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    CHE SORPRESA: GLI STIPENDI IN ITALIA SONO TROPPO BASSI E SPINGONO I GIOVANI ALL'ESTERO - NON CI VOLEVA LA PANDEMIA PER CAPIRLO, MA IL PRESIDENTE DELL'ISTAT BLANGIARDO CERTIFICA IL NOSTRO PROBLEMA GENERAZIONALE: "BASTA CONTRAPPOSIZIONI COI PIÙ VECCHI SUL LAVORO, NON POSSIAMO PERMETTERCI FORME DI ANTICIPO SULLE PENSIONI, LA FLESSIBILITÀ IN USCITA VA RESA SOSTENIBILE" (INSOMMA, GIÀ I RAGAZZI NON GUADAGNANO UNA MAZZA. DEVONO PURE ACCOLLARSI IL BUEN RETIRO DEGLI ANZIANI?)


     
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    Luca Monticelli per "La Stampa"

     

    gian carlo blangiardo gian carlo blangiardo

    «I segnali che registriamo in queste settimane sono molto positivi e il dato sul Pil del secondo trimestre che pubblicheremo venerdì potrebbe confermare il quadro di ripresa». Il presidente dell'Istat, Gian Carlo Blangiardo, vede il miglioramento dell'economia, ma sui giovani avverte: «Il problema dei bassi salari li spinge all'estero». E sulle pensioni dice: «L'Italia non può permettersi forme di anticipo».

     

    Qual è la situazione dopo un anno e mezzo di Covid?

    «La crisi innescata dalla pandemia ha colpito in modo asimmetrico: hanno sofferto di più i giovani, le donne, chi era occupato nel settore dei servizi cui sono state imposte le chiusure anti-contagio. In una prima fase, la perdita di occupazione ha interessato principalmente i dipendenti a termine e gli indipendenti, e solo in un secondo momento ha coinvolto i lavoratori a tempo indeterminato.

     

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    Da inizio anno il quadro è in progressiva ripresa: tra febbraio e maggio il numero di occupati è cresciuto e ha raggiunto i 22 milioni 427mila (+0,8% su gennaio 2021), un livello comunque inferiore di 735mila unità (-3,2%) rispetto a quello pre-pandemia e prossimo ai livelli rilevati a metà 2015. La crescita ha riguardato in special modo i 15-34enni, tra i quali gli occupati sono aumentati di 199mila unità, beneficiando anche della veloce risalita del lavoro a termine».

     

    Eppure la povertà continua a crescere.

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    «Nel 2020 le famiglie in condizioni di povertà assoluta hanno superato i due milioni: oltre 300mila in più in un solo anno. L'incidenza è passata dal 6,4 del 2019 al 7,7%, ed è aumentata la povertà fra coloro che posseggono un lavoro: a livello nazionale, rispetto al 2019, è cresciuta l'incidenza per le famiglie con una persona di riferimento occupata (dal 5,5 al 7,3%).

     

    Ma le misure di aiuto messe in campo dal governo hanno contenuto un po' il colpo: secondo una nostra micro-simulazione, l'indice che misura, al suo crescere, la diseguaglianza del reddito disponibile si è ridotto del 5%. Un altro esercizio Istat stima gli effetti dei principali provvedimenti in termini di riduzione del rischio povertà: per i disoccupati è di circa 6,9 punti percentuali, di 3,5 punti per gli inattivi, di 2,6 per i lavoratori autonomi».

     

    chiuso per virus chiuso per virus

    Ci sono settori in cui le donne e i giovani possono trainare la ripartenza?

    «Quelli legati al commercio, al turismo, e ai trasporti. La ripartenza deve dispiegarsi soprattutto in questi comparti, la manifattura è già tornata sui livelli pre-crisi».

     

    Molte imprese lamentano l'assenza nel mercato del lavoro di alcune figure professionali. Non crede che ci sia un problema salariale dietro questo fenomeno?

    «Questo è un problema, spiega la propensione di molti nostri giovani preparati a cercare un impiego all'estero. Nel corso del primo trimestre 2021 sono stati rinnovati otto contratti nazionali di categoria. Mentre quelli in attesa di rinnovo sono 43 e interessano circa 9,7 milioni di dipendenti - il 78,5% del totale - con un monte retributivo pari al 77,7%».

     

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    I 735 mila occupati che mancano all'appello saranno recuperabili nonostante il crollo delle nascite?

    «Gli effetti della transizione demografica di medio-lungo periodo sono noti: secondo le proiezioni Istat nel 2035 in Italia potremmo avere oltre 5 milioni di persone in meno in età lavorativa.

     

    Guardando al dopo-crisi, invece, la velocità di recupero dei livelli occupazionali dipende da molti fattori: l'anno scorso il tasso di attività è sceso ai minimi del giugno 2011, al 61,7%, per poi risalire gradualmente raggiungendo il 64% a maggio 2021. Molto dipenderà dalla fiducia delle imprese, da come verrà regolato lo smart working, soprattutto da come troveremo il modo di convivere con la coda lunga di questa pandemia».

     

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    Con questi numeri non sembrano esserci margini per abbassare l'età della pensione. Cosa ne pensa?

    «Una popolazione sempre più vecchia e longeva come quella italiana non può più permettersi forme anticipate di pensionamento. Ritengo che la flessibilità in uscita dal mercato del lavoro debba essere sostenibile finanziariamente.

     

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    Inoltre sono convinto che i lavoratori più "maturi" debbano essere messi in condizione di continuare ad offrire il proprio contributo, naturalmente per scelta libera, in modo flessibile e con adeguate forme di incentivazione. La loro presenza nel mercato del lavoro non va messa in contrapposizione con l'occupazione per i giovani, semmai quest'ultima andrebbe aiutata valorizzando forme di accompagnamento e di collaborazione intergenerazionale».

     

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    Le famiglie accumulano risparmio ma i consumi restano al palo, come si possono stimolare?

    «Torna il discorso sulla fiducia: nel nostro Rapporto annuale indichiamo una crescita sull'anno del 4, 7%, sostenuta da una forte domanda per consumi e investimenti che è anche legata all'avvio del Piano nazionale di ripresa e resilienza».

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