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    MA CHE LIBERTA’ E’ QUELLA IN CUI CHI CRITICA IL “GENDER” RISCHIA LA GALERA? PASSANO ALLA CAMERA I PRIMI CINQUE ARTICOLI DEL CONTESTATISSIMO DDL ZAN – I CATTOLICI SULLE BARRICATE - STATE ATTENTI ALLE DEFINIZIONE DI "SESSO" E "GENERE SESSUALE" PERCHE' CHI DISCRIMINA PUO' ESSERE INTERCETTATO DALLE PROCURE E FINIRE IN CARCERE - ALFREDO MANTOVANO, GIUDICE DI CASSAZIONE: “UN OBBROBRIO LEGISLATIVO”. ECCO I MOTIVI


     
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    Fausto Carioti per “Libero quotidiano”

     

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    A modo suo, la Camera dei deputati ha fatto qualcosa di storico. La maggioranza giallorossa ha stabilito ufficialmente, per la prima volta, cosa sono il sesso e i suoi derivati.

     

    Attenzione alle definizioni, perché chi sgarra discrimina e chi discrimina può essere intercettato dalle procure e finire in carcere: sino a tre anni, se si limita a diffondere certe idee; sino a quattro, se il comportamento è ritenuto un incitamento alla violenza; sino a sei, qualora il colpevole sia giudicato promotore di un gruppo dedito alla discriminazione del prossimo.

     

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    La prima definizione è facile: «Per sesso si intende il sesso biologico o anagrafico». E dunque non si può discriminare un individuo in base al sesso cui appartiene. Un tempo la questione si sarebbe chiusa qui, invece è solo l' inizio. Perché il sesso è diverso dal «genere».

     

    E il genere è questa roba qua: «Qualunque manifestazione esteriore di una persona che sia conforme o contrastante con le aspettative sociali connesse al sesso».

    Non ci avete capito nulla? Vi chiedete cosa c' entri una definizione giuridica, che dovrebbe essere chiara e oggettiva, con un concetto tanto fumoso? Aspettate, c' è di peggio. Perché il sesso e il genere sessuale, hanno appena stabilito i nostri legislatori, sono diversi dalla «identità di genere», che sta a indicare «l' identificazione percepita e manifestata di sé in relazione al genere, anche se non corrispondente al sesso, indipendentemente dall' aver concluso un percorso di transizione».

     

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    Da dove parta questa transizione, e verso dove vada, non ce lo dicono: pare di capire da un sesso all' altro, oppure da un genere a uno diverso. Forse non è nemmeno importante, giacché l' unica cosa che conta, alla fine, è l' idea che uno ha di sé: anche chi ha organi maschili, e dunque non ha concluso la propria «transizione», o magari non l' ha nemmeno iniziata, ha diritto a essere trattato come una donna, se si «identifica» come tale.

     

    Ecco: è su queste sabbie mobili che poggia la legge Zan-Boldrini-Scalfarotto per «prevenzione e contrasto della discriminazione e della violenza per motivi legati al sesso, al genere, all' orientamento sessuale e all' identità di genere». Le definizioni le ha scritte Lucia Annibali, capogruppo dei renziani a Montecitorio, e inserite in un emendamento che è stato approvato dalla maggioranza, alla quale si è aggiunta la deputata forzista Giusi Bartolozzi.

     

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    L' intervento è stato necessario perché la commissione Affari Costituzionali e il Comitato per la legislazione avevano chiesto di specificare il significato di tutti quei termini, «al fine di evitare incertezze in sede applicativa». Col risultato che si è visto.

     

    Per il giudice di Cassazione Alfredo Mantovano e gli altri giuristi del centro studi Livatino siamo dinanzi a un obbrobrio legislativo: «Meritano di entrare nella storia del diritto i deputati che hanno proposto e votato una norma nella quale l' applicazione di sanzioni penali fino a sei anni di reclusione, con la possibile attivazione durante le indagini di intercettazioni e misure cautelari, dipende dall' interpretazione che pm e giudici daranno a espressioni come "aspettative sociali connesse al sesso" o "identificazione percepita e manifestata di sé in relazione al genere"».

     

    Norme scritte così aprono infatti il terreno alla incertezza del diritto e all' arbitrio dei magistrati. Può essere indagato e condannato chi tratta come un uomo, ad esempio vietandogli lo spogliatoio o il bagno delle ragazze, un individuo di sesso maschile che sostiene di avere una «identità di genere» femminile? Basta dichiarare di percepire se stesso come una donna per avere il diritto di essere trattato come tale, ad esempio sfruttando le quote rosa o partecipando alle gare sportive femminili?

     

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    Per come è fatta la legge, pare di sì. Oppure sarà il caos a comandare, con pronunciamenti diversi tra un tribunale e l' altro, alla faccia della legge uguale per tutti. Lo capiremo appena il provvedimento di Zan e compagni sarà stato approvato.

    Ieri alla Camera sono stati votati i primi cinque articoli su un totale di dieci, oggi si prosegue e poi toccherà al Senato. Il parlamento sarà pure decimato dal Covid, ma per le leggi care alla maggioranza si bruciano le tappe.

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