1. IL "RAGIONIERE" CON IL MASTER IN TASCA CHE SA DIRE NO A MINISTRI E BOIARDI
Giuseppe Salvaggiulo per ''La Stampa''
Nonostante la laurea in giurisprudenza, il master in organizzazione aziendale, la docenza alla Sapienza e il lavoro alla Corte dei conti, «mi sento sempre un ragioniere», si schermisce con gli amici Mauro Nori.
Romano, ex rugbista di buon livello, dell' istituto previdenziale conosce praticamente tutto, essendoci entrato per concorso 25 anni fa e avendo ricoperto incarichi in ogni ambito: area contributi e vigilanza, servizio controllo interno, ufficio di presidenza del consiglio di indirizzo, rapporti internazionali, flussi migratori, risorse umane.
MAURO NORI
Fino alla direzione generale nel 2010, in cui si è rivelato tutt' altro che uno yesman.
Nominato da Maurizio Sacconi, all' epoca ministro del Welfare, si scontrò a viso aperto con Antonio Mastrapasqua, all' epoca il più potente boiardo di Stato: presidente dell' Inps per sei anni, unico votato all' unanimità da entrambe le commissioni parlamentari, prima dell' arresto Mastrapasqua era stato contemporaneamente collettore di incarichi in 54 società.
Durante l' incorporazione di Inpdap ed Enpals, Nori riscontrò una sensibile differenza di costo nella gestione degli immobili, affidata ai grandi gruppi privati poi finiti nel ciclone Consip. Nonostante le sollecitazioni, rifiutò di rinnovare i contratti automaticamente, come avveniva da più di un decennio. Portò le carte in Procura e bandì nuovi appalti.
TITO BOERI
Nel 2011 collaborò con il ministro Elsa Fornero alla riforma delle pensioni. Ma tra i due ci furono tensioni quando scoppiò il caso degli esodati. La Fornero scaricò la responsabilità sull' Inps. Il 12 giugno 2012, dopo una turbolenta riunione di due ore, vergò un comunicato di fuoco, accusando i vertici di «giocare al massacro» e chiedendone la testa. In realtà il ministro conosceva da tempo i dati. Ma Nori non volle difendersi pubblicamente e continuò a lavorare con la Fornero sulle salvaguardie per gli esodati.
Un profilo non diverso da quello scelto nel 2015 con Tito Boeri. L' economista bocconiano si era appena insediato e Nori, prossimo alla scadenza, mise il suo mandato a disposizione del nuovo presidente. Il quale in privato gli assicurò la riconferma, salvo comunicarne pubblicamente la rimozione. Nori restò senza incarico e con lo stipendio decurtato, subendo «angherie e soprusi» nell' ambito di una «vicenda incresciosa» conclusa solo nel 2018, dopo il ricorso alle vie legali, con il riconoscimento di 42.000 euro di retribuzioni arretrate, compreso un premio di risultato.
Nel frattempo, Nori era stato nominato (promoveatur ut amoveatur) giudice della Corte dei conti dal governo Renzi. Attualmente è consigliere della sezione di controllo della Toscana. L' anno scorso Giovanni Tria l' ha chiamato al ministero dell' Economia come consulente legislativo, stipendio 19.200 euro l' anno.
mauro nori inps
I leghisti lo conoscevano dai tempi dell' Inps, la fiducia non è mai mancata. Con i grillini - in particolare con la viceministro Laura Castelli - si è consolidata negli ultimi mesi.
Nori ha contribuito a elaborare la riforma delle pensioni «quota 100» nelle sue diverse versioni - età, contributi, costi per il sistema - modificata nel tempo per renderla compatibile con gli obiettivi di deficit pubblico concordati con l' Ue.
Poi ha collaborato alla definizione del reddito di cittadinanza, in particolare sugli aspetti più problematici come l' attribuzione agli stranieri.
E quando alcune sue proposte non sono state accolte, ai collaboratori che se ne dolevano ha spiegato che il compito dei tecnici è studiare le ipotesi, ma solo ai politici spetta scegliere quella che ritengono più consona agli obiettivi da loro definiti. «Col tempo - è solito dire - ho capito il senso di una frase di Cossiga ai tempi di Mani Pulite: Di Pietro fa politica anche se non lo sa. Vale per chiunque abbia incarichi pubblici, tanto più se con grande visibilità».
elsa fornero con daniela poggi al film sugli esodati
Certo all' Inps non avrebbe lo stile interventista e «politico» di alcuni suoi predecessori, Boeri in primis. Sia leghisti che grillini raccontano che, sondato per la disponibilità, ha posto un' unica condizione: una nomina istituzionale e non partigiana, «altrimenti io un lavoro ce l' ho».
2. BOERI: ECCO PERCHÉ NON HO VOLUTO CONFERMARE NORI COME DG DELL’INPS
Lettera di Tito Boeri a ''La Stampa''
Caro Direttore,
l’articolo sull’Inps di sabato 16 febbraio riporta diverse informazioni incomplete. Primo punto: non fu Mauro Nori a mettere a mia disposizione il suo mandato quando fui chiamato alla guida dell’Inps. Il suo contratto era stato prorogato e sarebbe scaduto nei giorni del mio insediamento. Fui io a chiedere al governo di darmi tempo per decidere se riconfermarlo o meno.
TITO BOERI MATTEO RENZI
Secondo: Nori fu informato da me personalmente sulle mie intenzioni di non chiederne la riconferma. Le ragioni? Seppur inizialmente fossi propenso ad avere lui come Direttore Generale per assicurare continuità gestionale, mentre mi preparavo al nuovo incarico ebbi l’impressione che mi nascondesse informazioni rilevanti sull’istituto. A posteriori ritengo che questa mia intuizione fosse fondata.
Durante la gestione Nori si sono registrate molte irregolarità nelle procedure d’appalto (segnalate dalla delibera 662 2018 dell’Anac), sono stati elargiti trattamenti di fine servizio nettamente superiori a quelli consentiti dalla legge (vicenda oggetto di segnalazione alla Corte dei Conti) e sono state create ben 48 posizioni dirigenziali, due terzi delle quali a Roma, sommando le figure apicali di Inps, Inpdap ed Enpals senza alcun tentativo di eliminare sovrapposizioni di funzioni e contenere le spese. Infine nel giudizio da lui intentato contro l’istituto per presunte «angherie e soprusi» Nori è risultato soccombente in giudizio.
Tito Boeri
giulia bongiorno claudio durigon matteo salvini massimo caravaglia conferenza stampa quota 100
3. CONTRO-REPLICA DE ''LA STAMPA''
La Stampa conferma l’esattezza e la correttezza delle informazioni contenute nell’articolo. Lo stesso Boeri, del resto, conferma quanto scritto: in un primo momento voleva confermare Mauro Nori come direttore generale, in seguito cambiò idea. Nella lettera alla Stampa spiega per la prima volta perché: “Ebbi l’impressione che mi nascondesse informazioni rilevanti sull’istituto. A posteriori ritengo che questa mia intuizione fosse fondata”. Una circostanza che, in assenza di dettagli (quali informazioni? Quali successive conferme?), non è possibile verificare. Dunque attiene all’esclusiva responsabilità di Boeri.
Le segnalazioni ad Autorità anticorruzione e Procura sugli appalti furono fatte dallo stesso Nori. Non risultano sanzioni a suo carico. I rilievi dell’Anac riguardano peraltro appalti di competenza di dirigenti, alcuni dei quali successivamente promossi in posizioni apicali. Nori aveva impugnato la nomina del suo successore Massimo Cioffi. Il tribunale ha dato ragione all’Inps e torto a Nori. L’Inps ha invece riconosciuto a Nori le retribuzioni arretrate, dopo quattro anni. Nel frattempo Cioffi, a fine 2016, si è dimesso dall’Inps per “i ricorrenti contrasti” con Boeri. Al suo posto Boeri ha nominato Gabriella Di Michele, già direttore regionale nel Lazio quando Nori era direttore generale dell’Istituto.
TITO BOERI
Il resto della lettera riguarda vicende di cui l’articolo non si occupava, ma conferma il contrasto Boeri-Nori. A beneficio dei lettori.
La controversia relativa ai trattamenti di fine servizio, su cui nel tempo l’Inps ha cambiato orientamento e lo stesso ministero deve ancora pronunciarsi, è all’esame della Procura regionale della Corte dei conti, che sta valutando atti sia di Nori che di Boeri. Al momento nessuna conclusione è stata comunicata. L’aumento delle posizioni dirigenziali nacque dall’incorporazione degli altri istituti previdenziali. Nori non licenziò né promosse alcun dirigente generale. Boeri contesta questa scelta.
matteo salvini conferenza stampa quota 100