Marco Bresolin per “la Stampa”
ORBAN VON DER LEYEN
Si chiama "Druzhba", che in russo vuol dire "amicizia". Ma nelle ultime ore è diventato il principale terreno di scontro tra i Paesi europei. È l'oleodotto che ogni giorno porta in Europa 750 mila barili di petrolio dalla Russia e che potrebbe essere esentato dall'embargo Ue per ottenere il via libera dell'Ungheria al sesto pacchetto di sanzioni.
Nella giornata di ieri c'è stata un'intensa girandola di incontri tra le delegazioni degli Stati membri per trovare una soluzione in vista del Consiglio europeo di lunedì e martedì, ma restano ancora molti ostacoli da superare per vincere lo scetticismo di chi crede che non sia questa la giusta strada da seguire. Il motivo è che alcuni Paesi si troverebbero avvantaggiati rispetto agli altri, dato che avrebbero a disposizione del greggio a costi inferiori. Per questo l'opzione più quotata al momento prevede di concedere un'esenzione temporanea dall'embargo soltanto a Budapest, che però non potrebbe rivendere il petrolio ad altri Paesi Ue.
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Ursula von der Leyen insiste nel voler portare avanti il negoziato con Budapest. La presidente della Commissione preferirebbe evitare lo smembramento del pacchetto di sanzioni messo a punto dal suo gabinetto ed è convinta che una soluzione sia ancora possibile. Il suo ragionamento è grossomodo il seguente: non c'è alcuna fretta di chiudere, visto che l'embargo non entrerebbe comunque in vigore prima della fine dell'anno. Ma dalla parte opposta di rue de la Loi, dove c'è la sede del Consiglio, in molti stanno perdendo la pazienza. È così - sotto l'egida di Charles Michel - sono partiti i negoziati tra i governi per trovare una soluzione in vista del summit. Si vuole evitare di arrivare al vertice senza lo straccio di un accordo.
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C'è tempo fino a domani per trovare un'intesa e al momento sono tre le opzioni sul tavolo. La prima, considerata la preferita, prevede una deroga "temporanea" per l'Ungheria. L'embargo petrolifero sarebbe adottato da tutti gli altri 26 Paesi e verrebbe congelato per Budapest, in attesa di chiudere l'accordo con la Commissione sulle tempistiche e sui finanziamenti necessari per uscire dalla dipendenza dal greggio di Mosca. I fondi proposti da Bruxelles nel quadro di RePowerEU per riconvertire le raffinerie e per prolungare l'oleodotto che arriva dalla Croazia saranno distribuiti attraverso il Recovery Plan, ma il problema è che quello ungherese non è stato ancora approvato a causa dello scontro sullo Stato di diritto.
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Per questo, prima di dare il suo ok alle sanzioni, Viktor Orban vuole avere la garanzia di poter mettere la mano sui fondi.
L'altra ipotesi prevede un'esenzione per tutto il petrolio importato dalla Russia via oleodotto. La deroga riguarderebbe la conduttura "Druzhba", che ogni giorno porta in Europa 750 mila barili, circa un terzo di quello acquistato dalla Russia. L'oleodotto - che attraversa la Bielorussia - si divide poi in due tronconi: quello settentrionale prosegue verso Polonia e Germania, mentre quello meridionale attraversa l'Ucraina e poi fornisce Ungheria, Slovacchia e Repubblica Ceca.
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L'embargo sarebbe dunque limitato al petrolio che arriva via nave (1,5 milioni di barili al giorno). Questa soluzione scatenerebbe però una concorrenza sleale, visto che le raffinerie di quei Paesi avrebbero a disposizione il combustibile a un prezzo più basso rispetto agli altri. Per questo resta sul tavolo una terza opzione: mettere in stand-by tutto il capitolo petrolio e approvare il resto del pacchetto che include la disconnessione di Sberbank da Swift, l'oscuramento di alcune reti televisive russe e l'inserimento di una serie di personalità nella lista delle sanzioni. -