Domenico De Masi per "il Fatto quotidiano”
domenico de masi
Per quanto riguarda i 5 Stelle, la situazione è questa: gli analisti esterni danno il Movimento per morto; i protagonisti interni ne parlano come se fosse più vivo e vegeto che mai; i partiti concorrenti si disputano le spoglie. Tutti e tre gli atteggiamenti sono degni di riflessione ma, dal punto di vista sociologico, il più intrigante è quello dei protagonisti interni.
GIUSEPPE CONTE LUIGI DI MAIO
Il buon vecchio Robert Michels, con il testo che lo rese famoso (La sociologia del partito politico) e che risale al 1911, ci ha insegnato che tutti i partiti politici nascono in forma di movimento, con strutture e programmi nebulosi. Somigliano a mucchi di sabbia agitati dal vento. Poi, man mano, alcuni riescono a consolidarsi, a strutturarsi, a diventare mattone, a darsi una visione e un programma trasformandosi in partito moderno. Ma la maggioranza dei movimenti non riesce a superare lo stato nascente e si dissolve in corso di trasformazione.
beppe grillo con gianroberto e davide casaleggio
La prima fase dei 5 Stelle è stata sociologicamente esemplare in tutti i suoi ingredienti: una forte, diffusa, intransigente istanza di base contro la casta; una casta sufficientemente ebete e perfida per destare l' odio necessario; due leader - Grillo e Casaleggio senior - entrambi eccentrici alla politica, sicuramente geniali, perfettamente complementari; un vuoto politico che chiedeva di essere colmato; una popolazione con tasso di istruzione da Terzo mondo (23% di laureati); uno sbando europeo simmetrico a quello italiano.
beppe grillo gianroberto casaleggio
Fino al 25 febbraio 2013, quando i 5 Stelle si presentarono alle elezioni e ottennero il 25% dei voti, il percorso evolutivo con cui il movimento si andò trasformando in partito non sbagliò un colpo. Il quinquennio 2013-2018 ( XVII legislatura) sarebbe stato perfetto per completare la trasformazione in partito: i loro 109 deputati e 54 senatori, reclutati, per forze di cose, alla meno peggio, avevano davanti a sé il tempo e il luogo per farsi una cultura politica e una cultura tout court; Grillo e Casaleggio avevano altrettanto tempo a disposizione per scovare e formare i membri di una nuova classe dirigente.
domenico de masi
Inoltre, avrebbero dovuto e potuto elaborare il modello di società necessario per proporre il Movimento come forza-guida del Paese. La vasta simpatia di cui godevano i 5 Stelle avrebbe consentito di attrarre un buon numero di intellettuali e valorizzarli nell' elaborazione di quel modello.
BEPPE GRILLO LUIGI DI MAIO ALESSANDRO DI BATTISTA
Invece, proprio in quel quinquennio, la lunga marcia cominciò a mostrare le prime debolezze. Molti parlamentari, lungi dal correggere le proprie deficienze culturali, vi aggiunsero la presunzione; non pochi abbandonarono il Movimento e passarono ad altri gruppi parlamentari.
GIANROBERTO CASALEGGIO E BEPPE GRILLO FOTO LAPRESSE
La gran parte esibì una smaccata incapacità di reggere un ruolo troppo complesso per attori così fragili, baciati da uno status e da uno stipendio esorbitanti rispetto ai meriti. Un timido tentativo di invertire la tendenza fu avviata da due deputati - Claudio Cominardi e Tiziana Ciprini - e incoraggiata da Beppe Grillo, con la realizzazione di ricerche sociologiche sul futuro del lavoro, della cultura e del turismo. Ma, in quel quinquennio, l' unico a crescere sostanziosamente sul piano sociopolitico fu Luigi Di Maio che, diventato vicepresidente della Camera appena 26enne, seppe mettere a profitto la carica usandola come una sorta di master teorico-pratico.
BEPPE GRILLO GIUSEPPE CONTE LUIGI DI MAIO
Quando, nel 2018, il Movimento si ripresentò alle elezioni, ben 40 dei 163 parlamentari erano fuggiti; Casaleggio senior era morto nel 2016; Grillo si era ritirato sull' Aventino e Di Battista aveva intrapreso il suo vagabondaggio terzomondista. Rispetto al 2013 Di Maio era l' unico vero prodotto aggiunto del Movimento, e lo dimostrò conducendo da solo una trionfale campagna elettorale che portò i 5 Stelle dal 25,5 al 32%.
MEME SU LUIGI DI MAIO E IL DITO MEDIO A MATTEO SALVINI
Da qui in poi l' ascesa di Di Maio, che appariva irresistibile, in realtà pose le premesse per il declino suo e di tutto il movimento. Assumere quattro cariche - due ministeri, la vicepresidenza del Consiglio e la direzione del Movimento - gli impedì di guidare la transizione definitiva del Movimento in partito, ne mise in evidenza parecchie lacune culturali, lo pose a rimorchio di Salvini, cui regalò un quarto dei suoi elettori, mentre un altro quarto si disperse tra gli astensionisti.
luigi di maio giuseppe conte
Grazie ai provvidenziali errori di Salvini, i 5 Stelle si sono trovati, per un puro caso provvidenziale, ad allearsi con il Pd, certamente meno becero della Lega, e a operare nell' area di sinistra, certamente più consona ai valori fondativi del Movimento. A questo punto tutto convergerebbe nell' opportunità di spostare a sinistra l' asse del Movimento: buona parte dei simpatizzanti per la destra se ne sono già andati con Salvini; la divaricazione crescente tra ricchi e poveri, con relativa mortificazione della classe media, induce al bipartitismo; Grillo, che resta il riferimento più intelligente, indica la sinistra come approdo naturale del partito in formazione; il "decreto Dignità" e il Reddito di cittadinanza rappresentano le uniche conquiste serie, decisamente di sinistra, di cui il Movimento può vantarsi. Conte, che è più colto e perciò più svelto, lo ha capito e si è subito dichiarato disponibile per un' alleanza strutturale con il Pd.
matteo salvini luigi di maio
In Di Maio, invece, prevale un' intima matrice di destra, rafforzata dal desiderio di pugnalare Conte alle spalle. E lo ha fatto con quattro gesti: la riproposizione di una fantomatica "terza via"; la presentazione di una lista autonoma alle elezioni in Emilia; le dimissioni anticipate a pochi giorni dalle votazioni; la reggenza a Crimi, che insiste nel proporre i 5 Stelle come ago neutrale della bilancia politica e nel volerli riportare alla fase movimentista primordiale, che è come riportare un adolescente nell' utero materno invece di farne un adulto. Se si rilegge l' intervista data giovedì scorso da Crimi a questo giornale, insieme al libro Politicamente scorretto di Di Battista, si capisce quale vuoto di pensiero strategico affligge i vertici dei 5 Stelle.
LUIGI DI MAIO TOGLIE LA CRAVATTA LUIGI DI MAIO
Per riprendere la marcia che porta dal movimento al partito occorrerebbe fare una scelta di campo, che può guardare solo a sinistra; eliminare subito il limite dei due mandati, che castra il gruppo dirigente escludendo i meno inesperti; affidare la leadership ai meno incolti e ai più convinti della scelta di campo; mettere al lavoro i migliori cervelli interni e chiedere aiuto ai migliori intellettuali esterni per elaborare un geniale modello di società; intraprendere un' intensa azione pedagogica nei confronti del personale politico, degli iscritti e dei simpatizzanti; creare e gestire direttamente qualcosa di simile alla piattaforma Rousseau, smettendo di pagare parcelle e subordinazione politica alla "Casaleggio e Associati".
luigi di maio annuncia le dimissioni da capo politico dei cinque stelle 6
Una recente ricerca Eurispes ha appurato che il 18% dei 5 Stelle ritiene l' Olocausto un' invenzione giornalistica. Basterebbe questo dato per dimostrare il poco lavoro fatto e il molto che occorrerebbe fare.