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    IL LOOP DI LULA HOP - DAGLI SCANDALI ALLA RISCOSSA, L’EX PRESIDENTE, NEL MIRINO DEI GIUDICI PER CORRUZIONE, RESPINGE LE ACCUSE ED E’ PRONTO A RICONQUISTARE IL BRASILE: “OGGI SI RISCHIA CHE LA POLITICA RATIFICHI DECISIONI PRESE DA ORGANISMI EXTRATERRITORIALI, ISTITUZIONI FINANZIARIE, MERCATI" (MA VA, ORA LO SCOPRE?)


     
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    Carlo Petrini per la Repubblica

     

    LULA LULA

    "OLULA", come lo chiamano i suoi collaboratori, è combattivo e pieno di energia. La determinazione è quella di chi vuole tornare a giocare un ruolo decisivo nella scena politica del suo paese. A San Paolo mi accoglie con una camicia rossa in un ufficio nella sede dell' istituto che porta il suo nome e che si occupa di cooperazione internazionale in Africa e nel resto dell' America Latina. Il momento per lui non è affatto semplice. L' operazione Lava Jato (una sorta di Mani Pulite brasiliana) sta indagando sulla corruzione all' interno dei partiti.

     

    SAN PAOLO E IN PARTICOLARE del Pt, il partito dei lavoratori di cui Lula è l' esponente principale, mietendo non poche vittime anche tra coloro che di Lula erano strettissimi collaboratori nella stagione di governo e coinvolgendolo in prima persona nelle indagini.

     

    Un' inchiesta della magistratura che sta spaccando l' opinione pubblica e che infiamma il dibattito sui media, ma che al momento non sembra intaccare la popolarità dell' ex presidente, che continua a essere l' idolo dei poveri e dei quartieri popolari. Lula gode di un consenso altissimo che potrebbe riportarlo alla presidenza nel 2018, in caso di una candidatura che sembra nell' aria.

    LULA DILMA LULA DILMA

     

    In questa situazione, Lula fa autocritica sulla gestione del partito ma rigetta tutte le accuse personali. Nonostante la disaffezione sia palpabile in tutto il paese, secondo Lula è arrivato il momento di tornare a dare valore alla politica, quella alta.

     

    «Oggi il rischio è quello di una terziarizzazione delle decisioni, con le istituzioni nazionali che perdono progressivamente incisività e che troppo spesso si trovano a ratificare decisioni prese da organismi extraterritoriali come Fmi, Commissione Europea, istituzioni finanziarie, mercati». Secondo lui le democrazie stanno pericolosamente smettendo di discutere le politiche per limitarsi ad amministrare budget, cifre, programmi di spesa stabiliti altrove.

     

    E' anche per questo che la strada sulla quale sta lavorando è quella di una più stretta collaborazione con i movimenti sociali, riuniti nel Frente Brasil Popular, che lo sostiene e che si sta impegnando per disegnare un futuro alternativo al modello turbocapitalista e liberoscambista dominante che oggi non regge più, non solo in questa parte del mondo.

     

    LULA E DILMA LULA E DILMA

    Reduce da tre governi e mezzo del Pt (l' ultimo di Dilma Rousseff interrottosi a metà mandato dopo che la presidente è stata messa in stato di impeachment), il Brasile si trova oggi a iniziare il terzo anno di recessione, una stagione economicamente negativa che né la spinta dei mondiali di calcio del 2014 né delle Olimpiadi di Rio del 2016 hanno potuto migliorare. Vale allora la pena di mettere in discussione un modello di mercato che strozza la piccola produzione locale, che toglie potere alle comunità e che inasprisce lo squilibrio tra le classi sociali.

     

    Perché, è bene ricordarlo, in Brasile è ancora urgente la questione dell' accesso alla terra, con 140.000 famiglie di lavoratori agricoli che attendono di poter avere un appezzamento per emanciparsi da una condizione di salariati con pochissimi diritti e paghe da fame. Il Movimento Sem Terra che li rappresenta è una di quelle realtà che ha sostenuto il Pt e che ancora oggi guarda a Lula come all' unica prospettiva valida per il futuro. Il suo coordinatore nazionale Joao Paulo Rodrigues parla chiaro: «Il problema del Pt non è la corruzione, è un modo sbagliato di pensare lo sviluppo. Speriamo che Lula l' abbia capito, è lui l' unico che può imprimere una svolta».

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    Dopo anni in cui le disuguaglianze si sono assottigliate, oggi il divario tra ricchi e poveri torna a crescere, così come il malcontento. La ricetta di Lula sembra chiara, almeno a parole: l' unico modo per invertire la tendenza è quello di consentire ai poveri di accedere ai luoghi in cui si prendono le decisioni.

     

    E qui difende con orgoglio quanto fatto dal 2003 al 2011, quando quaranta milioni di persone sono uscite da uno stato di indigenza estrema, con l' applicazione del programma Fome Zero, di Bolsa Familia, del microcredito, di Brasil Sem Miseria. Un progresso incredibile e indubbio, che tuttavia non ha lasciato una situazione abbastanza solida.

     

    PROTESTE CONTRO LULA PROTESTE CONTRO LULA

    Frei Betto, grande intellettuale brasiliano, amico fraterno di Lula nonchè ministro e consigliere del suo primo governo, non risparmia una riflessione critica e schietta: «Con le politiche che sono state attuate è drasticamente diminuita la povertà e la fame è stata quasi debellata, ma non abbiamo fatto abbastanza per garantire al nostro popolo l' educazione, che è la base per un futuro degno per tutti. Abbiamo creato 40 milioni di nuovi consumatori ».

     

    Quando riporto a Lula questa frase risponde per lui Luis Dulci, suo consigliere e anche lui ex ministro: «Pensavamo che le conquiste materiali avrebbero creato coscienza civile, non abbiamo speso abbastanza energie per spiegare e comunicare i valori che stavano dietro alle politiche che attuavamo. E' giusto fare autocritica ». Si torna dunque alla sostanza.

     

    Senza educazione e senza emancipazione dei poveri non c' è giustizia e non c' è un futuro equo per nessuno. Faremmo bene a tenerlo a mente anche nella nostra cara Europa

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