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    QUANTO RENDE ‘STO POLITICAMENTE CORRETTO... - SCAZZO SOCIAL TRA LA SCRITTRICE NIGERIANA 43ENNE, CHIMAMANDA NGOZI ADICHIE, E L’EX AMICA-ALLIEVA AKWAEKE EMEZI CHE HA AIZZATO I FOLLOWER CONTRO LA MAESTRA, ACCUSANDOLA DI TRANSFOBIA – OVVIAMENTE IL DISCORSO DI ADICHIE ERA MOLTO PIÙ COMPLESSO, MA L’ONDA DELLA “CANCEL CULTURE” PORTA VISIBILITÀ E CONSENTE DI ENTRARE NEL CIRCOLETTO DEGLI INDIGNATI SPECIALI – LA RISPOSTA DI ADICHIE AI “POLITICAMENTE IDIOTI” È DA APPLAUSI


     
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    Matteo Persivale per il "Corriere della Sera"

     

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    Gli scrittori litigano per i motivi più vari: per questioni stilistiche (Hemingway contro Faulkner), di statura fisica (il compatto Keats contro Byron alto 1,80), di rispetto verso l' Islam (le Carré contro Rushdie), a volte per motivi banalmente umani (Hans Christian Andersen che passa a casa Dickens per un saluto e, trovandosi bene, decide di restare per cinque settimane).

     

    Quello tra Chimamanda Ngozi Adichie e l' ex amica-allieva Akwaeke Emezi non è il classico scontro tra allievi ingrati e maestri severi (genere Naipaul contro Theroux): assistiamo a un j' accuse di rara lucidità contro il bullismo via social media (con il pretesto della difesa dei diritti) e la cosiddetta «cancel culture» che commina pene gravissime a chiunque non si dimostri abbastanza fedele alla linea (come sempre succede tra moralisti inflessibili poi, alla fine arriva qualcuno più puro di te che ti mette sotto accusa, ma è un altro discorso).

     

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    Qui c' è Adichie, nigeriana, 43 anni, grande scrittrice famosa in tutto il mondo, una delle voci più autorevoli di questi tempi difficili (non ha - ancora? - vinto il Nobel ma ha già avuto il titolo di un libro stampato sulle magliette di Dior, la stilista Maria Grazia Chiuri è una delle sue fan famose) contro la collega 34enne Akwaeke Emezi.

     

    Non si parlavano da anni: capita. Emezi ha insultato l' amica ma poi l' ha indicata come persona di riferimento per ottenere il visto americano: non bellissimo, ma capita anche questo, specialmente in tempi di restrizioni sull' immigrazione.

    Chimamanda Ngozi Adichie ha chiesto alla ex amica attraverso il suo sito (attirando tanto traffico da farlo andare in tilt per qualche ora e suscitando rimpianti nei giornali di mezzo mondo per non averlo proposto a loro): «Mi dai pubblicamente dell'assassina e ti senti ancora in diritto di usare il mio nome quando ti fa comodo?».

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    La risposta, nell' era dei social media sui quali i processi sono sommari e l' espiazione è senza fine, è «certo che sì, perbacco». Perché Emezi ha giocato all' attacco fin dall' inizio, e sui social media chi picchia per primo picchia mille volte (Adichie è più grande come scrittrice, ma l' altra ha i follower più avvelenati).

     

    È una storia semplice: Adichie aiuta la giovane Emezi all' inizio della carriera, diventano amiche, ma quattro anni fa Adichie dice alla Bbc che «le donne trans sono donne trans» all' interno di un discorso leggermente più complesso («Penso che se hai vissuto nel mondo come uomo, con i privilegi che il mondo accorda agli uomini, e poi cambi genere, diventa difficile per me equiparare la tua esperienza con l' esperienza di una donna che ha vissuto fin dall' inizio nel mondo come donna, donna alla quale non sono stati concessi i privilegi degli uomini»).

     

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    Una posizione sulla quale si può legittimamente discutere in modo civile, o che si può usare come pretesto per lanciarsi in accuse di transfobia.

    Emezi (non binaria, identifica se stessa usando il pronome «they») criticò immediatamente Adichie sui social, attirando su di lei l' ira funesta dei follower (metodo classico).

    Adichie aveva poi - scavandosi la fossa social - definito «ragionevole» l' articolo che scaraventò l' autrice della saga di «Harry Potter», J.K. Rowling, nel famelico tritacarne dei cancellatori di Twitter.

     

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    È deprimente che l'autrice di libri importanti come «Metà di un sole giallo», «Americanah», «Dovremmo essere tutti femministi» (Einaudi) finisca tacciata di crimini orrendi contro l'umanità? Sì, ma è come lamentarsi del maltempo. Adichie si è ribellata, ha spiegato che la cultura del bullismo a fin di bene è «oscena», e ha fornito la definizione finora più bella mai data dei social media (Emezi usa con abilità le storie di Instagram) usati come manganelli: «Ci sono molte persone, sui social media, piene d' ipocrisia e prive di compassione, capaci di pontificare con facilità su Twitter se si parla di gentilezza ma non sono in grado di mostrare vera gentilezza.

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    Persone le cui vite sui social media sono casi di studio di aridità emotiva. Persone per le quali l' amicizia - e le sue aspettative: lealtà, compassione e sostegno - non contano più». Non c' è bisogno d' aggiungere altro.

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