Lucio Caracciolo per “la Stampa”
Lucio Caracciolo
Il 27 febbraio scorso il cancelliere Olaf Scholz ha annunciato il riarmo della Germania. Cento miliardi di euro subito e la decisione di investire più del 2% del pil tedesco ogni anno nella difesa: la Repubblica Federale diventerà così la terza potenza al mondo, dopo Stati Uniti e Cina, quanto a spese per le Forze armate. Quando la guerra in Ucraina sarà finita (o sospesa) e guarderemo indietro alle sue conseguenze, questa sarà senza dubbio fra le più rilevanti. Perché la Germania non sta sulla Luna ma nel cuore dell'Europa.
Perché è il nostro principale partner economico, al quale ci lega non solo la moneta ma l'interdipendenza industriale in settori decisivi della produzione. E perché, da paesi sconfitti, abbiamo seguito un percorso geopolitico spesso parallelo dopo il 1945, ma che non sarà più lo stesso dell'anteguerra ucraino. La rivoluzione di Scholz conferma che ci troviamo in un altro mondo, dai contorni indefiniti. E soprattutto in un'altra Europa. Questa sfida ci coglie impreparati.
LA SPESA MILITARE ITALIANA E GLI INVESTIMENTI NELLA DIFESA
Per tre generazioni abbiamo vissuto nella quasi certezza della pace. Ciò che nessun'altra generazione di italiani, anche prima dell'Unità, aveva potuto concedersi il lusso di pensare. Abbiamo perciò trascurato le nostre Forze armate, che pure oggi sono seconde solo alla Francia - davanti alla Germania - nell'ambito continentale. Soprattutto, ci siamo disabituati a ragionare in termini strategici, a considerare l'importanza della nostra collocazione geopolitica, a valutare il peso della storia e della geografia nella dinamica delle potenze.
ESERCITO ITALIANO
C'è voluta l'invasione dell'Ucraina per ricordarci, ad esempio, che la Federazione Russa è nient' altro che la forma presente dell'impero russo. E che l'Ucraina attuale si considera in lotta per emanciparsi definitivamente dalla sfera d'influenza moscovita, a un secolo e mezzo dai primi tentativi di definire una propria identità contro il governo dello zar. La guerra e la scelta della Germania annunciano una stagione di riarmo in Europa.
alpini in addestramento in lettonia.
Il nostro governo aumenterà la spesa per la difesa, anche se probabilmente il traguardo atlantico del 2%, che significherebbe portare da 25 a circa 40 miliardi gli stanziamenti per le Forze armate, non sarà raggiunto causa pesantissima crisi economica. Immaginare di poter adeguare la nostra sicurezza alla fase di instabilità in cui resteremo a lungo immersi con un'operazione di bilancio e di politica industriale è pericolosa illusione. Insieme alle armi ci serve una strategia.
Spesa militare nel mondo
Che senso ha dotarsi di nuovi mezzi senza aver stabilito a quale scopo ci debbano servire? Dalla fine della guerra fredda abbiamo orientato lo strumento militare verso le missioni di pace (ovvero di guerra a bassa intensità) o come surrogato delle polizie, dei servizi sanitari e di altri commendevoli impieghi civili. Molto spesso abbiamo lanciato le nostre Forze armate in guerre di destabilizzazione delle frontiere italiane - dalla Jugoslavia alla Libia - ossia contro il nostro primario interesse di sicurezza.
Mai abbiamo avuto il coraggio e la decenza di chiamare con il loro nome queste operazioni, quasi la pace consistesse nel non pronunciare la parola guerra. Con un'ardita incursione in territori proibiti, lo Stato maggiore dell'Esercito ha diffuso il 9 marzo per circolare l'ordine, causa «noti eventi», di addestrare le nostre truppe al «warfighting», lemma evidentemente introducibile nella nostra lingua.
ESERCITO ITALIANO
Speriamo che dei 15 miliardi teoricamente aggiuntivi qualche spicciolo venga indirizzato verso la riconversione culturale (e linguistica) non solo delle Forze armate ma dell'opinione pubblica. Allo scopo di riprendere contatto con la realtà. Quindi con l'urgenza dell'elaborazione di una strategia nazionale inquadrata nel nostro sistema di alleanze più o meno cogenti. Altrimenti saremo a disposizione dell'aggressore o di alleati che ci useranno per i propri scopi.
lorenzo guerini in visita a riga in lettonia
Tutto questo investe l'autorità del governo e del parlamento. Solo dal vertice politico può prendere impulso la più ampia e libera discussione della strategia nazionale. Quella che ci è stata finora (auto)inibita dallo status di paese sconfitto. A proposito: anche il nostro partner in questa desueta categoria, la Germania, ha deciso il 18 marzo di avviare solennemente il dibattito sulla propria strategia di sicurezza, finora tabù.
Analogo processo inclusivo e pubblico, da istituzionalizzare in un Consiglio per la sicurezza nazionale, è urgente e inaggirabile anche da noi. Soprattutto per adeguare la nostra opinione pubblica al nuovo clima ed evitare fughe in avanti o paralizzanti crisi di panico. Per rientrare nella storia che pensavamo di avere abolito occorrerà forse una generazione. Speriamo di averne il tempo.
alpini in addestramento in lettonia