Carlo Bertini per “la Stampa”
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«Il problema di Zingaretti è che devi avere una strategia per andare a elezioni. Ed è un rischio lasciare aperto lo spazio al centro». Nel giardino delle terme Excelsior di Montecatini, alle spalle del salone del convegno che ospita la tre giorni della sua corrente Base riformista, Luca Lotti lancia un avvertimento politico a Nicola Zingaretti, mettendolo in guardia dall' effetto che potrebbe avere non parlare ai moderati, autorizzando a quello scopo liste satellite come quella proposta da Calenda. Ma lo fa con toni apparentemente non bellicosi perché «il segretario è stato eletto dalle primarie e sta facendo il suo lavoro».
zingaretti di maio
Dopo che sullo scandalo Csm ha già detto la sua l' altro ieri proclamandosi vittima di una «violenza privata», Lotti analizza così la situazione politica. L' ex braccio destro di Renzi, che da autosospeso dal Pd tiene le redini di una settantina di parlamentari, non è convinto che sia sbarrata del tutto la finestra del voto anticipato.
È come se mettesse in conto che si vada a votare, se non a settembre, magari a marzo. E boccia la tentazione di Zingaretti di confinare il Pd nel ruolo di partito di sinistra. Lotti non esclude affatto (magari con cognizione di causa) che qualcuno si muova per coprire quello spazio «enorme». Senza nominare il suo mentore Matteo Renzi, fa capire che se il Pd non gioca su tutto il terreno di centrosinistra e si schiaccia in una ridotta, aprendo subito le porte ai Cinque stelle, ci sarebbe un fuggifuggi delle sue truppe verso nuovi lidi.
CAMILLO D'ALESSANDRO
Dal palco lo dice chiaro e tondo un suo sodale, Camillo D' Alessandro, quando spiega la ragione sociale della corrente Base riformista: «Nasce per evitare che il Pd si svuoti, per evitare che si sfasci». Insomma per stoppare la scissione dei renziani. Che se non avranno cittadinanza in casa Dem emigreranno altrove. Ecco l' avviso a Zingaretti, che ha varato la nuova segreteria senza chiamare i seguaci dell' ex leader. Scelte simboliche, che pesano eccome giù per i rami in periferia.
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Renzi, Calenda o chi per loro, non importa chi siano i possibili generali di una forza liberal e moderata.
Viceversa, ed è l' altro "stratega" dei renziani Lorenzo Guerini a spiegare la svolta inedita, «noi battiamo sul tasto della vocazione maggioritaria perché bisogna puntare anche ai moderati senza chiudersi in un recinto». Tradotto, magari dopo il voto si può aprire un dialogo con i 5S da posizioni rovesciate. Una svolta non da poco. Che fa il paio con quanto vanno dicendo Gentiloni e compagni, quando puntualizzano che «in questa legislatura» non sono possibili alleanze con M5S.
europee 2019 nicola zingaretti e paolo gentiloni festeggiano il sorpasso del pd sul movimento 5 stelle con una foto sfocata
Ammettendo implicitamente che siano fattibili poi a urne chiuse da posizioni di forza. «Non si può dare l' immagine di un bipolarismo tra Salvini e il binomio Pd-M5S - avverte Guerini - perché il rischio è che nasca al centro una formazione nuova fatta magari da qualche nuovo leader, che a quel punto può diventare come Kadima in Israele». Ovvero la formazione che nel 2005, pescando a destra e a sinistra, vinse le elezioni da zero e andò al governo. «I nostri elettori li perdiamo se annunciamo ora un accordo con i grillini. Prima dobbiamo prendere più voti possibili, poi a urne chiuse si possono valutare eventuali alleanze».
Zingaretti e Gentiloni
Più prosaicamente c' è il problema di una agibilità politica dentro il Pd per i cultori del riformismo renziano, a rischio espulsione dalle future liste elettorali. Detto in parole povere, allo stato mancano garanzie di ricandidature della quota renziana nelle liste del Pd quando sarà il momento.
luca lotti raduna la corrente base riformista
«Qui celebriamo la fine del rischio scioglimento anticipato delle Camere» sintetizza con una battuta il costituzionalista deputato Stefano Ceccanti, tirando il fiato sul pericolo scampato di perdere lo scranno parlamentare.
orlando zingaretti