Luca Beatrice per “Libero quotidiano”
LUCA BEATRICE
Ieri, 14 gennaio, è dunque andato in scena lo sciopero nazionale degli studenti. Hanno protestato contro il rientro a scuola, giudicato pericoloso anche dalle loro famiglie, però se la prendono anche con la Dad che non può essere la soluzione, e qui siamo d'accordo nel difendere strenuamente il valore della scuola in presenza.
Impossibile però non leggere una contraddizione in questa prima manifestazione del 2022, organizzata come al solito di venerdì, giorno ideale per attaccarci il weekend in montagna o comunque di riposo, non a caso scelto dagli ambientalisti e dai gretini che non sono certo sprovveduti a considerare l'ipotesi del martedì o del giovedì.
sciopero studenti
Se le strutture scolastiche sono vecchie, inadeguate, impreparate all'emergenza come del resto tanti altri posti di lavoro, non resta ahimè che seguire le lezioni da casa. Altra soluzione al momento non c'è e meno male che stavolta nessuno si inventa scemenze tipo banchi a rotelle, ingressi scaglionati, anno scolastico allungato.
O aspettiamo sul divano che finisca (e nessuno sa quando) oppure ci vacciniamo tutti, corriamo il rischio e se ci ammaliamo ci curiamo ma almeno insceniamo una parvenza di vita normale.
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TERMINI NOBILI
In questa vicenda ci sono due parole che andrebbero prese più seriamente. Sciopero e scuola. Termini nobili, storicamente legati alla rivendicazione di diritti inalienabili della persona e della società, nonché alla formazione culturale ed educativa degli individui. Già dalla formula pensata per questa giornata di astensione dal lavoro c'è qualcosa che non va, solo che ogni volta che chiedi le ragioni di una scelta al giovane studente, questo/questa bofonchia frasi senza senso anticipate dalle locuzioni di moda al momento, che negli anni '20 sono "tipo" o "dipende", parenti prossimi dei "cioè" o di "nella misura in cui" in voga negli anni '70, quando i grulli eravamo noi.
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Complice una bella giornata di freddo sole invernale, ieri le città pullulavano di studenti decisi a non entrare in aula. Perché non c'è distanziamento tra i banchi e si creano pericolosi gruppi e assembramenti, sostengono. E il sabato pomeriggio al centro, in branco e con la mascherina abbassata come la mettiamo?
Ho provato a spiegare al mio caro figlio sedicenne, a cui ho categoricamente imposto il divieto di sciopero per qualsivoglia motivo, che oltre alla scuola sono pericolosi bar, locali, supermercati, le case degli amici.
covid e scuola
Che è pericoloso salire in automobile con me, che a scuola ci vado e incontro parecchie persone, persino starsene in salotto con gli altri familiari a loro volta esposti al contagio. Invece pare che l'unico focolaio reale sia la scuola. Ragionamento inaccettabile, che mi riporta ai tempi in cui studente ero io e si inaugurava l'anno scioperando contro il ministro senza sapere manco chi fosse e di manifestazioni del genere se ne contavano almeno due al mese.
I «DIVANATI»
Una differenza però c'è, rispetto al passato: gli studenti allora scendevano in piazza e gli insegnanti entravano in aula, mentre ora i "divanati" del Covid li ritroviamo in entrambe le categorie. I professori più anziani sostengono di aver paura, però a far la spesa li trovi e qualche volta pure al cinema e a teatro.
didattica a distanza
Mi rendo conto che generalizzare è sempre sciocco e che ci sono tantissimi giovani impazienti di riprendersi la vita e non la "nuova normalità" evocata dalle alte sfere della politica. Che molti hanno scioperato per sentirsi uguali agli altri e in fondo li capisco. Ebbene, da docente di lungo corso, esorto i ragazzi a caricarsi la scuola sulle spalle, con tutti i difetti, tutti i rischi, tutte le mancanze perché stavolta far ricadere le colpe su altri è davvero inopportuno e ingiusto. Quando saremmo tornati finalmente al completo tra i banchi allora sì che troveremo qualche motivo valido per scioperare.
in classe ai tempi del covid a scuola con la mascherina sciopero studenti3