1. TUTTI A CASA
Dino Martirano per il Corriere della Sera
RENZI BERSANI
Con lo sbarramento al 5% (circa 2 milioni di voti) solo Pd, M5S, FI e Lega hanno la certezza di portare i propri rappresentanti in Parlamento. I cosiddetti «cespugli», invece, già si preparano con molta ansia a scalare l' alto muro dello sbarramento previsto dal «sistema tedesco» italianizzato.
Tutti si stanno organizzando ma con prospettive diverse: a sinistra, Mdp Articolo 1 (bersaniani) «accetta la sfida» e punta addirittura al 10% grazie alla possibile «alleanza con Pisapia, Civati, Sinistra Italiana e spezzoni dell' associazionismo»; a destra, Fratelli d' Italia strizzerebbe l' occhio alla Lega per un' intesa tattica, oltre che sui contenuti, Nord-Centro-Sud; al centro, invece, ci si aspetta il vero «tsunami» con Angelino Alfano (Ap), Raffaele Fitto (Conservatori e Riformisti), Denis Verdini (Ala) e altri centristi, a partire dall' Udc di Lorenzo Cesa, che rischiano di sparire dall' orizzonte parlamentare.
pierluigi bersani e pierferdinando casini
Alcune settimane fa, quando ancora il piatto del giorno era l' Italicum corretto dalla Consulta con la soglia del 3% (circa un milione e 200 mila voti), il presidente del gruppo Misto, Pino Pisicchio, convocò nella sala «Aldo Moro» i rappresentanti dei «cespugli» di centro, che alla Camera contano su 101 deputati. Tre i punti all' ordine del giorno: voto di preferenza, premio alla coalizione, sbarramento non oltre il 3%. Aderirono al cartello dei «cespugli» Maurizio Lupi (Ap), Giovanni Monchiero (montiani), Massimo Parisi (Ala verdiniani-Scelta civica di Enrico Zanetti), Conservatori e riformisti di Raffaele Fitto, il Centro democratico di Lorenzo Dellai, Rocco Buttiglione (Udc), i «Moderati» di Giacomo Portas e i socialisti di Oscar Pastorelli.
d anna verdini
Però dal giorno di quella riunione, in cui il 5% con il suo muro di due milioni voti era solo una remota eventualità, tutto è cambiato. Soprattutto per i «cespugli di centro: «E la risultante - osserva il senatore Paolo Naccarato (Gal) - è che ora alcuni dovranno cercare casa a sinistra e altri a destra».
Miguel Gotor
Il 5% visto dalla sinistra del Pd lo spiega il bersaniano Miguel Gotor (Articolo 1): «Lo sbarramento così alto non lo temiamo, anzi accettiamo la sfida, perché bisogna evitare la frammentazione del sistema che invece si verificherebbe con la soglia la 3%». Il senatore Gotor ritiene che Articolo 1 possa essere uno dei cardini di un «movimento ben più ampio a sinistra del Pd». E infatti insiste: «È in atto un processo che ci unisce a "Campo progressista" di Pisapia, a "Possibile" di Pippo Civati, a Sinistra Italiana... Ma l' onda inclusiva, di ispirazione ulivista, deve essere ancora più larga e penso al civismo, all' associazionismo ai cattolici democratici».
Comunque, ricorda Giulio Marcon (SI), il partito di Nicola Fratoianni ha presentato sì emendamenti favorevoli a un «modello tedesco» ma con soglia al 3%. E anche da destra Fabio Rampelli (FdI) accetta la sfida: «Alle Europee sfiorammo lo sbarramento del 4% con il 3,9 e quindi anche stavolta ci riproviamo, con convinzione. Nel proporzionale però non dovrebbe esserci una soglia: quella è costituzionale solo nel maggioritario per togliere ai piccoli il premio da dare a chi vince le elezioni».
2. UNA VALANGA DI DISOCCUPATI CON IL 5%
Pasquale Napolitano per il Giornale
ALFANO RENZI
Il tasso di disoccupazione tra i politici di professione rischia di crescere dal prossimo anno. Se passa la riforma elettorale improntata al modello tedesco, tanti dinosauri del Parlamento devono dire addio alla «dorata» poltrona di Montecitorio. La soglia di sbarramento al 5%, contenuta nella proposta di legge elettorale su cui stanno convergendo Pd, Forza Italia, Lega Nord e M5S, produce un effetto immediato: l' esclusione da Senato e Camera dei deputati di partitini e movimenti civici nati solo per conservare il posto in Parlamento a leader e familiari.
casini
La prima vittima di un' eventuale riforma elettorale sarà un politico che ha varcato per la prima volta le porte di Montecitorio nel 1983 alla giovanissima età di 28 anni: Pier Ferdinando Casini, da quel giorno, la poltrona in Parlamento non l' ha più mollata. Ha visto cadere i governi della Prima e della Seconda Repubblica: l' ex allievo di Forlani ha assistito al ciclone Tangentopoli, senza essere travolto, ha sostenuto premier di centrodestra come Silvio Berlusconi e di centrosinistra come Letta, Renzi e Gentiloni, senza mai perdere lo status di parlamentare.
Ora, per l' ex presidente della Camera dei deputati la strada verso la pensione si fa in discesa. Casini con il suo partitino Centristi per l' Italia, nato dopo la scissione dell' Udc, difficilmente riuscirà centrare l' obiettivo del 5% per conservare lo scranno a Montecitorio. L' unica mossa per resistere è la richiesta a Matteo Renzi di una candidatura blindata nelle liste del Pd.
LA CASA DELLE LIBERTA FINI CASINI FITTO BUTTIGLIONE BOSSI BERLUSCONI
Quel 5% terrorizza un altro dinosauro della politica italiana: Angelino Alfano che, dopo l' addio a Forza Italia per sostenere i governi Letta e Renzi, ha fondato già tre partiti (Ncd, Area Popolare e Alternativa Popolare) con l' unico scopo di scongiurare l' addio alla poltrona. Il ministro degli Esteri minaccia, addirittura, di far cadere il governo Gentiloni se nella proposta di legge del Pd non sarà cancellato lo sbarramento al 5%: oggi Alfano incontra Renzi per ottenere risposte, non sui problemi dell' Italia, ma sulla sua rielezione in Parlamento.
STEFANIA VILLANOVA E FLAVIO TOSI
Nessuno vuole mollare la sedia: nessuno ha voglia di ritornare a lavorare. Anche perché, né Casini né Alfano hanno mai avuto un lavoro. Casini e Alfano seguiranno un altro «traditore» di Berlusconi: Gianfranco Fini. Alle elezioni politiche del 2013 gli italiani hanno spedito in pensione l' ex presidente della Camera. Oggi, Fini è impegnato a limitare le conseguenze dell' inchiesta della Procura di Roma sulla famosa casa di Montecarlo.
Un' altra vittima della nuova legge elettorale è un veterano dei Palazzi romani: Denis Verdini, l' ex braccio destro di Silvio Berlusconi, sta provando a mettere insieme un po' di sigle politiche, dagli ex di Scelta Civica al movimento Fare del sindaco di Verona Flavio Tosi, per ottenere la certezza di una ricandidatura in Parlamento. In bilico c' è anche la leader di Fdi Giorgia Meloni, data al 4,5%: l' obiettivo resta a un passo.
stefano parisi
Sfide impegnative per due formazioni debuttanti non ancora rilevate dai sondaggi: Stefano Parisi sogna di riunire sotto la sigla di Energie per l' Italia l' intero mondo dei moderati, da Gaetano Quagliariello e Raffaele Fitto, mentre il Movimento animalista di Michela Vittoria Brambilla testerà il proprio peso già alle prossime Comunali.
stefano fassina
Tempi duri anche per gli eredi del Pci che sono cresciuti a pane e politica. Lo sbarramento al 5% è la vendetta di Renzi contro Pier Luigi Bersani che con il nuovo partito Mdp non riuscirà a portare nemmeno un rappresentante a Roma. Stessa sorte per Stefano Fassina: Sinistra italiana è data al 2,4%. Per tutti c' è una sola prospettiva: la disoccupazione. A suon di vitalizio.