1 - CONSIP, LOTTI IN AULA: "ME NE OCCUPAVO SU DELEGA DI RENZI"
Valeria Pacelli per il “Fatto quotidiano”
luigi marroni
"Parlavo con Marroni perché da sottosegretario, ancorché non fosse una mia delega, ero informalmente preposto a intrattenere rapporti tra la Presidenza del Consiglio e le partecipate dello Stato, anche Consip". Così, in sostanza, l' ex sottosegretario Luca Lotti - durante l' interrogatorio reso ieri nell' udienza preliminare - spiega il motivo dei suoi incontri con Luigi Marroni, l' ex amministratore delegato della centrale acquisti, il manager che con le sue dichiarazioni ha reso l' ex ministro un imputato a Roma. Favoreggiamento è il reato contestato a Lotti dai pm di Roma, che ieri hanno ribadito: l' ex sottosegretario deve andare a processo.
Ma con un avvertimento: "Qui si parla solo di Consip".
L' avviso del pm Mario Palazzi è chiaro: in questo procedimento non deve entrare altro. E il riferimento è al terremoto che ha creato l' inchiesta della Procura di Perugia nel Consiglio superiore della magistratura. Quella in cui è finito nelle intercettazioni (ma non da indagato) anche Lotti, mentre discuteva della nomina del futuro procuratore capo di Roma con il parlamentare dem Cosimo Ferri e il pm Luca Palamara. Non solo: perché dalle intercettazioni viene fuori come Lotti sapesse di un esposto contro Paolo Ielo, il pm romano finito poi nel mirino di alcuni che volevano usare proprio quell' esposto per screditarlo. E Ielo (che ieri non era in aula) con Palazzi sostiene l' accusa nel procedimento Consip.
luca lotti esce dal tribunale di roma dopo l'udienza preliminare sul caso consip 7
In ogni modo, quando esce dall' aula, ai giornalisti Lotti dice: "Non mettevo bocca sulle nomine nelle Procure. Ho letto sui giornali che c' erano relazioni con la Procura di Roma, ma queste non ci sono mai state, tanto è vero che la richiesta di rinvio a giudizio nei miei confronti è stata fatta".
Ma questa è una questione che deve rimanere fuori dagli affari della Procura capitolina, dove si discute della fuga di notizie arrivata nel 2016 alle orecchie di Marroni. Come in passato ieri Lotti ha ribadito la propria estraneità e stavolta deve convincere il giudice Clementina Forleo che il 16 ottobre deciderà se condividere l' impostazione dei pm romani.
Chi lo ha tira in ballo è Marroni, che il 20 dicembre 2016 davanti ai pm napoletani dice: "Ho appreso in quattro differenti occasioni, da Filippo Vannoni (presidente della fiorentina Publiacqua, ndr), dal generale Saltalamacchia, dal presidente di Consip Luigi Ferrara e da Luca Lotti di essere intercettato". Ferrara a detta di Marroni, gli disse di averlo saputo dall' ex Comandante generale dei carabinieri Tullio Del Sette.
MARIA ELENA BOSCHI E LUCA LOTTI
Lotti ieri in aula ha quindi ribadito: non poteva dire nulla a Marroni perché nulla sapeva.
Dice di aver appreso di un' indagine napoletana sugli appalti Consip solo il 21 dicembre 2016 quando Il Fatto rivela l' esistenza dell' inchiesta su Romeo e cita anche Carlo Russo, l' amico di Tiziano Renzi (per il padre dell' ex premier inizialmente indagato per traffico di influenze c' è stata un richiesta di archiviazione). È sempre Il Fatto che il 23 dicembre 2016 rivela l' iscrizione di Lotti nel registro degli indagati per favoreggiamento e rivelazione di segreto (per questo reato è stata chiesta l' archiviazione).
lotti durante la mozione di sfiducia
In aula quindi l' ex ministro spiega di aver visto Marroni due volte nel 2016, a gennaio e poi il 3 agosto. Erano incontri, si difende, finalizzati a capire l' andamento di Consip, la cui gestione in quel momento infatti veniva applaudita dai renziani per gli ottimi risultati ottenuti con la spending review. Solo di questo, dice, ha parlato con Marroni. E lo ha ribadito anche quando in aula è iniziato un botta e risposta con il pm Palazzi sul luogo di incontro del 3 agosto con Marroni.
Alfredo Romeo 3
Per la Procura l' accesso è avvenuto presso la sede di Largo Chigi (e sono stati depositati accertamenti per dimostrarlo), per Lotti invece a Palazzo Chigi. Ma perchè Marroni avrebbe dovuto tirare in ballo l' ex sottosegretario, si domandano ieri in aula. "Sono due anni e mezzo che me lo chiedo", dice Lotti, ricordando anche come lui in passato non fosse stato molto d' accordo con la sua nomina in Consip.
Con Lotti, ieri il pm Palazzi ha ribadito la sua richiesta di rinvio a giudizio anche per il generale Emanuele Saltalamacchia (accusato di favoreggiamento) e per l' ex comandante generale dei carabinieri Tullio Del Sette (imputato anche di rivelazione di segreto). A processo, per l' accusa, deve andare anche Gianpaolo Scafarto, il maggiore del Noe, accusato di aver falsificato un capitolo di un' informativa dei carabinieri nella parte che riguardava Tiziano Renzi, ma anche di depistaggio e rivelazione di segreto.
2 - LOTTI NEGA LE FUGHE DI NOTIZIE SPUNTANO NUOVE CENE CON I PM
G. Ama. per “la Verità”
saltalamacchia nardella
Durante l' udienza preliminare di ieri, davanti al gup Clementina Forleo, il deputato pd Luca Lotti, accusato di favoreggiamento nei confronti dell' ex amministratore delegato di Consip, Luigi Marroni, ha provato a vendere cara la pelle e uscendo dal tribunale ha anche detto la sua sulla vicenda dei discussi incontri notturni con i consiglieri del Csm: «Non mettevo bocca sulle nomine nelle Procure», si è difeso l' ex sottosegretario.
SALTALAMACCHIA RENZI
«Ho letto sui giornali che c' erano relazioni con la Procura di Roma, ma queste non ci sono mai state, tanto è vero che la richiesta di rinvio a giudizio nei miei confronti è stata fatta e abbiamo iniziato l' udienza preliminare. Ho già smentito nei giorni scorsi le ricostruzioni lette su questa vicenda: l' ho detto e scritto nei post in maniera chiara». Lasciando la cittadella giudiziaria, ha aggiunto: «Era dal dicembre del 2016 che attendevo questo momento.
Nella sede più opportuna, davanti ai magistrati, ho potuto chiarire la mia posizione».
Nella scorsa udienza, il 28 maggio, Lotti aveva chiesto di essere interrogato, dopo aver reso spontanee dichiarazioni nell' ormai lontano 27 dicembre 2016. E ieri, davanti alla Forleo, avrebbe «escluso categoricamente» di aver parlato dell' inchiesta con l' allora ad Marroni nel loro incontro del 3 agosto 2016, per un semplice motivo: «Non potevo riferire a Marroni ciò che non sapevo».
Infatti, a precisa domanda del gup, ha negato di essere stato, in quella data, a conoscenza dell' inchiesta della Procura di Napoli e ha spiegato di esserne venuto a conoscenza solo dopo gli articoli pubblicati dal Fatto Quotidiano nel dicembre 2016.
Peccato che a inizio novembre La Verità avesse già dato notizia di un' inchiesta partenopea che coinvolgeva Tiziano Renzi. Le nostre fonti erano interne al Giglio magico e Renzi senior aveva condiviso la notizia con le persone a lui più vicine.
lotti tiziano renzi
E tra questi c' era certamente Lotti, che con il babbo aveva frequenti incontri.
Lo scorso dicembre, a due anni esatti dall' iscrizione sul registro degli indagati, la Procura aveva chiesto il rinvio a giudizio dell' ex ministro e l' archiviazione per il reato di rivelazione di segreto d' ufficio. Ieri gli inquirenti hanno ribadito l' istanza di processo per l' ex ministro e i coindagati, tra cui l' ex comandante generale dei carabinieri Tullio Del Sette e il generale «renziano» Emanuele Saltalamacchia.
Ieri La Gazzetta del Mezzogiorno ha pubblicato un colloquio con l' imprenditore pugliese Flavio D' Introno, le cui dichiarazioni hanno portato all' arresto per corruzione in atti giudiziari dei pm pugliesi Michele Nardi e Antonio Savasta. L' uomo, a cui sarebbero stati estorti 2 milioni con la promessa di aggiustare i suoi processi, ha parlato di cene romane con Lotti, il deputato pd Cosimo Ferri, il pm Luca Palamara (indagato a Perugia per corruzione e coinvolto nell' affaire Csm) e altri magistrati a cui avrebbe partecipato insieme con le due toghe finite in carcere.
luca palamara
Lotti e Palamara hanno negato categoricamente di averlo mai incontrato. L' imprenditore con La Verità ha confermato la sua versione e ha annunciato che squadernerà le prove. Il suo avvocato, Vera Guelfi, ha spiegato: «Il mio assistito veniva coinvolto unicamente per il pagamento delle cene». Il povero D' Introno, insomma, non condivideva segreti, ma serviva solo da bancomat.