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    LUI NON ERA COME LEI - IERI I FUNERALI DI CARLO SARTORI, DIRIGENTE RAI E GRANDE STUDIOSO DI COMUNICAZIONE - DEFINIVA LA TV “ARABA FENICE CHE RINASCE DALLE PROPRIE CENERI, CON QUEL SUO TRASFORMISMO OSSESSIVO” - HA SCRITTO DIVERSI SAGGI, TRA CUI “LA FABBRICA DELLE STELLE” E “LA GRANDE SORELLA” - C’È STATO UN TEMPO IN CUI ANCHE I DIRIGENTI RAI CERCAVANO DI STUDIARE, DI CAPIRE, DI INTERROGARSI SUL MEZZO - UN ESEMPIO PER LEI, MAZZA E MAZZI...


     
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    Aldo Grasso per il "Corriere della Sera"

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    Ieri pomeriggio, nella basilica di Santa Maria del Popolo si sono tenuti i funerali di Carlo Sartori, dirigente Rai e autore di numerosi saggi sulla comunicazione e sulla televisione. Sì, c'è stato un tempo in cui anche i dirigenti Rai cercavano di studiare, di capire, di interrogarsi sul mezzo.

    LORENZA LEILORENZA LEI

    E Sartori lo ha fatto con alcuni libri importanti, come «L'occhio universale - Modelli di sviluppo, programmi e pubblico delle televisioni del mondo» (Rizzoli 1981); «La fabbrica delle stelle» (Mondadori 1983); «La grande sorella - Il mondo cambiato della televisione» (Mondadori 1989); «La qualità televisiva» (Bompiani 1993); «Storie della comunicazione» (Kappa 2001). Ma anche con alcune trasmissioni che hanno lasciato il segno, tra cui: «Il giro del mondo in 80 TV» (Rai1 1980); «La fabbrica delle stelle» (Rai2 1982); «Televisione, 50 di questi anni» (Rai1 1986); «Dieci anni che sconvolsero la tv», (Rai3 1987).

    GIANMARCO MAZZIGIANMARCO MAZZI

    Sartori è stato un grande esploratore della tv, capace di percorrerla in lungo e in largo, di orientarsi nell'intricato universo della multimedialità. Se è vero - questa la sua tesi - che i media formano ormai nuovi ambienti sociali che uniscono o dividono le persone con modalità inusuali, è altrettanto vero che i cambiamenti dei media stabiliscono nuovi rituali, pubblici e personali: per questo è importante capire le ibridazioni con Internet, il ruolo assunto dai «social network», il nuovo immaginario.

    MAURO MAZZAMAURO MAZZA

    Per Sartori la grande vitalità della tv derivava dalla sua natura metamorfica, dalla sua capacità di trasmigrare da un medium all'altro «araba fenice che rinasce dalle proprie ceneri, con quel suo trasformismo ossessivo, come quella sua capacità di essere sempre altra, di vestire panni non suoi come se fossero propri da tempo immemorabile». Si poteva essere d'accordo o meno con le sue tesi, ma il suo atteggiamento è sempre stato improntato alla signorilità e alla competenza. Una grande perdita.

     

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