Emanuele Macaluso per www.huffingtonpost.it
Emanuele Macaluso
Leggo, con un certo stupore, che in parecchi ricorrono al paragone con la ”svolta di Salerno fatta da Togliatti (a proposito: finalmente rivalutato, quasi santificato), per indurre il Pd oggi ad accettare qualunque cosa nella trattativa con i Cinque stelle, pur di fare il governo. Si dice: se Togliatti fece l’accordo con Badoglio, nominato dal re, allora, che volete che sia, anche il Pd può fare l’accordo con i Cinque stelle. Vedo che oggi fa propria questa favola, anche Giuliano Cazzola sul Foglio, persona informata, che la storia la conosce. Allora, occorre ricordare l’essenziale, che rende il paragone tra l’allora e l’oggi semplicemente lunare.
zingaretti renzi
Ricordiamo: Togliatti fece la “svolta di Salerno” nel 1944, nel marzo del 1944; l’Italia, ancora in guerra, era spaccata in due, con l’esercito nazista che occupava il centronord, Roma compresa (la settimana prima c’era stata la strage delle fosse Ardeatine); c’era la resistenza, il Cln e in questo comitato di liberazione combattevano, assieme, i comunisti, socialisti, democristiani, liberali, molti di quali erano monarchici. Ricordo anche il Corpo dei volontari della libertà, il braccio militare della resistenza, era guidato da Luigi Longo, Ferruccio Parri e Raffaele Cadorna che era monarchico. Dunque, per farla breve, Togliatti assunse la decisione di costruire un fronte unitario antifascista con tutte le altre forze politiche che in quel momento combattevano il fascismo: prima la Liberazione, poi facciamo la Costituente.
Macaluso
Bene. Domando: che c’entra con l’oggi? C’è forse la guerra? Ci sono i tedeschi in Italia? C’è il fascismo durato vent’anni? Domando: che c’entra? La verità è che c’è tutta una parte del mondo politico e anche intellettuale che, in sostanza e anche ricorrendo, come in questo caso a paragoni assai arditi, sta dicendo: il Pd si deve bere tutto, pur di fare il governo, costi quel che costi alla sinistra. Questo è il punto: accettare tutto, anche una scelta incomprensibile per il suo popolo, rinunciare a un punto di vista autonomo nella società italiana, pur di fare il governo. E fermare Salvini, come se questo fosse il nazismo, appunto, a tutti i costi.
Non è una tesi accettabile. Le elezioni non sono il nazismo e la guerra, sono semplicemente un appuntamento democratico, in un paese democratico. Va bene, è giusto provarci, andare a vedere se è possibile un governo con i Cinque Stelle, ma non a tutti i costi. Altrimenti non si può evitare il voto, cioè un appuntamento democratico, come un pericolo, se le condizioni non sono inaccettabili, come al momento appare, senza nessuna discontinuità, dal presidente del Consiglio ai ministri, senza rivedere leggi infami varate in questo anno come i decreti sicurezza, senza mettere mano alle questioni della giustizia, segnate da una impostazione giustizialista.
togliatti
Cioè non si può chiedere al Pd di ingurgitare anche l’indigeribile, in nome di non si capisce quale interesse nazionale, quando invece l’interesse nazionale sarebbe non un papocchio che alimenta il populismo di Salvini, ma ridare senso alla democrazia italiana, chiamando il tuo popolo a sostenere una battaglia politica e culturale. Il cui esito, a mio giudizio, non è affatto scontato. Ecco, questa è la vita democratica.
Ed esiste, o meglio dovrebbe esistere, anche una sana vita democratica dentro i partiti. È chiaro quel che sta accadendo nel Pd, dove l’ex segretario Matteo Renzi sta utilizzando la questione del governo per indebolire il segretario in carica, al punto da far sapere che a lui andrebbe bene Conte, insomma l’importante è che nasca un qualunque governo senza andare tanto per il sottile sul suo profilo politico e culturale.
LUIGI DI MAIO E MATTEO SALVINI INVECCHIATI CON FACEAPP
Un’operazione che rappresenterebbe la fine del Pd in quanto tale. È l’approccio di chi dice “o me o nessuno”, nel senso che “o in un partito comando io oppure tanto vale sfasciare tutto”, senza riconoscere che un partito è una comunità con le sue regole democratiche e un suo stile di convivenza.
Ho iniziato questa riflessione con un excursus sul passato, la termino con un altro excursus: De Gasperi, dopo la sconfitta nella legge truffa, si ritirò in Valsugana; Moro, dopo aver presieduto il governo di centrosinistra nel ’68, fu messo fuori dalla corrente dorotea che pure aveva fondato perché avrebbe dato troppo spazio alla sinistra e ai socialisti.
RENZI E IL NO ALLA FIDUCIA A CONTE
E al congresso del ’69 si presentò e raccolse il 7 per cento (tra quei voti c’erano anche quelli di Mattarella padre, in Sicilia); lo stesso ha fatto Fanfani, che più volte nel corso della sua vita politica ha avuto incarichi di governo, ma anche fasi da deputato semplice. È quel che non riesce a fare il senatore di Rignano. Il quale, dopo aver portato la sinistra in Italia al minimo storico, adesso è alacremente impegnato a indebolire il segretario in carica. Voi capite che, analizzati tutti gli elementi, questa confusa trattativa tra Pd e Cinque Stelle con Togliatti e la svolta di Salerno non c’entra proprio nulla.
matteo salvini luigi di maio