Carlo Pizzati per repubblica.it
PUTIN - MODI - XI JINPING
Come un incerto acrobata su una corda non abbastanza tesa, l’India tenta di salvaguardare un legame storico e l’importante fornitura d’armi dalla Russia, ma, al contempo, spera di non allontanare troppo gli Stati Uniti, nuovo alleato economico e strategico nell’affrontare la minaccia cinese che da due anni spinge da nord con continui scontri sull’Himalaya.
Gioco pericoloso e complesso, quello che il governo di Narendra Modi affronta in un coacervo di antiche alleanze, nuove speranze, armi, economia che cresce meno del previsto e importanti elezioni in alcuni Stati indiani. Aggiungiamo poi il destino di 2000 indiani in fuga da Kharkiv, che Mosca dice essere ostaggio degli ucraini e Kiev sostiene siano invece sequestrati dai russi.
putin modi
Lo shock per l’Occidente è arrivato quando l’India si è astenuta dal condannare l’invasione russa al Consiglio di Sicurezza dell’Onu e si è di nuovo astenuta, con altri 13 Paesi del Sud globale, dal condannare la guerra presso il Consiglio dei Diritti Umani. Il Dipartimento di Stato americano si è lasciato scappare “per errore” un dispaccio diplomatico molto critico, subito ritirato, ma reso pubblico: “Continuare ad astenersi per chiedere che ci sia il dialogo non è neutralità, vi mette nel campo della Russia, l’aggressore in questo conflitto”.
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Perché l’India mette in gioco il suo crescente rapporto con gli Stati Uniti? Le spese militari con gli Usa sono passate da 0 a 20 miliardi di dollari in questi ultimi dieci anni. Il filoamericanismo è in continua crescita. Da quando ci fu lo tsunami del 2004, l’India è uno dei quattro puntelli del Quadrilatero (Quad), assieme ad Australia, Giappone e America, promettente patto di contenimento all’espansione cinese nel Pacifico. Perché alienare i nuovi partner?
C’entrano Richard Nixon, Henry Kissinger, il Pakistan, il Bangladesh, l’arsenale bellico e una consegna di un sistema di difesa missilistico da 5,4 miliardi di dollari.
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Prima la Storia: quando l’India fronteggiò il Pakistan nella guerra del Bangladesh del 1971, la Casa Bianca si schierò con il Pakistan, sguinzagliando una portaerei nel Golfo del Bengala per intimorire l’espansionismo indiano. I britannici piazzarono navi nel Mar d’Arabia, mentre a nord, d’accordo con Nixon e Kissinger, la Cina ammassava truppe minacciose. Fu Leonid Brezhnev a rompere l’accerchiamento inviando un sottomarino sovietico da Vladivostok per far capire agli americani che non potevano intervenire, e aumentando le truppe al confine con la Cina. L’India vinse. All’epoca, Delhi guidava i Paesi non-allineati, scivolando sempre più verso la sfera sovietica. Da allora, la Russia è il principale fornitore d’armi in India: la dipendenza dalle importazioni da Mosca varia ancor oggi tra il 50 e l’80 per cento, un legame dovuto anche alla manutenzione del vecchio arsenale sovietico, suggellato da un sodalizio nelle sedi internazionali dove, ad esempio, la Russia votò a favore dei test nucleari indiani degli anni Novanta.
narendra modi e mario draghi 3
Da quando è al potere, Modi ha incontrato Putin più di 20 volte. Entrambi sono l’esempio di un “nazionalismo muscolare” populista che finora ha avuto fin troppa fortuna. Inoltre, se da un lato Modi si stringe in un abbraccio occidentale con il Quad, dall’altro, va a letteralmente a braccetto con Putin nella Shanghai Cooperation Organization (dominata da Russia e Cina) e nel BRICS (Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica), organizzazione che punta a un mondo multipolare, ovvero all’indebolimento della supremazia americana.
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L’America ha deluso l’India con la ritirata dall’Afghanistan, dove Modi aveva investito miliardi in infrastrutture. I buoni rapporti della Russia con il regime talebano possono aiutare Modi a recuperare quanto speso. Ma la Casa Bianca fa notare che il giorno dell’invasione dell’Ucraina il premier pachistano Imran Khan, acerrimo nemico di Modi, atterrava a Mosca. Alleanze mobili, anche lì.
Cosa più importante, se l’India si schierasse con l’Occidente, la Russia, con pretesti burocratici, potrebbe ritardare la consegna del moderno sistema missilistico s-400 in grado di contenere le spinte cinesi a nord, che invece Mosca ha iniziato a recapitare a dicembre.
Ed è anche per questo che molti dei sostenitori di Modi fanno il tifo per questi funambolismi diplomatici. Si teme il rischio che la Russia si avvicini troppo alla Cina. Un’asse Putin-Xi sarebbe fatale nel caso in cui la Cina facesse una “mossa ucraina” nell’Himalaya, dove accampa motivazioni pericolosamente simili a quelle del despota russo verso l’Ucraina: legami storici, collegamenti etnici, rischio di minacce dallo Stato confinante.
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E c’è pure un motivo elettorale. Sulla posizione filorussa, il partito conservatore al potere, il Bjp, si trova oggi, per rarissima coincidenza, allineato con la posizione del Partito comunista indiano (marxista), cosa che lo potrebbe avvantaggiare nelle tornate elettorali del 2022. Si sta votando in questi giorni nel popoloso Uttar Pradesh, dove la politica di investimento nelle Forze armate indiane del Bjp di Modi trova ora una giustificazione nel contesto bellico globale.
Il nazionalismo muscolare se ne avvantaggia. E l’India acrobatica, attenta al potere occidentale, ma tentata dalla voglia multipolare, resta lassù a scrutare la mappa, in bilico, aspettando di capire dov’è più utile cascare in questa nuova era geopolitica nata dall’invasione russa dell’Ucraina.
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