dmitri medvedev vladimir putin
1 - ALTRIMENTI
Jena per “La Stampa”
Lunga vita a Putin, altrimenti arriva Medvedev
2 - PERCHÉ I RICCHI RUSSI ODIANO L'OCCIDENTE
Anna Zafesova per “La Stampa”
«Ci odiano! Odiano la Russia e i russi, tutti gli abitanti! Ci hanno odiati praticamente per tutta la nostra storia». Il grido di rabbia di Dmitry Medvedev verso l'Occidente è stato scritto su Telegram quasi contemporaneamente all'annuncio che suo figlio Ilya è stato privato dalle autorità statunitensi del suo visto di lavoro americano, e che avrebbe dovuto lasciare Miami, dove - secondo gossip moscoviti che per ora nessuno ha smentito - possiederebbe una società.
medvedev e il suo fucile
Intanto il suo megayacht Universe da 74 metri è ormeggiato a Sochi, dopo essere stato portato via da Imperia transitando a Istanbul, al sicuro dalle sanzioni internazionali. L'altro yacht più piccolo, Fotinia, di appena 32 metri, al momento dello scoppio della guerra era ancora bloccato dai ghiacci in un porto finlandese, e per tutelarlo dal sequestro una delle società che lo possedevano, legata a un compagno di università di Medvedev - uno dei suoi tradizionali prestanome, secondo le indagini di Alexey Navalny - l'ha venduto a un'altra compagnia di oscure origini.
I vigneti toscani dell'ex presidente russo sono anche loro bloccati dalle sanzioni, e il suo iPhone - Medvedev è celebre per la sua passione verso la Apple, ed era andato in pellegrinaggio a Cupertino per incontrare Steve Jobs - non riesce più ad aggiornarsi e scaricare app in Russia.
UNIVERSE - LO YACHT DI MEDVEDEV
Attribuire il desiderio di un ex presidente e premier russo di scrivere su Telegram agli occidentali «Li odio, devono sparire!» alle sanzioni contro le sue ricchezze e la sua famiglia è sicuramente troppo semplicistico: l'idea complottistica che l'Europa e gli Stati Uniti «per tutta la storia» non hanno fatto che tramare per annientare la Russia è radicata nel nazionalismo russo da almeno tre secoli, e lo stesso Vladimir Putin l'ha espressa pubblicamente diverse volte, anche se con un vocabolario meno infuocato di Medvedev.
lisa peskova 2
Ma sicuramente quella che il politologo Stanislav Belkovsky chiama con la definizione nietzschiana di "risentimento" è un'emozione molto diffusa tra quelli che, come Medvedev, indossavano vestiti firmati da Brioni e Hugo Boss, riempivano le cantine delle dacie di Sassicaia e Chateau Lafitte, collezionavano Mercedes e Ferrari e mandavano le mogli a vivere a Parigi e i figli a studiare in Inghilterra.
Erano la gioia delle griffe del lusso e delle riviste patinate, davano lavoro a migliaia di stilisti, viticoltori e ristoratori, ma rappresentavano paradossalmente anche una speranza politica.
Quando oggi molti si chiedono come mai il militarismo nazionalista russo sia stato così sottovalutato come pericolo, si potrebbe rispondere che Europa e Stati Uniti avevano seguito il principio del "follow the money", seguire i soldi: era impossibile immaginare che una élite così innamorata di tutto quello che era occidentale, dai vestiti al cinema, avrebbe mai lanciato una guerra che un ex presidente - cioè un uomo che per quattro anni aveva posseduto la "valigetta nucleare" - dichiara essere una guerra contro l'Occidente che «deve sparire».
UNIVERSE - LO YACHT DI MEDVEDEV.
La speranza che i pargoli dei ricchi e potenti russi - da Liza Peskova, la figlia del portavoce del Cremlino, che era cresciuta in Francia e aveva lavorato come stagista all'Unione Europea, alle stesse figlie di Putin, che avevano vissuto con i loro compagni nei Paesi Bassi e in Germania - avrebbero rappresentato l'anello di congiunzione tra la nomenclatura ancora sovietica e la classe dirigente occidentale - si è rivelata infondata.
L'Istituto per gli affari internazionali della Polonia nel 2019 aveva dedicato un'intera ricerca ai "figli del Cremlino", per stabilire che «i valori occidentali come la supremazia della legge e la trasparenza solo raramente vengono abbracciati dalla seconda generazione» dei putiniani.
PUTIN MEDVEDEV
L'ossessione consumista, la sete di lusso sfrenato, lo snobismo da nuovi ricchi sono una sindrome fin troppo comprensibile per gli ex sovietici cresciuti tra gli scaffali vuoti, in un mondo di povertà e squallore. Quello che nessuna scuola per pargoli ricchi insegna è che non è una questione di soldi: se sono stati guadagnati con la corruzione, in un Paese che conduce guerre, avvelena oppositori, uccide giornalisti e impoverisce milioni di persone, nemmeno l'acquisto di squadre di calcio, o il finanziamento di musei e teatri, permetterà di acquistare un biglietto d'ingresso nei salotti buoni.
lisa peskova 1
I ministri e gli oligarchi russi, e i loro figli, hanno vissuto la stessa cocente delusione che nei decenni precedenti avevano sperimentato molti ricchi arabi al primo incontro con l'Europa: vestire, mangiare, bere e guidare occidentale non fa diventare occidentali. È una sorta di sindrome di bin Laden, e negli ultimi anni molti russi colti e benestanti avevano cominciato a nutrire verso l'Occidente dal quale si sono sentiti respinti lo stesso odio divorante di Medvedev.
L'opposizione di Navalny si era scelta come slogan quello di una "Russia europea", nel senso di Stato di diritto, libere elezioni e diritti civili. Molti russi, non solo gli oligarchi, utilizzavano però il prefisso "euro" soltanto per distinguere merci di qualità superiore (dagli "eurosanitari" alle "eurofinestre").
E oggi, la prontezza con la quale perfino i governi di Paesi come la Gran Bretagna - dove gli oligarchi russi erano stati cruciali per il mercato immobiliare e finanziario, oltre ad aver coltivato importanti amicizie politiche - hanno sequestrato magioni e yacht, non farà che accrescere il numero di quelli che, come l'ex presidente Medvedev, non riescono a capire come funziona il mondo nel quale per anni hanno speso i loro soldi.
dmitry medvedev al cern con fabiola giannotti vladimir putin al cremlino nel 2004 vladimir putin con il fedele dmitry medvedev PUTIN MEDVEDEV Medvedev Putin Tymoshenko