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    “CHI HA ORGANIZZATO SAPEVA CHE LA SICUREZZA NON ERA ADEGUATA” – ZAKIA SEDDIKI, LA MOGLIE DI LUCA ATTANASIO: “IL PAM NON HA FATTO QUELLO CHE VA FATTO PER UNA ZONA A RISCHIO. LUCA NON HA MAI VIAGGIATO SENZA PENSARE ALLA SICUREZZA. QUESTA VOLTA CI SIAMO FIDATI, TUTTI, DI UN'ISTITUZIONE COME L'ONU”” – LA DIFESA DEL PROGRAMMA ALIMENTARE MONDIALE: “LA STRADA ERA CONSIDERATA SICURA”. ALLORA PERCHÉ DIECI GIORNI PRIMA LA DELEGAZIONE DEL CONSIGLIO DI SICUREZZA DELL’ONU VIAGGIAVA CON I BLINDATI? – VIDEO: I FUNERALI A LIMBIATE


     
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    1 – LA DIFESA DEL PAM: LA STRADA ERA SICURA MA 10 GIORNI PRIMA L'ONU USÒ I BLINDATI

    Paolo Mastrolilli per “La Stampa”

    LUCA ATTANASIO LUCA ATTANASIO

     

    Il Programma alimentare mondiale si difende dalle accuse, dicendo che «la strada da Goma era considerata sicura per il viaggio al momento della missione» dell'ambasciatore italiano Attanasio, e quindi «la nostra valutazione è stata che non fosse necessaria una scorta armata o un veicolo blindato».

     

    Inoltre «la responsabilità in casi come questo è inevitabilmente condivisa», e quindi se lo ritenevano necessario, anche le autorità italiane e congolesi avrebbero dovuto fare di più per proteggere il convoglio. Solo dieci giorni prima, però, una delegazione del Consiglio di Sicurezza dell'Onu guidata dal diplomatico belga Axel Kenes aveva visitato le stesse zone, con una rete difensiva della missione Monusco assai più solida.

     

    ZAKIA SEDDIKI E LUCA ATTANASIO ZAKIA SEDDIKI E LUCA ATTANASIO

    Qualcuno quindi dovrà spiegare perché queste misure erano state giudicate necessarie per il viaggio avvenuto dall'11 al 13 febbraio, ma superflue per quello del 22, in cui invece è stato assalito il convoglio del Pam. Greg Barrow, vicedirettore della comunicazione del Programma alimentare mondiale, ha difeso così l'operato dell'organizzazione che ospitava Attanasio: «La strada da Goma era considerata sicura, se ci fosse stato qualche dubbio avremmo preso altre misure. I protocolli sono stati seguiti».

     

    CONGO - LA MORTE DI LUCA ATTANASIO E VITTORIO IACOVACCI CONGO - LA MORTE DI LUCA ATTANASIO E VITTORIO IACOVACCI

    Quindi ha aggiunto: «La nostra valutazione è stata che fosse "verde", e non fosse necessaria una scorta armata o un veicolo blindato». Nessuna spiegazione, però, su chi avesse classificato così la strada e perché, mentre le autorità congolesi l'avevano definita "gialla", ossia più pericolosa. Questo lo aveva determinato il Department of Safety and Security (DSS) dell'Onu, che sta conducendo una delle tre inchieste in corso, e dovrebbe dare le risposte entro il 9 marzo.

     

    ROCCO LEONE (SECONDO A SINISTRA) - FRANCO BORDIGNON - LUCA ATTANASIO - VITTORIO IACOVACCI ROCCO LEONE (SECONDO A SINISTRA) - FRANCO BORDIGNON - LUCA ATTANASIO - VITTORIO IACOVACCI

    Barrow poi ha spiegato: «La responsabilità in casi come questo è inevitabilmente condivisa. Non voglio puntare il dito contro il Congo, se sia responsabile della sicurezza all'interno dei suoi confini, o se sia primariamente responsabilità dell'Onu o del Pam, o di qualsiasi ospite che viaggi con il Pam. Questo è un giudizio che non sono in grado di formulare».

     

    Al Palazzo di Vetro però non manca chi approfondisce il senso di queste parole, ricordando ad esempio che quando l'ambasciatrice americana all'Onu Samantha Power aveva visitato le stesse regioni, gli Usa avevano ascoltato le raccomandazioni degli addetti alla sicurezza di Monusco, ma poi avevano mobilitato un imponente apparato nazionale per garantire una protezione aggiuntiva assai più solida.

     

    Informativa di Luigi Di Maio sulla morte di Attanasio e Iacovacci Informativa di Luigi Di Maio sulla morte di Attanasio e Iacovacci

    La domanda implicita, o lo scaricabarile, diventa quindi perché gli italiani non abbiano fatto altrettanto per Attanasio. O magari era stato lo stesso ambasciatore a non volere più difese, fidandosi della valutazione del DSS? Il problema si complica perché dall'11 al 13 febbraio una delegazione del Consiglio di Sicurezza aveva visitato le stesse zone, atterrando a Goma.

     

    Poi aveva visitato Virunga e proprio la regione di Rutshuru, dove era diretto Attanasio, fermandosi nella base dei caschi blu Monusco a Kiwanja. A guidarla era il diplomatico belga Axel Kenes, accompagnato dai direttori politici dei ministeri degli Esteri di Estonia e Irlanda, e da un funzionario dell'ambasciata della Norvegia a Kinshasa, aperta a fine gennaio.

     

    SELFIE DI LUCA ATTANASIO E LA MOGLIE SELFIE DI LUCA ATTANASIO E LA MOGLIE

    Forse Monusco in questo caso si era mobilitata perché le sue basi erano tappe della visita, oppure perché la rappresentanza del Consiglio di Sicurezza richiedeva più attenzione. Resta però da spiegare perché il 13 febbraio quel percorso meritasse più attenzione del 22. Anche la difesa del governo locale, secondo cui non era stato informato del viaggio di Attanasio e quindi non poteva proteggerlo, è crollata ieri.

     

    MUSTAPHA MILAMBO - AUTISTA DI LUCA ATTANASIO MUSTAPHA MILAMBO - AUTISTA DI LUCA ATTANASIO

    Infatti è stata pubblicata una nota verbale dell'ambasciata italiana a Kinshasa, datata 15 febbraio 2021, che avvertiva il ministero degli Esteri della Repubblica Democratica del Congo della visita. Questo rilancia anche i dubbi su quante persone fossero informate della missione, e quindi quante avrebbero potuto rivelarne i dettagli agli assalitori. Barrow ha detto che il viaggio era stato pianificato dall'anno scorso, ma tutto il possibile era stato fatto per evitare fughe di notizie.

    vittorio iacovacci vittorio iacovacci

     

    Il vicedirettore per il Congo del Pam, Rocco Leone, che era nel convoglio con Attanasio, ieri ha parlato attraverso un comunicato: «Non posso entrare nei dettagli dell'attacco, ma siamo pronti a dare tutte le informazioni e stiamo lavorando con tutti gli inquirenti». È necessario e urgente, per arrivare alla verità.

     

    3 – LA MOGLIE DELL'AMBASCIATORE: ALL'ITALIA SONO GRATA, PER LUI CHIEDO RISPETTO

    una foto di luca attanasio e la moglie una foto di luca attanasio e la moglie

    Maurizio Caprara per il “Corriere della Sera”

     

    «Chiedo di rispettare Luca», dice in questa intervista Zakia Seddiki, la moglie dell'ambasciatore Luca Attanasio ucciso lunedì scorso nella Repubblica Democratica del Congo.

     

    Di origini marocchine, fondatrice e presidente dell'organizzazione di volontari «Mama Sofia» che aiuta bambini e donne in difficoltà, parla come si esprime una persona gentile. Ferita nei sentimenti, ma che il dolore non trascina via da una natura garbata. Da lunedì scorso Zakia Seddiki sta attraversando giorni che hanno il peso di anni.

     

    luca attanasio con la moglie e le figlie luca attanasio con la moglie e le figlie

    Meno di una settimana fa la notizia dell'agguato al marito nel Nord Est del Paese africano, le incognite sul perché siano stati colpiti a morte con armi il suo uomo, il carabiniere Vittorio Iacovacci che lo accompagnava e l'autista Mustapha Milambo. Martedì un volo notturno in aereo da Kinshasa per Roma. Mercoledì la camera mortuaria. Giovedì i funerali di Stato, poi partenza per la Lombardia nella quale verrà sepolto l'ambasciatore. Improvvisa notorietà non cercata. Un affetto strappato.

     

    Che cosa sapeva del viaggio di suo marito nella zona di Goma, quasi 2.500 chilometri di distanza dall'ambasciata d'Italia a Kinshasa?

    «Luca è stato invitato dal Programma alimentare mondiale per una visita su un progetto del Pam per le scuole. Era previsto che organizzassero tutto loro. Ha domandato: "Chi si occupa della sicurezza e di tutto?". Hanno risposto: "Ci pensiamo noi alla sicurezza"».

    attanasio e la moglie attanasio e la moglie

     

    Invece è a Kinshasa che l'ambasciata dispone di due auto blindate. È così?

    «Sì, a Kinshasa ci sono scorta e macchine blindate. Per spostarsi, quindi, Luca ha dovuto porre la domanda: chi si occupa della sicurezza? Non è che il Pam sia una piccola organizzazione. Hanno detto ce ne occupiamo noi ed è giusto fidarsi di un'organizzazione così grande, soprattutto parlando di questo».

     

    Nel viaggio Luca Attanasio era scortato soltanto da Iacovacci. In genere in posti come quello della visita si va con giubbotti antiproiettile.

    «Sì, ma a Kinshasa abbiamo tutto. E Luca non ha mai fatto un passo fuori dalla residenza o dall'ambasciata senza la sua scorta e senza i controlli della sicurezza. Si è fidato».

     

    Che a occuparsi della sicurezza sarebbe stato il Pam gli era stato comunicato per telefono?

    «Sì. E l'ho sentito. Luca non ha mai viaggiato senza pensare alla sicurezza. Anche chi è nella scorta fa il proprio lavoro, contatta il posto, chiede informazioni. Erano sempre attenti. Sono stati respinti altri inviti perché, a fronte della richiesta, non c'erano mezzi per la sicurezza. Questa volta ci siamo fidati, tutti, di un'istituzione come l'Onu».

     

    luca attanasio ambasciatore ucciso luca attanasio ambasciatore ucciso

    A quando risale la telefonata con il Pam?

    «A subito dopo l'invito. Poi anche prima del viaggio sono state fatte queste domande. Luca di solito le poneva e poi la sua scorta faceva il proprio lavoro».

     

    Ricorda chi era la persona con la quale suo marito parlò al telefono?

    «No».

     

    Stando a quanto leggo lei ha dichiarato: «Luca è stato tradito da qualcuno vicino a noi, alla nostra famiglia». A chi si riferiva?

    «È stato tradito nel senso che chi ha organizzato sapeva che la sicurezza non era nella misura adeguata per proteggere lui e le persone con lui».

    vittorio iacovacci vittorio iacovacci

     

    Può sembrare che lei alludesse a una spia.

    «Il Pam non ha organizzato la protezione in modo opportuno. Non hanno fatto quello che va fatto per una zona a rischio. Sicuramente dentro il Pam qualcuno sapeva che la scorta non era efficace».

     

    Quindi non c'entra qualcuno vicino alla famiglia?

    «No, macché vicino alla nostra famiglia. No».

     

    Lei ha un'idea sul motivo dell'attacco di lunedì all'auto? Se servisse a una rapina, a un rapimento o se era un agguato di tipo politico?

     «Non ho modo di saperlo».

     

    Quando ha salutato suo marito?

    «Mentre usciva di casa. Prima delle cinque».

     

    Del mattino?

    «Sì».

    luca attanasio con la moglie luca attanasio con la moglie

     

    Come descriverebbe Luca Attanasio a chi non lo ha conosciuto?

    «Una persona semplice, che ama il prossimo. Motivato. Voleva fare tante cose. E col cuore generoso e grande. Penso che nessuna parola può definire Luca. È unico».

     

    Che cosa aveva portato Luca Attanasio e lei in Congo?

    «Lo ha deciso il ministero. Luca è stato chiamato per la sede in Congo. Come uno che lavora per lo Stato, ha sempre detto di sì. Come moglie e madre l'ho seguito».

     

    La Costituzione italiana, articolo 19, riconosce che «tutti hanno diritto di professare liberamente la propria fede». Eppure c'è chi considera ragione di discussione se suo marito si fosse convertito all'Islam o no.

    LUCA ATTANASIO LUCA ATTANASIO

    «Tra di noi è andata così: ognuno ha la sua religione, ha la sua identità e l'amore era più forte. Ognuno ha mantenuto la sua identità con rispetto dell'altro. Alle volte non capiamo perché certa gente deve approfittare di momenti così brutti per inventarsi le cose».

     

    Se lo ritiene necessario, vuole aggiungere qualcosa?

    «L'Italia è nel cuore. È stato sempre il mio secondo Paese. È il Paese di mio marito, ho tre bimbe con identità italiana. All'Italia sarò sempre grata. Chiedo di rispettare Luca. Rispettiamolo, si rispetti il nostro dolore. Lo dico a chi vuole solo scrivere per scrivere, senza avere informazioni, o cambiare mie parole per dare un altro senso. Chiedo rispetto. Rispetto per una persona che amava il suo Paese».

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