1 - LE TRUFFE DI DI MAIO
Fausto Carioti per Libero quotidiano”
luigi di maio
Certe bugie di Luigi Di Maio saranno evidenti solo tra qualche mese, dopo le elezioni europee. È il caso delle stime di crescita economica inverosimili che ha ordinato a Giovanni Tria di mettere nero su bianco, in modo da fare apparire - finché si potrà - i conti pubblici meno disastrosi di quello che saranno. Altre truffe, invece, sono lampanti già oggi. Le più grosse riguardano il reddito e la pensione di cittadinanza.
LUIGI DI MAIO AL LIAN CLUB
Ieri il governo ha fatto sapere alla commissione europea che il prossimo anno i due interventi costeranno circa 6,5 miliardi di euro. A questi vanno aggiunti i 2,5 miliardi già stanziati per il Rei, il reddito di inclusione voluto dal Pd, che sarà abolito per fare posto alle nuove misure. Il totale fa 9 miliardi. Tale somma dovrà garantire che «nessun cittadino abbia un reddito mensile inferiore ai 780 euro, che crescono in base al numero dei componenti della famiglia», e che le pensioni minime siano «aumentate fino a 780 euro, con una differenziazione tra chi è proprietario di un immobile e chi non lo è».
di maio conte salvini tria
Resta solo da capire se la fregatura sarà a danno di chi incassa la prebenda o di chi la paga. Secondo Giuseppe Conte il reddito di cittadinanza «contribuirà a sollevare dalla soglia della povertà oltre 5 milioni di persone», alcune delle quali partono da zero, e dovranno incassare dunque la somma intera.
I pensionati che oggi ricevono un assegno inferiore a 780 euro, e che da gennaio avranno diritto all'integrazione, sono invece 4,5 milioni. Almeno 9 milioni e mezzo di italiani, quindi, dovranno spartirsi 9 miliardi di euro, e ciò significa che per ognuno di loro lo Stato mette a disposizione, in media, 947 euro l'anno, ovvero appena 79 euro al mese.
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Dunque, delle due l'una: o il governo sta turlupinando i contribuenti, e dopo le elezioni europee presenterà loro un conto di gran lunga superiore a quello prospettato, oppure sta mentendo a disoccupati e pensionati poveri, che avranno molto meno di quanto promesso. Lo scarto tra annunci e realtà è talmente grande che probabilmente finiranno gabbati tutti. In ogni caso, la fregatura è matematica.
IL CONTRATTO? NON VALE PIÙ
E non è nemmeno l'unica legata al sussidio di nullafacenza. La storia era iniziata con Di Maio che tranquillizzava Matteo Salvini: «Il reddito di cittadinanza andrà solo agli italiani». Frase ripetuta tre giorni fa, durante la trasmissione televisiva Domenica Live, dopo che lo stesso grillino aveva annunciato che ne avrebbero goduto pure gli stranieri «residenti in Italia da dieci anni».
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Ieri, nei documenti inviati dal governo a Bruxelles, la sorpresa: dell' assegno «possono beneficiare i maggiorenni residenti in Italia da almeno cinque anni, disoccupati o inoccupati (inclusi pensionati)». E questo allarga ulteriormente il numero dei non italiani aventi diritto all' assegno finanziato dai fessi che lavorano.
Regalare soldi costa e con l' indebitamento non si può fare tutto. Un antipasto del trattamento che sarà inflitto a milioni di contribuenti è già stato messo in cantiere per i pensionati. Ricordate il «contratto» di governo? «Per una maggiore equità sociale», vi si leggeva, «riteniamo altresì necessario un intervento finalizzato al taglio delle cosiddette pensioni d'oro, superiori ai 5.000,00 euro netti mensili, non giustificate dai contributi versati». Si è rivelato anch' esso una bugia.
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Si è scoperto che la ricostruzione del monte contributi è impossibile per molte categorie di pensionati, inclusi gran parte di quelli pubblici, ma questo non ha fatto cambiare idea a Di Maio. Il quale, anzi, ha preteso di abbassare la soglia: l' intervento riguarderà gli assegni sopra i 4.500 euro netti al mese.
Nelle intenzioni del governo dovrà fruttare un miliardo di euro in tre anni, ma dall'Inps hanno già fatto sapere che il guadagno per lo Stato sarà «inferiore ai 150 milioni l'anno». Anche per questo i Cinque Stelle avevano accarezzato l'idea di calare ancora di più l' assicella, penalizzando con un decreto chi riceve un assegno superiore ai 3.500 euro: almeno in tale occasione, la Lega li ha fermati.
QUANDO IL DANNO È FATTO
conte e tria
Il vicepremier e il suo partito hanno mentito sull' Ilva. Ne era stata promessa la chiusura e i suoi dipendenti avrebbero dovuto essere «convertiti» per bonificare l' area e svolgere non meglio precisati «ecolavori che permettano a Taranto di sollevarsi dal punto di vista del turismo e dei prodotti agroalimentari» (Di Maio dixit). Dopo una manfrina durata mesi, lui stesso ha siglato un accordo ricalcato su quello raggiunto dal suo predecessore Carlo Calenda.
Copione identico sulla Tap, il gasdotto progettato per unire le sponde azere del Mar Caspio con quelle pugliesi. La chiusura dei cantieri in Salento faceva parte degli impegni assunti dal M5S con gli elettori locali, ribaditi a settembre dal ministro dello Sviluppo economico: «Non si può prescindere dal dialogo con le comunità ed è inutile pensare di fare un' opera senza discutere col sindaco e i cittadini».
MICHELE EMILIANO LUIGI DI MAIO
Ovviamente il gasdotto si farà. «Abbiamo le mani legate dal costo troppo alto che dovremmo far pagare al Paese» in caso di annullamento dell' opera, si è giustificata la grillina Barbara Lezzi, ministro per il Sud. La cosa era nota già prima delle elezioni, così come si sapeva dell' impossibilità di chiudere l' Ilva e come oggi si sa che 9 miliardi non bastano a dare 780 euro al mese a quasi dieci milioni di italiani. Ma anche in questo caso fingeranno di scoprirlo in ritardo, quando avranno preso i voti e il danno all' Italia sarà stato fatto.
2 - DAL TAP AL VIA LIBERA SUL CONDONO LA BASE PROCESSA I 5 STELLE DI GOVERNO
Alessandro Trocino per il “Corriere della Sera”
no tap
«Io non mi vergogno a chiedere scusa: non ce l' abbiamo fatta a mantenere le promesse». Antonio Trevisi, consigliere pugliese 5 Stelle, è uno dei pochi ad ammetterlo. A dire senza giri di parole che non è stato in grado di rispettare gli impegni della campagna elettorale. «Siamo stati ottimisti. Siamo stati ingenui -spiega all' Huffington Post-. Ieri avevamo le lacrime agli occhi, ma non siamo in malafede».
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Trevisi si riferisce all'incontro a Palazzo Chigi con il premier, che segna l'ennesimo dietrofront del Movimento: il Tap, l' odiato Trans Adriatic Pipeline con destinazione Melendugno (Lecce) probabilmente si farà. E si farà anche il condono, sia pure limitato, nonostante tutte le rassicurazioni dei vertici. Così come è probabile che si vada avanti con la Tav.
L' elenco delle promesse fatte, e delle conseguenti giravolte, comincia a farsi lungo per i 5 Stelle. Forse non è un caso che ieri Luigi Di Maio abbia voluto rilanciare con evidenza una delle poche battaglie vinte (o quasi, vista la massa di ricorsi in arrivo): quella sui vitalizi. Twittando: «Detto, fatto. Promessa mantenuta. Bye bye vitalizi anche per gli ex senatori. Evviva!».
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Un modo, racconta in Transatlantico un peone 5 Stelle, per nascondere la sconfitta della manovra: «I vitalizi sono ormai un' arma di distrazione di massa, utile ogni volta che siamo in difficoltà». E la pillola del condono è stata amara da ingoiare. I mugugni non mancano, anche se i 5 Stelle hanno intrapreso un percorso di realismo politico, sia pure occulto, mai dichiarato pubblicamente. E anche se non mancano i risultati da mostrare agli elettori, in attesa di verificarne l' efficacia: dal reddito di cittadinanza all' abolizione delle pensioni d' oro, dallo «spazza corrotti» allo stop alla pubblicità sul gioco d' azzardo.
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Il premier Conte si è esibito in un raffinato esercizio lessicale, trasformando il condono in «definizioni agevolate». E ieri Di Maio si è difeso anche sulla sanatoria delle cartelle: «È una rottamazione ter che aiuterà molte imprese in difficoltà». Pazienza se più volte ha ripetuto di non essere «disponibile a nessun condono».
Salvini non ha sentito ragioni.
E sta passando come una ruspa sulle resistenze M5S sul Tap. «Abbiamo le mani legate» spiega Barbara Lezzi. Nel mirino finisce pure il governatore Michele Emiliano, finora filo M5S, che si infuria: «Sono voltagabbana e in malafede». E chissà come la prenderà Alessandro Di Battista che comiziò perentorio: «Una volta al governo, bloccheremo il Tap in due settimane».
Non è andata così. E potrebbe andare avanti anche la Tav, «opera inutile e vergognosa» (Di Maio, dicembre 2016). Del resto, dall' opposizione è tutto più semplice. Se ne accorse il sindaco di Parma Federico Pizzarotti: arrivato al potere con gli slogan «chiudiamo l' inceneritore», si accorse che non era possibile, causa penali. Fu incenerito dai 5 Stelle, che ora si trovano dall' altra parte della barricata.
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E scoprono che non si può fare tutto e subito. Che non si possono «dimezzare gli stipendi ai deputati» «nel primo Consiglio dei ministri». O che, se si poteva, non è stato fatto. Che lo slogan del «mai più premier eletti da nessuno» non regge (salvo riforme costituzionali), vedi alla voce Conte. Che dall' Europa non si può uscire con un referendum (dissolto nei velluti di Palazzo Chigi). E che la decrescita felice di Latouche è destinata a restare confinata nel blog di Grillo, perché prima c' è da far salire il Pil. Quanto alla povertà, pare che non sia bastato un decreto per abolirla davvero.
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