Felice Cavallaro per il “Corriere della Sera”
Renato Schifani
Più che esultare, sorride composto, a modo suo, toni sempre pacati, il nuovo presidente della Regione che ritorna nell'isola dopo avere guidato l'assemblea di Palazzo Madama.
Ce l'ha fatta Renato Schifani, forzista azzurro di lungo corso, a conquistare un solido 40 per cento (era al 39,2% con 2241 sezioni scrutinate su 5296) nella Sicilia dove il partito di Berlusconi ha spesso dominato senza mai aver avuto un governatore.
Eccolo ai microfoni, nel quartiere generale dell'Hotel des Palmes, all'imbrunire, quando ormai è certo del risultato, atteso mentre l'irrequieto outsider partito da Messina, il ciclone Cateno De Luca, minacciava di superarlo, infine fermo a un pur sorprendente 23,8 per cento.
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Nella Sicilia dove, come già cinque anni fa, vota meno di un elettore su due (48,62), c'è chi brinda e chi si lecca le ferite, come succede al Pd penalizzato da un insufficiente 17,9 per cento raccolto da Caterina Chinnici, seguita di poco dal candidato del M5S Nuccio Di Paola.
Dati che andranno analizzati per capire se il «tradimento» pentastellato, seguito alle primarie vinte dalla Chinnici, ha davvero cambiato il corso delle cose. Uno scontro che spacca la sinistra e anticipa i processi interni al Pd dove ieri è ricomparso anche l'ex sindaco di Palermo Leoluca Orlando, tessera ancora da rinnovare, parlando di «una perfetta tempesta» provocata da «una soffocante consorteria di correnti» in un partito dove coglie «limiti, soffocante autoreferenzialità ed errori di suoi dirigenti nazionali, regionali e locali».
silvio berlusconi renato schifani
Pensa invece al suo «governo delle competenze» Schifani, che si affretta a ringraziare, sin dalle prime battute, non solo «Berlusconi, Giorgia Meloni e Salvini» ma anche «Raffaele Lombardo, Saverio Romano e Totò Cuffaro». Cioè i maggiorenti locali di una coalizione che l'eletto immagina molto ampia «per assicurare stabilità di azione legislativa e rafforzare l'azione di governo».
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Questo richiamo non piacerà ai grillini che hanno applaudito la scorsa settimana Conte quando salutava le sue folle a Palermo e Catania accanto al magistrato in pensione Roberto Scarpinato, eletto in Parlamento. Ma Schifani non sembra curarsene. Certo di una sintonia fra i governi di Palermo e Roma. Per fare cosa? «Intanto, il Ponte sullo Stretto, lo vogliamo tutti nel centro destra».
PROGETTO DEL PONTE SULLO STRETTO DI MESSINA
Il rischio mafia-appalti? Ecco la risposta contro le possibili infiltrazioni mafiose: «Un comitato di ex magistrati ed ex componenti delle forze dell'ordine per monitorare l'uso dei fondi del Pnrr». Mentre Schifani è già proiettato verso la composizione della giunta, anche in Forza Italia serpeggiano amarezze.
Del ciclone De Luca e della ripresa grillina hanno fatto le spese alcune eccellenti bocciature. A cominciare da Stefania Prestigiacomo che il plenipotenziario di Berlusconi nell'isola, Gianfranco Micciché, avrebbe voluto fare subentrare all'uscente governatore Musumeci. Bocciata prima da Giorgia Meloni e Ignazio La Russa. Adesso dal voto. Fuori dal Parlamento. Come Matilde Siracusano a Messina e Gabriella Giammanco a Palermo. Mentre ce la fanno la fidanzata del cavaliere, Marta Fascina, e Stefania Craxi.
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Di qui una recriminazione sulle «catapultate» da parte di Micicché: La Sicilia paga come sempre un alto prezzo, anche dentro Forza Italia, pur essendo la regione che supporta meglio gli esiti elettorali. Sì, la Sicilia è granaio di voti. Di voti nostri. E
d è un granaio di eletti. Di eletti degli altri. La Sicilia viene considerata quando c'è da raccogliere. Nessuna polemica. La cosa però non ci piace. Importante è la vitalità del partito, ma se il partito in Sicilia avesse di più, sarebbe meglio per tutti e avremmo anche più voti».
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Si intravedono fibrillazioni in vista dell'assetto di governo, come accadde per Musumeci, frattanto eletto al Senato, e indicato dallo stesso Schifani alla MaratonaMentana de La7 , in risposta a una domanda di Paolo Mieli, «come possibile raccordo fra i governi regionale e nazionale».
Come dire, un ruolo di governo per i problemi del Sud: «Non spetta a me dire se ministro, viceministro o sottosegretario...». Indicazione che potrebbe, forse, superare le frizioni registrate tra Musumeci e Micciché. O accenderne qualcuna fra quest' ultimo e il nuovo governatore.
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