per sostenere il sistema immunitario dovremmo privilegiare frutta e verdura, se possibile a chilometro zero o comunque biologiche. E di stagione. Un vegetale coltivato in un periodo dell’anno diverso rispetto alla sua naturale stagionalità può, infatti, subire in media dal doppio al triplo dei trattamenti chimici. Meglio evitare.
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Fondamentale inoltre è variare a ogni pasto. Questo in teoria. Poi, è vero, non possiamo fare la spesa tutti i giorni. Non è pratico. Ricordiamo però che i magnifici venti hanno tutti gli immunonutrienti necessari al nostro esercito difensivo. Motivo per cui dovrebbero essere molto presenti sulle nostre tavole. Tornando ai vegetali, con sei nomination la frutta fresca fa la parte del leone.
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Se ci pensa è una controtendenza perché, a causa della sua quota zuccherina, viene spesso tagliata dalle diete. Io ne stresso l’importanza perché è un alimento che ci portiamo dietro da quando eravamo cacciatori e raccoglitori. Non può che fare bene. Le dirò di più: ho sempre trovato strano che avesse un ruolo marginale nelle moderne e insensate paleodiete. Quelle che, soprattutto con la bella stagione, spopolano in rete e propongono carni d’ogni tipo in grande quantità.
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Ma perché? Torniamo un attimo alla notte dei tempi. Se un uomo preistorico incappava in un albero carico di prugne o ciliegie selvatiche, di certo ne faceva una scorpacciata. Ed è provato che anche le scimmie antropomorfe da cui discendiamo avevano una dieta estremamente ricca di frutta. Per cui via libera ad arance, banane (si coltivano anche in Italia), frutti di bosco, melagrana, uva nera e limone. Proprio così, limone, un altro agrume.
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Vorrei soffermarmi su questa primizia non soltanto perché ricco di vitamina C, vitamina A, folati, magnesio e potassio, sebbene in misura minore rispetto alle cugine dalla buccia arancione. Ma anche perché contiene acido citrico, nella polpa, e limonene, nella buccia. Noto antimicrobico con un effetto interessante, l’acido citrico è in grado di colpire i batteri che si proteggono all’interno di strutture chiamate biofilm, difficili da penetrare persino per gli antibiotici.
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Il limonene, invece, è una molecola che si assimila solo in parte: il resto rimane nell’intestino, dove arriva a contatto con il microbiota e svolge azioni che contrastano l’infiammazione cronica legata alla sindrome metabolica. Un motivo in più per avere sempre un limone a portata di pasto.
Spaziando e attingendo ai prodotti dell’orto, poi, irrinunciabili sono carote, cicorie, cipolle e spinaci.
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Avena e soia in rappresentanza di cereali e legumi. Noci, olio extravergine di oliva e pesce azzurro per soddisfare il fabbisogno di grassi buoni. Infine, nell’ottica di recuperare spezie, erbe aromatiche e fermentazioni, funzionali al sistema immunitario sono il curry, il tè verde ma anche il kefir. Mentre per accontentare la gola, ci sta!, ottimi il cioccolato fondente e il miele.
Tutti questi alimenti, assunti con regolarità e stando attenti a variare, assicurano al nostro organismo la razione K di vitamine e minerali. Per la precisione vitamina D, C, B12, B9, B6, A ed E. Sul fronte minerali: ferro, zinco, rame, selenio e magnesio. Come mangiarli, se crudi o cotti, con semi e buccia o senza, a foglie o in germogli e via discorrendo, lo spiego con dovizia di particolari nel libro.
Qui mi preme spendere due parole sull’olio evo e sul miele. Di entrambi ne esistono tantissimi tipi. Il primo per essere buono deve pizzicare. In merito al secondo, è bene sapere che quanto più cristallizza, tanto più è vivo. E quindi di qualità».
GLI ALIMENTI «NO»
Per contro, esistono alimenti che minano il nostro sistema immunitario?
«Sì. Partiamo dal presupposto che il nostro intestino diventa un luogo di pacifica convivenza quando tutti i suoi minuscoli abitanti vengono nutriti con molta fibra. E cioè con legumi, frutta, verdure crude e cotte. Gli alimenti di origine animale? Che siano carni o latticini, poco importa. Quel che conta è che se ne consumi in minima parte.
Viviamo in Italia, la culla della dieta mediterranea con la sua meravigliosa biodiversità. Eppure, con una certa disinvoltura, ci ostiniamo a portare in tavola troppe proteine di origine animale. Cerchiamo di ridimensionarle per privilegiare, a rotazione, la super ventina. Anche perché il microbiota, nel suo complesso, è quasi vegano. Motivo per cui un eccesso di cibi di origine animale rispetto a quelli vegetali, come avviene nelle diete occidentali, lo obbliga a un lavoro estenuante.
Lo costringe a incrementare cioè quello che viene definito metabolismo putrefattivo, necessario per smaltire carni e affini. La conseguenza del superlavoro è la formazione di composti tossici all’interno del tubo digerente, associata a un aumento delle popolazioni di batteri che, se in numero incontrollato, possiamo definire cattivi.
Quando il sistema immunitario si accorge di un eccesso di sostanze tossiche e della crescita esagerata di alcune popolazioni batteriche, la sua reazione è di tipo infiammatorio. Non si tratta di un’infiammazione acuta, con febbre alta, come quando siamo in preda all’influenza, ma di un’infiammazione leggera di cui nemmeno ci rendiamo conto tanto che viene definita silente o di basso grado, con la produzione di citochine e di anticorpi diretti contro i batteri intestinali divenuti numerosi».
SISTEMA IMMUNITARIO, COSA SUCCEDE QUANDO SI ATTIVA
Quali conseguenze ha l’attivazione del sistema immunitario?
«La prima, la più intuitiva, è che il nostro esercito, distratto da un problema interno, non si accorga di eventuali attacchi esterni. Oppure se ne accorga in ritardo. Nel qual caso le infezioni hanno campo libero. La seconda è che si alterano, seppure lievemente, le relazioni con il sistema nervoso enterico e con quello endocrino.
Nel qual caso finiamo col sentirci stanchi pur avendo avuto giornate tranquille. Da ultimo, se l’infiammazione cronica di basso grado dovesse continuare, andrebbe ad amplificare il fenomeno di inflammaging, come abbiamo visto quel processo degenerativo che porta a un invecchiamento precoce del nostro organismo, il che implica un possibile arrivo prematuro delle patologie solitamente collegate all’età avanzata.
Un esempio concreto e vicino nel tempo. Durante la prima ondata epidemica di Covid 19 si è notato che le persone obese o con problematiche legate al metabolismo, come il diabete, l’ipertensione o la sindrome metabolica, cioè quelle con un’infiammazione cronica di basso grado, correvano un rischio molto più alto delle altre di finire in terapia intensiva e perfino morire. Ecco, proprio questo rappresenta un possibile legame tra la nutrizione e il Covid 19».
IN TAVOLA OGNI GIORNO
Tornando alla tavola, cosa dovremmo mangiare ogni giorno?
«Per restare quanto più possibile in salute, a colazione potremmo concederci una bevanda di soia o di avena, secondo i gusti. In questo modo cominciamo la giornata diminuendo la quota delle proteine animali. In abbinata ci mettiamo 4 o 5 noci: contengono fibra e hanno un indice glicemico basso; poi un tocchetto di cioccolato fondente all’80 per cento, un po’ di pane integrale e della marmellata di mirtilli biologica.
Magari fatta in casa, sarebbe perfetto. In alternativa anche del miele. A pranzo quel che conta è mantenere la quota proteica e di fibre. Per cui sì a un buon mix di verdure di stagione: carote, cicoria, spinaci crudi o semicotti... E sì a della pasta integrale — così soddisfiamo il fabbisogno di carboidrati — con pesce o legumi, sempre variando.
A cena l’obiettivo è quello di non caricare. Concediamoci un pezzetto di pane di farro, o di un qualsivoglia cereale. Poi di nuovo le verdure, cotte o crude, e una porzione di carne bianca. La frutta, in quantità, la useremo per contrastare i morsi della fame, a metà mattina o nel pomeriggio.
Se si preferisse mangiarla vicino ai pasti, o anche dopo cena, nessun problema, purché se ne prenda: a differenza del dolce classico, tutta la frutta, con la sola eccezione dell’anguria, ha un indice glicemico medio o basso».
DIETA MEDITERRANEA, FUNZIONA DAVVERO?
Spisni non ha dubbi: «Certo, a patto che la si segua senza libere interpretazioni e come era in origine. Il problema non è la dieta in sé, ma siamo noi che pensiamo di seguirla correttamente quando non è così. Anzi, negli anni, ce ne siamo persino discostati. In modo inconsapevole.
Mangiamo pane, pasta e pizza incuranti del fatto che questi alimenti, oggi, nascono dalla raffinazione di farine che, proprio per questi processi, non possiedono più quei nutrimenti fondamentali per il sistema immunitario. In pratica, mangiamo anche tanto, ma senza nutrirci adeguatamente. No, questa non è più dieta mediterranea e non è immunonutrizione».
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