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    LITTLE RICHARD, IL VERO RE DEL ROCK’N’ROLL – IL COLORE DELLA PELLE GLI NEGO’ IL SUCCESSO DI ELVIS - IDOLO FUNK DI JAMES BROWN, PADRINO SOUL DI OTIS REDDING, IDOLATRATO DA BOB DYLAN E JOHN LENNON, DA ELTON JOHN E JIMI HENDRIX, CHE DICHIARÒ: ‘’VOGLIO RIUSCIRE A FARE CON LA MIA CHITARRA QUELLO CHE LITTLE RICHARD FA CON LA SUA VOCE’’ – DI PIÙ, FU IL PRIMO PERFORMER “QUEER”: TRUCCO E PARRUCCO, DIMENANDO CULO E "PACCO". LE PAROLE DI “TUTTI FRUTTI” (1955) SI RIFERIVANO AL SESSO ANALE E “FRUITY” (“COSA DA CHECCA”) ERA UN TERMINE SLANG PER GAY - VIDEO


     
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    little richard little richard

    Con Jerry Lee Lewis era rimasto l'ultimo padre fondatore del rock and roll vivo: con la scomparsa  a 87 anni di Little Richard, nome d'arte di Richard Wayne Penniman (Macon, 5 dicembre 1932) si chiude quasi definitivamente una delle pagine musicali, e di costume, del Novecento.

     

    Little Richards the beatles Little Richards the beatles

    The original king of rock and roll, come lui amava farsi chiamare non riconoscendo il reame del «bianco» Elvis Presley, negli anni Cinquanta imposte il suo sound sound ritmato e veloce unito a una interpretazione vocale innovativa e a un look decadente.

     

    Little Richards Little Richards

    Trasgressivo e oltraggioso per i tempi, ha attraversato la seconda metà del secolo scorso tra crisi religiose, ritiri e ritorni in scena, mentre generazioni di nuovi musicisti (soul, funk, rap) veniva influenzati dal suo stile e i suoi successi, a partire dal suo cavallo di battaglia «Tutti frutti» sino a «Long tall Sally», «Slippin' and slidin'», rip it up, «Lucille», «Good golly miss Molly».

    little richard little richard

     

    James Brown lo riteneva il suo idolo perché, spiegava, era stato il primo a mischiare il funk con il rock and roll negli anni cinquanta. Otis Redding gli riconosceva un ruolo da padrino del soul, per Ray Charles era «un uomo che diede inizio a un genere di musica che gettò le basi per molto di quello che venne in seguito», per Bob Diddley «un genio dello show business unico nel suo genere».

    Little Richards Little Richards

     

    Idolatrato anche da Paul McCartney e Mick Jagger, come da Bob Dylan che negli anni scolastici dichiarò di sognare di entrare nel suo gruppo, e da Jimi Hendrix, che dichiarò: «Voglio riuscire a fare con la mia chitarra quello che Little Richard fa con la sua voce».

     

     

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    ESISTE UN PERFORMER PIÙ “QUEER” DI LITTLE RICHARD?

    Claudia Perry per “Medium” - https://medium.com/ - articolo del 27 luglio 2017

     

    La presenza “queer” nella musica pop è stata massiccia, anche se il pubblico etero non è stato in grado di coglierla sempre. Da Little Richard alla “sissy bounce” di New Orleans, il “queer” continua a esistere, sia in classifica che nell’underground.

     

    CHUCK BERRY CHUCK BERRY

    Se scorrete www.queermusicheritage.com  scoprirete una sottocultura di uomini gay che fanno cover di canzoni che negli anni Sessanta erano cantate da gruppi di donne. La nascita del rock ‘n’ roll ha coinciso con la liberazione “queer”. Le due prime organizzazioni di genere (“Mattachine Society” e “Daughters of Bilitis”), risalgono proprio agli anni Cinquanta, e, all’epoca, la polizia era solita fare blitz nei bar e nei locali in cui si ballava.

     

    lesley gore lesley gore

    A New York era vietato danzare con una persona dello stesso sesso, e quando uscirono Little Richard e Chuck Berry, i genitori cominciarono a preoccuparsi per i loro ragazzi. Esiste un performer più “queer” di Little Richard? Usava trucchi, parrucche, ammiccava, si dimenava. Le parole originali di “Tutti Frutti” erano esplicite, si riferivano a sesso anale e “fruity” (si traduce “cosa da checca”) era un termine slang con cui al tempo ci si riferiva ai gay.

     

    Lesley Gore era lesbica e le sue famose “crying songs” scaturivano dall’impossibilità di esprimere il proprio orientamento sessuale. Fu la prima ad usare l’espressione femminista “You Don’t Own me”, ma le sue ascoltatrici erano convinte che lei cantasse di amori maschili. Brian Epstein, manager dei Beatles, era “queer” e “You’ve Got to Hide Your Love Away” fu per molti un inno di genere.

     

    bowie bowie

    Nella compilation di Jon Savage “From the Closet to the Charts: Queer Music 1961–1978”, c’è tutto ciò che è sfuggito all’audience disattento, da “Do you come here often” dei Tornados a “See My Friends” dei Kinks. Savage ha anche scoperto una etichetta gay californiana di nome “Camp” che aveva per slogan: “Più selvaggi, più pazzi e più gay dell’acconciatura dei Beatles!”.

     

    Gli artisti sono rimasti anonimi ma le canzoni parlavano di rimorchio, di incontri sessuali e di arresti. Se si facevano simili dischi, significa che c’erano degli acquirenti. Nello stesso periodo i dischi della drag queen Jose venivano spacciati agli etero come materiale da “party”.

     

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    Dopo i moti di Stonewall, i queer erano ovunque. David Bowie si era dichiarato bisessuale e così aveva fatto Elton John, prima di identificarsi come totalmente omosessuale. Il Glam rock era un paradiso, Marc Bolan era un’ispirazione sul palco e “The Rocky Horror Picture Show” una rivelazione. Anche se non potevi vestirti come loro a casa o a scuola, era di conforto vedere qualcuno che ti rappresentava e che aveva successo.

     

    C’erano già state artiste donne “queer” (le folk singers Holly Near e Ferron per esempio), ma furono le incredibili Fanny, band tutta al femminile, a tirare fuori l’energia sessuale che il rock richiedeva. Senza loro, non sarebbero seguite le altre che conosciamo (vedi Beth Ditto dei Gossip). Anche la disco era multirazziale e pansessuale. Sylvester era imbattibile, mentre i Village People, con “YMCA” funzionavano più con il pubblico etero che con la vera cultura disco-queer.

    tim curry tim curry

     

    Nei Settanta, Savage segnalava due pezzi R&B assolutamente pro-queer: “Closet Queen” di Chairmen of the Board e “Ain’t Nobody Straight in L.A.” dei Miracles. Il punk era altrettanto pro-queer, basti pensare ai travestimenti e all’ambiguità sessuale dei New York Dolls, a brani come “Oh bondage Up Yours!” di X-Ray Spex o “Sing If You’re Glad to be gay” della Tom Robinson Band.

     

    Il punk rock è un altro ambito seguito dagli etero che non si erano accorti di nulla. Il post-punk? Trucco per tutti: Culture Club, Frankie Goes to Hollywood, Bronski Beat, The Smiths. Il punk americano era un po’ più mascolino con i  Ramones e misterioso coi Velvet Underground.

    locandina rocky horror picture show locandina rocky horror picture show

     

    Intanto i Queen stavano per diventare la più grande band del pianeta. Che Freddie Mercury fosse “queer” si vedeva lontano un miglio, anche se lui si dichiarò solo il giorno prima di morire di AIDS, nel 1991. Molti etero rimasero sorpresi. Poi, ovviamente, c’era Prince che si presentava sessualmente ambiguo e, negli anni Ottanta, Melissa Etheridge divenne una star. Nessuno si chiedeva come mai le sue canzoni d’amore non avessero mai un pronome specifico. I “queer” se lo chiedevano.

     

    FREDDIE MERCURY FREDDIE MERCURY

    Negli anni duemila, qualcuno ha fatto coming out per reinventarsi, altri non lo hanno fatto. Non avevano la spada di Damocle dell’AIDS che gli pendeva sulla testa come era capitato agli artisti degli anni ’80. E in genere, che lo dichiarino o lo lascino intuire, si tratta di bianchi esponenti del mondo pop-rock.

     

    Che succede se sei nero e fai hip-hop? Avrai qualche problema con gente sessista e razzista come Eminem. Frank Ocean ha fatto del suo meglio, pubblicando nel 2013 “Channel Orange”, un disco che raccontava il suo amore per un uomo. E non è un artista underground.

    MICHAEL JACKSON FREDDY MERCURY MICHAEL JACKSON FREDDY MERCURY

    Little Richards Little Richards Little Richards Little Richards Little Richards Little Richards

     

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