Eugenio Occorsio per “la Repubblica”
LUCREZIA REICHLIN
Neanche il miglior sceneggiatore avrebbe sovrapposto così precisamente la caduta di Draghi e il nuovo scudo della Bce. Si equilibrano i due fattori?
«Il pacchetto di misure della Bce può essere molto efficace nel momento in cui inizia un ciclo monetario restrittivo perché corregge le eccessive reazioni al rialzo dei tassi a lungo nei Paesi più fragili, in particolare il nostro, ma non è legato alla crisi politica», risponde Lucrezia Reichlin, docente alla London Business School, già capo economista della Bce.
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Il rialzo dei tassi e lo scudo anti-spread la convincono?
«Il rialzo più marcato non mi stupisce vista la corsa dell’inflazione. Delle misure collaterali si parlava da tempo perché è necessario correggere una peculiarità dell’Unione: quando si manifesta un rischio comune nell’area, i tassi sul debito sovrano non si muovono insieme e aumenta lo spread, con riflessi sul credito di famiglie e imprese in Paesi come l’Italia».
Funzionerà il pacchetto?
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«A questo punto la Bce ha molti strumenti per guidare la politica monetaria. La linea di difesa è la flessibilità di reinvestimento dei titoli che la banca detiene dopo il Pepp: reinvestirà usando criteri discrezionali. Gli interventi rientreranno nel Tpi (il nuovo scudo, ndr): la Bce interverrà in modo da compensare questi acquisti con l’obiettivo della stabilità dei prezzi».
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Che non si allarghi troppo lo spread, insomma?
«Certo. Se poi si dovesse manifestare una crisi drammatica in Italia con una tempesta finanziaria, che per il momento escluderei, c’è l’Omt che è pensato per la crisi specifica di un Paese, che per usufruirne deve fare richiesta esplicita ed accettare condizioni sulla sua politica economica, cosa complessa dal punto di vista politico e da considerare emergenziale».
Un nuovo “Whatever it takes”?
«Il nuovo strumento è simile solo nel senso che rende chiaro che la Bce non tollererà una frammentazione dell’euro ed è disposta a innovare nelle modalità di intervento per difendere il principio. Ma è diverso perché non si riferisce più all’Omt, proposto da Draghi in un contesto diverso.
CHRISTINE LAGARDE
Oggi siamo meno a rischio anche perché il sistema bancario è più solido. Ma non facciamoci illusioni. L’Italia non può sentirsi protetta dalla Bce a qualsiasi condizione. Siamo in un’Unione in cui la condivisione del rischio deve accompagnarsi al rispetto delle regole e degli impegni comuni».
Il Tpi è legato al rispetto del Patto di stabilità?
«Gli interventi saranno fatti solo verso Paesi solvibili che hanno rispettato le regole fiscali. Oggi queste sono sospese ma è previsto che saranno reintrodotte, anche se probabilmente modificate. Il fatto che le nuove misure siano passate all’unanimità, ed è stata una sorpresa, comporta un messaggio politico da parte dei Paesi tradizionalmente più rigidi: abbiamo creato un “framework” per evitare falle nell’euro, ora però accettate un Patto, magari non rigido come il precedente, ma che comporti una disciplina».
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Forse l’unanimità sottintende che non esiste più un mercato sicuro…
«Certo. Le conseguenze della guerra sono per tutti drammatiche. La Germania rischia più dell’Italia, i rischi del razionamento riguardano tutta l’Europa. La prospettiva della recessione non è sfumata. La motivazione ad agire in modo coordinato e solidale non comporta un semaforo verde per scostamenti di bilancio ingiustificati».
Ma la Bce si è mossa in ritardo?
«No, con i tempi dettati dalla situazione. È giusto dare un segnale forte con un aumento dei tassi più alto del previsto e lo strumento anti-spread. Quel che succederà a settembre non è quello che era stato annunciato a giugno: la Bce agirà a seconda dell’andamento dell’economia. C’è un rallentamento, e qui torniamo all’Italia: rischiano di saltare misure fondamentali come il taglio del cuneo fiscale che costa almeno 6 miliardi».
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