Francesco Bonazzi per “la Verità”
Il nuovo corso Gedi, quello targato Agnelli-Elkann, parte con una pesante svalutazione delle testate, a cominciare da Repubblica e Stampa e affossa i dati del primo trimestre 2020. Una pulizia di bilancio fatta secondo le scrupolose regole di un gruppo quotato in Borsa, ma che di fatto consente al management di affrontare il duro confronto con i giornalisti con la pistola sul tavolo dei «conti in rosso». E di presentarsi anche al governo, che ha in mano i cordoni della borsa sulle ristrutturazioni aziendali, senza fare come in passato, quando quasi tutti gli editori hanno ottenuto cassa integrazione e prepensionamenti quasi a gettone, pur continuando a distribuire utili.
JOHN ELKANN CON LA STAMPA
La maxi svalutazione degli avviamenti, che nel caso dei gruppi editoriali non televisivi coincidono in massima parte con il valore delle testate, era contenuta nelle pieghe della trimestrale Gedi presentata al mercato martedì scorso. La prima dopo che la Exor di John Elkann e parentado vario ha preso il pieno controllo del gruppo, rilevando il 43% dalla Cir della famiglia De Benedetti. Nei primi tre mesi del 2020, Gedi ha registrato una perdita operativa consolidata di 67 milioni di euro, ma ne avrebbe persi solo 8,1 (rispetto a un utile di 1,5 milioni del primo trimestre 2019) se non avesse proceduto a svalutazioni per 58,9 milioni di euro.
JOHN ELKANN MAURIZIO MOLINARI
Una discreta mazzata, che riguarda per oltre 34,6 milioni Repubblica e per 24,3 milioni Gnn, ovvero il network dei giornali locali come Stampa, Secolo XIX, Tirreno, Piccolo e un' altra decina di testate.
Nella nota ufficiale, Gedi spiega che le svalutazioni «sono state effettuate per allineare i valori contabili di ciascuna Cgu (unità operativa, ndr) al valore recuperabile di riferimento determinato sulla base dei flussi di cassa dell' ultimo business plan approvato, adattati per riflettere alcuni scenari di possibile evoluzione della pandemia e dei suoi effetti sull' evoluzione del Pil italiano, e conseguentemente sugli investimenti pubblicitari, pesati in base al grado di probabilità».
Un ventaglio di ragioni piuttosto eterogeneo, ma che ovviamente non comprende la ragione più scontata, ovvero che alla vigilia di probabili tagli (ci sono 120 esuberi tra i poligrafici e si parla di 150 giornalisti a Repubblica) e di aiuti di settore dal governo tanto vale «drammatizzare» un po' la situazione e fare pulizie di bilancio. A maggior ragione quando c' è un nuovo corso.
Fonti vicine a Gedi, tuttavia, respingono questa interpretazione e ricordano che c' erano già state altre svalutazioni nell' ultimo biennio e che il gruppo è comunque molto focalizzato sull' ampliamento dei ricavi con il digitale.
Ma sempre a margine della trimestrale, Gedi prevede un 2020 agro un po' per tutti.
repubblica stampa
«In un contesto di visibilità estremamente ridotta», si legge nella nota, «alcuni dei principali operatori del settore prevedono che nel 2020 il mercato della raccolta pubblicitaria possa subire un calo tra il 15% e il 19%, in funzione di diversi scenari sugli effetti del Covid-19». Era dal 2012, che la situazione non era così grave per la raccolta.