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    CONTE, UNA POCHETTE SOLA ALLO SBANDO! "MA IO CHE DEVO FARE?" – IL M5S E’ UNA POLVERIERA, LA SCISSIONE DI CRIPPA& CO E’ A UN PASSO E PEPPINIELLO NON SA PIU’ CHE PESCI PIGLIARE – IL SOSPETTO DI UN GIOCO DI SPONDA, TRA IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E LUIGI DI MAIO, INIZIATO CON LA PARTITA DEL QUIRINALE E MAI FINITO. "DRAGHI È UN TECNICO, NON DOVEVA SCENDERE IN CAMPO" – E ALLA FINE DELLA GIORNATA SI ARRENDE: “IL DISCORSO? NON SO COSA SCRIVERE. ANCHE PERCHÉ NON SO ANCORA QUAL È LA NOSTRA LINEA DEFINITIVA”


     
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    Federico Capurso per la Stampa

     

    CONTE DRAGHI CONTE DRAGHI

    Tutti vogliono sapere cosa farà il Movimento 5 stelle oggi in Aula. Voterà la fiducia al governo Draghi o strapperà uscendo dalla maggioranza?

     

    Tutti lo chiedono a Giuseppe Conte. L'unico che può davvero saperlo. E lui, che dalla poltrona del suo studio passa la giornata tra riunioni in videocall e telefonate, risponde alla domanda dei suoi interlocutori con la loro stessa domanda: «Ma io che devo fare?» . Chiede consiglio, alla ricerca di una sfaccettatura ancora non osservata, nonostante il cuore di questa crisi sia sotto i riflettori da giorni. «Che parte faccio? Come ne esco in questa vicenda?». Domande che in fondo, però, hanno il pregio di offrire una risposta, seppur tremenda: neanche Conte lo sa.

     

    A forza di rimuginarci su, nella testa dell'ex premier tutto si mescola. I pericoli di una rottura, i rischi del restare, le sensazioni personali, il recente passato. Le telefonate che ne scandiscono la giornata, a tratti, assomigliano a un flusso di coscienza.

     

    GIUSEPPE CONTE E MARIO DRAGHI GIUSEPPE CONTE E MARIO DRAGHI

    E in chi lo ascolta c'è l'impressione che sul piatto della bilancia del leader pentastellato sia finito anche il rapporto logoro e mai felice con Draghi, che ci sia una ferita ancora aperta e sanguinante, dal giorno in cui i due si sono alternati a palazzo Chigi. «Con Draghi in questi giorni ci siamo parlati tante volte», rivela Conte, ma sono visioni del mondo che restano distanti, quasi inconciliabili, anche nella gestione di questa crisi: «Draghi è un tecnico, non un politico - sottolinea -. E in questa partita non doveva scendere in campo e fare politica. Doveva mantenere il suo ruolo di premier tecnico, super partes».

     

     

    BEPPE GRILLO - GIUSEPPE CONTE - MARIO DRAGHI - BY EDOARDO BARALDI BEPPE GRILLO - GIUSEPPE CONTE - MARIO DRAGHI - BY EDOARDO BARALDI

    È come se restasse ancora il sospetto fortissimo, in queste ore, di un gioco di sponda, tra il presidente del Consiglio e Luigi Di Maio, iniziato con la partita del Quirinale e mai finito. Anzi, quasi rafforzato nelle ultme settimane, tra la scissione decisa dal ministro degli Esteri e il tentativo di questi giorni di sfilare altri parlamentari al Movimento, usando il capogruppo alla Camera Davide Crippa come pietra angolare di una seconda scissione. Di Maio si dice sicuro, riunendo le sue truppe alla Camera, che Crippa e il drappello di circaventi deputati che lo segue avrebbero già deciso di mollare il M5S e appoggiare Draghi. I diretti interessati affidano a una nota, firmata da «fonti della Camera», la replica a brutto muso: «Quanto riferito dal ministro Di Maio non risponde al vero».

     

    In serata però Crippa riunisce i venti «governisti» a Montecitorio. Nel Movimento sale la tensione: «E se stessero decidendo di lasciarci domani mattina, prima del voto in Senato?». È quello che si aspettava il ministro degli Esteri, nella speranza di spolpare il partito di Conte e affossare definitivamente la sua leadership, condannandolo all'irrilevanza politica. Così, in serata, il ministro degli Esteri torna ad avvertire i naviganti: «Veti e bandierine ci portano al voto anticipato». Anche Crippa, però, vuole ragionare, aspettare, capire cosa chiederà di fare Conte in Senato, dove la partita oggi avrà inizio: «Ascolteremo il discorso di Draghi in Aula - dice il capogruppo dei deputati M5S quando ormai è già buio fuori da Montecitorio -. Per me è chiaro che se aprirà ai principali temi posti all'interno dei nove punti da parte del Movimento, diventerà ingiustificabile non confermare la fiducia». Insomma, Crippa è costretto alle ipotesi. Sperava che un segnale dal leader sarebbe arrivato, invece tutto tace.

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    Tra le telefonate al leader grillino ci sono ovviamente quelle dei colonnelli del Pd e di Leu. Provano a incrinare l'indecisione granitica di Conte: «Se voti la fiducia, lasci il cerino in mano al centrodestra - gli dicono tutti -. Scaricherai i problemi su Salvini, Berlusconi e anche su Draghi, che avrà un altro fronte aperto. Non sarai più tu l'unico responsabile di questa situazione». Conte ascolta, ma «come faccio?», chiede anche a loro.

     

    GIUSEPPE CONTE DOPO L INCONTRO CON MARIO DRAGHI A PALAZZO CHIGI GIUSEPPE CONTE DOPO L INCONTRO CON MARIO DRAGHI A PALAZZO CHIGI

    Come spiegare alla base che quello portato sul tavolo di Draghi è stato un penultimatum e niente di più? I senatori, i suoi fedelissimi senatori, gli unici di cui si fida e che per primi hanno spinto per lasciare, come reagirebbero? «Gli sono vicini, capirebbero», lo rassicurano. «Qualcuno deciso a votare contro la fiducia uscirebbe, ma stiamo parlando di un paio di scalmanati».

     

    L'indecisione di Conte, così, si protrae fino a notte inoltrata e la sensazione di disorientamento inizia a prendere alla gola i graduati del partito. Il vicecapogruppo dei senatori del Movimento, Gianluca Ferrara, quando è ormai sera si trova ancora chiuso nel suo ufficio a palazzo Madama. I gomiti poggiati sulla scrivania, la testa tra le mani. Deve scrivere il discorso che pronuncerà oggi, in Aula, al termine delle comunicazioni del presidente del Consiglio. Ferrara fissa il foglio bianco. L'ennesimo tra i tanti già riempiti di cancellature e poi cestinati. «Non so cosa scrivere», ammette a La Stampa.

    GIUSEPPE CONTE LUIGI DI MAIO GIUSEPPE CONTE LUIGI DI MAIO

     

    «Anche perché - aggiunge candidamente - non so ancora qual è la nostra linea definitiva». E in fondo, in quest' ultima semplice risposta, viene dipinto il dramma del leader che travolge l'intero partito.

     

    Nessuno sa di che morte politica dovrà morire. L'unico a non mostrare alcun dubbio è Alessandro Di Battista: «Entrare nel governo Draghi è stato un suicidio», scrive su Twitter. «Io non ho parole per le str.. .ate totali che sono riusciti a fare questi pseudo-dirigenti nell'ultimo anno e mezzo - prosegue in un video sui social attaccando frontalmente gli ex compagni di partito -. Mi dicevano che è facile parlare da fuori, forse perché da fuori non si hanno conflitti di interessi legati a poltrone e stipendi e si ha un po' più di lucidità». Conte, invece, dai dubbi è dilaniato. Ed è la lucidità che cerca. Ma di certo non è quella di Dibba. -

    GIUSEPPE CONTE DOPO L INCONTRO CON MARIO DRAGHI A PALAZZO CHIGI GIUSEPPE CONTE DOPO L INCONTRO CON MARIO DRAGHI A PALAZZO CHIGI draghi conte draghi conte

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