1 – 5STELLE, FIORAMONTI FRENA SULLE DIMISSIONI PARAGONE RISCHIA L'ESPULSIONE, ASSE CON DIBBA
Simone Canettieri per “il Messaggero”
gianluigi paragone matteo renzi
Una dimissione e un'espulsione. Nel M5S la noia sembra non esistere: nemmeno il tempo di far partire Beppe Grillo da Roma, che subito si aprono due fronti. Quello più importante riguarda la permanenza nel governo del ministro dell'Istruzione Lorenzo Fioramonti pronto a lasciare, come annunciato dal giorno del giuramento in Quirinale, perché in manovra non ci sono 3 miliardi per le sue materie, ma solo 1. Ieri mattina sembrava decisissimo a mollare, tanto che ne avrebbe già parlato da giorni con il premier Conte e con Luigi Di Maio. Ma poi in serata, dopo una moral suasion ai massimi livelli, Fioramonti «si è preso un po' di tempo per decidere», come ha detto a un parlamentare grillino.
lorenzo fioramonti
Per tutta la giornata di ieri è andata in onda una scena surreale: un ministro (Francesco Boccia del Pd) e tanti parlamentari giallorossi hanno chiesto pubblicamente al titolare del Miur «di non mollare». Con il diretto interessato che pubblicamente smentiva qualsiasi passo indietro: «Io dimettermi? Sono qui e sto lavorando».
LE MOSSE
luigi di maio lorenzo fioramonti 1
Da Palazzo Chigi e dai vertici del M5S sempre la stessa versione ufficiale: «Se Lorenzo lascia? Dovete chiederlo a lui». Ma dietro le quinte continua un lavoro certosino per convincere il ministro a non farsi da parte. Anche perché una rottura sui fondi per l'istruzione sarebbe un pessimo ritorno d'immagine per Conte e una grana per Di Maio, costretto a indicarne il successore.
giuseppe conte luigi di maio
A questo proposito era circolata l'ipotesi Morra, ma il presidente della commissione Antimafia non sembra interessato al ruolo («Preferisco portare avanti il mio ruolo»). Ma Fioramonti non si è convinto del tutto, ieri in mattinata indicavano la data di lunedì, giorno del voto alle Camera sulla manovra, come la data dell'addio. In serata questo scenario sembrava però non decollare. Il caso rimane, anche perché Fioramonti, racconta chi lo conosce, ha «un approccio anglosassone: se non riesce a centrare un obiettivo, si fa parte», racconta sempre un parlamento. Tra oggi (in Senato c'è il decreto scuola) e lunedì (il voto sulla manovra) il quadro è destinato a essere più chiaro.
di battista paragone
IN SENATO
Così come il destino del senatore dissidente Gianluigi Paragone, a rischio espulsione dal Movimento. D'altronde le regole interne dei grillini parlano chiaro: in caso di voto contrario alla fiducia non ci sono appigli. Si viene accompagnati fuori dal Movimento. Il giornalista si difende («Io sono stato coerente») e provoca: «Se mi cacciano? Gli farò così», dice a un Giorno da pecore mostrando il dito medio.
GIANLUIGI PARAGONE 1
I probiviri gli hanno notificato l'apertura del procedimento a suo carico. Dai vertici del Movimento trapela l'intenzione del «pugno duro». Ma pronto a difendere Paragone c'è Alessandro Di Battista. Durante l'assemblea di Grillo con i parlamentari Dibba e il senatore sono stati avvistati a cena con un gruppo di attivisti. Non solo, a prendere le parti di Paragone ci sono anche gli europarlamentari Ignazio Corrao e Barbara Lezzi. Entrambi dicono che non deve essere espulso «perché promuove i temi che sono nel dna del Movimento». Ora il senatore entro 10 giorni dovrà rispondere ai rilievi dei probiviri. «Faremo rispettare le nostre regole», assicurano dai vertici del Movimento.
2 – 5STELLE, PARAGONE E ALTRI DIECI PRONTI ALLA SCISSIONE IN SENATO
A. Cuz. e C.Ve. per “la Repubblica”
gianluigi paragone
Nel giorno che sancisce il possibile slittamento della legge sul taglio dei parlamentari tra i deputati e i senatori riuniti al Quirinale, per gli auguri alle alte cariche, è tutto un interrogarsi: questa novità allunga o accorcia la legislatura? Ma all' orizzonte si profilerebbe un' altra incognita, se confermata.
barbara lezzi
Dieci senatori del M5S, guidati da Gianluigi Paragone, sarebbero pronti a staccarsi dal Movimento e a costituire un gruppo autonomo. Un po' come fece Matteo Renzi con Italia viva, a settembre. Resterebbero nella maggioranza, ma pungolandola. Seguirebbero Paragone, che non aveva votato la fiducia al governo giallorosso, e che da allora è di fatto all' opposizione, senatori come Emanuele Dessì, Dino Mininno, Luigi Di Marzio.
gianluigi paragone si astiene dalla fiducia al conte bis 1
Una pattuglia che risulterebbe decisiva, perché a quel punto a Palazzo Madama la maggioranza, attualmente a quota 166, dunque di pochi voti sopra la soglia di sicurezza, sarebbe sempre in balia degli scissionisti. La caratteristica che accomuna il gruppo è l' insofferenza per la leadership di Di Maio, al quale viene rimproverato di non tenere in debita considerazione le istanze della minoranza interna.
paola de micheli 4
E mentre queste nubi si addensano sul governo al Quirinale la star è Mario Draghi, evocato continuamente come possibile premier di un esecutivo di larghe intese. Mattarella e Draghi si salutano a lungo, con molto calore, dopo la cerimonia. Attorno ministri, parlamentari, grand commis, osservano la scena. Draghi si ferma a colloquio con il governatore di Bankitalia Ignazio Visco e con l' ex premier Mario Monti.
matteo renzi gianluigi paragone
La ministra Paola De Micheli dice: «Non si va a votare». E pure il ministro del Sud, Giuseppe Provenzano, allontana l' ipotesi: «Con quale motivazione, poi? Per poter godere di un Parlamento da 945 seggi? Ma sarebbe un boomerang. La gente ci contesterebbe subito». Nel salone c' è anche Valerio Onida, presidente emerito della Consulta: «Andare al voto con le vecchie regole, e poi, mesi dopo ritrovarsi con una legge che dimezza il numero dei parlamentari? Beh, il nuovo Parlamento sarebbe subito delegittimato».
LUIGI DI MAIO NELLA TELA DI SERGIO MATTARELLA BY MACONDO
Onida ipotizza che il Presidente della Repubblica potrebbe operare una moral suasion, per evitare una simile evenienza, e cercare di formare un' altra maggioranza. Un' ipotesi, quest' ultima, che al momento al Colle appare difficile: dopo i gialloverdi e i giallorossi sembra complicato ipotizzare altre coalizioni. Un tentativo sarà fatto, naturalmente, ma l' ipotesi più accreditata porta al voto.
SERGIO MATTARELLA COME IL VIANDANTE SUL MARE DI NEBBIA DI CASPAR DAVID FRIEDRICH - BY LUGHINO/SPINOZA
Il sindaco di Milano Giuseppe Sala s' intrattiene a lungo con Mattarella, reduce dai tre e minuti e mezzo di applausi alla prima della Scala. Sala guida una città pacificata, che guarda all' Europa. «Mattarella rappresenta stabilità ed equilibrio, perciò piace così tanto ai milanesi, che chiedono la stessa cosa». I peones sono inquieti. Una vecchia volpe come Manfred Schullian (Svp), uno che conosce gli umori profondi di Montecitorio, sostiene che non si andrà a votare. Anche la sua collega di partito Juliane Unterberger, senatrice, sostiene che quanto accaduto ieri è ininfluente sul destino della legislatura. Luca Pastorino (Leu), invece, dice: «La legislatura si accorcia». «Difficile dirlo», gli fa eco il suo collega Federico Fornaro. Il nuovo gruppo resterebbe nella maggioranza, ma aumentano le tensioni.
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