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(di Marina Perna) (ANSA) La sua politica estera è passata alle cronache come 'La diplomazia del cucù', complice quello scherzetto ad Angela Merkel a Trieste per un bilaterale nel 2008. Ma i quasi 30 anni di Silvio Berlusconi sulla scena internazionale sono stati molto di più. E anche se tanti, tra i suoi detrattori, lo ricordano per le corna nelle photo opportunity, le barzellette, i 'Mr Obamaaaa...' con la regina, i weekend con Putin e i sorrisi di sberleffo che gli riservarono Frau Angela e l'amico-nemico Sarkozy, il Cavaliere ha dettato una linea. Fatta soprattutto di rapporti d'amicizia non solo istituzionali ma anche personali con diversi leader mondiali, da George W. Bush a Gheddafi.
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E soprattutto con Vladimir Putin, quell'amico da sempre e di sempre che ha fatto fatica a criticare anche di fronte all'invasione ucraina: ha condannato la guerra ma è finito in una bufera quando, era l'ottobre scorso, in un discorso con i parlamentari di Forza Italia ha dato la sua versione. Giustificando, in qualche modo, l'amico Volodia che "non voleva la guerra" e tirando in ballo gli strappi, secondo lui, compiuti negli anni da Kiev. Non senza nascondere la delusione per quel telefono rimasto muto quando provò a chiamare lo zar poche ore dopo l'invasione. Una delusione archiviata con l'annuncio di aver riallacciato i rapporti, con tanto di scambio di "affettuose" letterine e casse di vodka e Lambrusco.
L'amicizia con Putin ha comunque contribuito alla sua politica estera e a quello 'spirito di Pratica di Mare' che lo vide protagonista della storica mediazione tra Washington e Mosca per l'avvicinamento della Russia alla Nato. Altri tempi e uno scenario lontano anni luce da quello odierno, che però gli fecero segnare punti importanti. Come la questione georgiana in cui anche la sua mediazione con W. Bush da un lato e Putin dall'altro, contribuì a scongiurare una pericolosissima escalation. Si è sempre mosso con un occhio attento a Mosca (e al suo potenziale energetico), uno strettissimo legame con l'America di Bush e il Nord Africa precedente alle primavere arabe.
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Molto contestato fu il rapporto con la Libia del colonnello, così come le sue relazioni - sempre 'personali' - con rais del calibro dell'egiziano Mubarack o del tunisino Ben Alì. Con Gheddafi, Berlusconi firmò lo storico trattato di Amicizia chiudendo dopo 70 anni le ferite dell'occupazione coloniale italiana: un accordo che prevedeva il versamento di 5 miliardi di dollari di compensazione a fronte dell'impegno di Tripoli a fermare l'immigrazione e dare spazio alle imprese italiane. Una mossa antesignana di quegli accordi, invocati ancora oggi, di sostegno ai Paesi di origine per fermare i flussi.
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Berlusconi nelle lunghe attese nelle tende (anche quella che il colonnello piantò a Roma) si annoiava ma Gheddafi era sempre nella sua agenda. Lo volle al G8 dell'Aquila, dove contribuì alla prima storica stretta di mano tra un presidente Usa in carica, Barack Obama, ed il rais libico. E cercò di contrastare - senza riuscirvi anche per problemi di politica interna - la missione francese in Libia. Ben più complessi invece sono stati i rapporti con l'Unione europea.
Ad esempio con Sarkozy, con il quale non è mai andato d'accordo. Lo chiamava, in privato, 'il mio avvocato' (Sarkò anni prima di arrivare all'Eliseo seguì, per lo studio Bernheim, un'acquisizione di Fininvest). E di certo l'epilogo del suo governo che lo vide in totale rotta di collisione con l'Europa gli bruciò molto. Proprio per quei sorrisini del duo Sarkozy-Merkel: era l'ottobre del 2011, lo spread dei titoli italiani era alle stelle e nel giorno in cui l'Ue raccomandò all'Italia di fare i compiti a casa obbligandolo a tornare con una 'lettera' di impegni sulle sue riforme, la Merkel e Sarkozy risposero con un sogghigno malevolo a chi gli chiedeva se si sentissero rassicurati da Berlusconi.
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LO SPIRITO DI PRATICA DI MARE
La fine della Guerra Fredda, la nuova Russia dalle ceneri dell'Unione Sovietica, la guerra al terrorismo, i conflitti in Afghanistan e Iraq, l'allargamento dell'Unione europea e della Nato, l'attacco alla Georgia, le prime grandi crisi sistemiche, e, all'orizzonte, la Primavera araba e le rivolte nella sponda sud del Mediterraneo.
La politica estera di Silvio Berlusconi, fatta di alleanze strategiche ma anche di legami eminentemente personali, si è inserita in un contesto di grandi cambiamenti geopolitici. Un continuo movimento tellurico che ha interessato l’estero vicino e quello lontano, e in cui l'Italia ha intessuto una trama diplomatica ancorata all'asse euro-atlantico ma con una certa propensione sia verso la sponda sud ed est del Mediterraneo sia con il dialogo con Mosca. Una scelta difficile e non priva di rischi, in cui Berlusconi, facendo leva sui rapporti tra blocchi e sulla sua personalità, ha inciso mettendo spesso in atto una politica eterodossa, ma non per questo estranea alle tradizionali alleanze e amicizie.
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L'amicizia con gli Stati Uniti
Tra queste ultime, centrale quella con gli Stati Uniti, con cui Berlusconi, "figlio" dell'Italia post-bellica e al governo in una fase caratterizzata dalla visione unipolare Usa nel mondo, è sempre stato profondamente legato. Una strada che, a differenza di quanto accade oggi in Europa dopo l'invasione russa dell'Ucraina, non appariva così semplice e scontata. Tra gli Anni Novanta e i primi Duemila, il Vecchio Continente era contraddistinto da posizioni critiche riguardo la politica estera atlantica, e questo si vedeva soprattutto ad altissimo livello.
Era un'epoca in cui i leader di Francia, Germania e Spagna, da sinistra, criticavano con toni aspri le mosse di Washington, puntando spesso su una via anche di opposizione a certe dinamiche. Berlusconi, legato dall'amicizia con George W. Bush ma non solo, fu un fermo sostenitore della postura atlantica dell'Italia, al punto che il Paese fu in prima linea nelle missioni in Afghanistan e Iraq, diventando centrale anche nel sistema della Nato.
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Il Cavaliere, a conferma di questa sinergia, fu ricevuto al Congresso degli Stati Uniti per parlare di fronte ai rappresentanti Usa in sessione plenaria. E questo atto, insieme ai vari attestati ricevuti sia da parte repubblicana che democratica, ha confermato un legame solido. E questo nonostante la sua politica estera fosse spesso diversa da quella voluta da alcuni apparati Usa, spesso perplessi dall’agenda berlusconiana e dalle modalità con cui ciò avveniva.
Il sogno (sfumato) di integrare la Russia nell'Occidente
A questo proposito, fondamentali furono i rapporti con la Russia. Criticato per l'amicizia costruita negli anni dei suoi esecutivi con il presidente Vladimir Putin, Berlusconi, sin dalla sua prima esperienza di governo, ha perorato la causa dell'apertura dell'Occidente verso Mosca.
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Nel solco di una tradizione iniziata dalla Prima Repubblica e confermata anche dai governi con cui si è alternato di diversi colori politici, il leader di Forza Italia ha sostenuto i legami tra Italia e Russia promuovendo accordi sul fronte energetico (tra cui il sogno infranto del gasdotto South Stream) e rilanciando partnership di natura commerciale tra aziende di entrambi i Paesi.
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Un rapporto che, come preventivabile, ha spesso impensierito Washington e gli alleati Nato più intransigenti, ma che non ha mai fatto venire meno l'asse con gli Stati Uniti. Questo è potuto avvenire anche perché questa tendenza a volere portare Mosca verso ovest andava di pari passo con le aperture di credito fatte dalla maggior parte delle potenze Ue verso il Cremlino, a cominciare da quella tedesca prima con Gerard Schroeder e poi con Angela Merkel. E perché anche Putin - poi anche Dmitri Mevdeved - sembrava ancora affascinato dalle sirene occidentali nella sua prima fase di potere.
berlusconi george w.bush silvio berlusconi e vladimir putin con le mogli ljudmila e veronica lario a sochi, nel 2005 famiglia berlusconi con ljudmila putin berlusconi putin george w.bush PAOLO SCARONI - SILVIO BERLUSCONI - ALEXEY MILLER - VLADIMIR PUTIN putin berlusconi berlusconi putin PUTIN BERLUSCONI