Andrea Galli per il “Corriere della Sera”
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Pare che, a quest' ultimo giro (in elicottero), Loris Sabatucci abbia davvero sconfinato. Con ieri eravamo a una drammatica settimana di prigione a Tangeri, in Marocco, conseguenza dell'arresto con l'accusa di clandestinità in quanto il 45enne pregiudicato, base a Milano (al Corriere risulta l'indirizzo di un grattacielo a Porta Garibaldi), era senza documenti. L'invio giovedì del passaporto attraverso il fratello non aveva generato alcun risultato, ma a tarda sera il corpo diplomatico italiano ha comunicato la scarcerazione - che non si esclude «strategica» per consentire i pedinamenti e le intercettazioni -, previa comunque la non partenza in attesa di un titolo di viaggio firmato dalla nostra Ambasciata a Casablanca, con l'assunzione di responsabilità e garanzie.
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Sempre escludendo una nuova cattura che impedisca l'addio al Marocco. Si dice che Sabatucci sia uno «youtuber», però bisogna intendersi sul significato del termine: i filmati lo mostrano in azioni illegali e incoscienti, tipo guidare a trecento all'ora. Ciò premesso, come confermato dal paziente avvocato Roberto Grittini che lo segue da un pezzo, Sabatucci ha sostato a lungo in cella («Ho dormito con i piedi sulla sedia per fuggire dai topi, siamo infestati», ha comunicato in una rapida telefonata col legale), dovendo fornire spiegazioni ai magistrati: non tanto per l'assenza dei documenti, che rappresentano un mistero (s' ignora se sia stata un'idea balzana o una dimenticanza innescata dalla fretta di dover volare per forza), quanto per l'elicottero stesso.
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Che, in questa storia svelata ieri dal quotidiano Il Giorno, è sparito. L'arresto era avvenuto ore dopo l'atterraggio, dunque lontano da quel vecchio e disarmato velivolo di guerra attivo nell'ex Jugoslavia, forse poiché l'indagato non poteva mostrare cosa e quanto ci fosse a bordo. E qui si innescano dei ragionamenti. Il soprannome del penitenziario di Tangeri è «galera della droga», in relazione all'affollamento di trafficanti sulla rotta con la Spagna. Tangeri non è più l'enclave del secondo Dopoguerra, punto centrale nel Mediterraneo dei viaggi delle sigarette di contrabbando americane smistate in Europa, e non è più nemmeno l'ex zona franca priva di ogni forma d'imposizione fiscale e capace di ospitare, nel 1950, cento banche e quattromila società di copertura degli affari sporchi.
Però con la pandemia il contrabbando di sigarette ha ripreso slancio e in questo settore criminale Sabatucci è un esperto: la Guardia di Finanza lo arrestò nel 2017; scortava 12 tonnellate di «bionde» illegali. Poi, come detto, Tangeri si conferma cruciale nella geografia della droga, e nel 2018, ancora i finanzieri bloccarono Sabatucci: muoveva un carico di stupefacenti in Sardegna. Su un elicottero. Magari sarà una casualità, però la fedina penale, la geografia (Tangeri, non un'altra zona) e i sospetti della polizia spingono alla costruzione di un possibilissimo scenario - per appunto il narcotraffico -, uno scenario che forse si riteneva più forte di eventuali indagini, e invece crollato a causa di qualcuno che si sarebbe venduto l'italiano.
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Il quale ha della vita una concezione tutta sua, oltre i limiti. La banca dati delle società certifica l'apertura di un'attività di mediazione immobiliare nella natia Piacenza, ma due assegni scoperti forniscono di Sabatucci il seguente profilo: nella «classe statistica di rischio», sulla scala che va da 1 a 7 lui è posizionato al numero 7. Quegli assegni, di quattro anni fa, ammontavano a 1.600 e 6.500 euro, cifre irrisorie se confrontate con gli accertamenti patrimoniali relativi a immobili, macchine Audi e Mercedes, e quell'elicottero della Sardegna, la cui proprietà rimandava a un trust in New Mexico, negli Usa. Eppure, Sabatucci non disponeva del denaro per coprire i versamenti.
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Possibile? La sua rete di conoscenze è ampia, internazionale; lui si considera un personaggio unico spinto da una insopprimibile ansia da avventuriero, ma forse, per farla più semplice, trattasi dell'ennesima anima nera. Ora terrorizzata. Le autorità marocchine sono state in verità a lungo ermetiche con il nostro corpo diplomatico, forse per una nazionalistica riservatezza che trascende la retorica della cooperazione tra Stati (succede anche all'interno dell'Unione europea coi latitanti), o forse perché l'elicottero nascosto sarà un propulsore di potenti indagini.