Marco Conti per il Messaggero
haftar serraj
«Quando i francesi si occupano di Libia producono solo danni». Alla Farnesina c'è grande attivismo in vista della Conferenza degli ambasciatori che si apre nel pomeriggio alla presenza del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, e che il presidente del Consiglio Paolo Gentiloni chiuderà mercoledì. Domani a Parigi, mentre a Roma ci si occuperà di Sicurezza e crescita nell'età del disordine, il presidente francese Manuel Macron cercherà la foto opportunity con i due principali protagonisti della crisi libica: il premier Fayez Al Serraj e il generale Khalifa Haftar. Il primo legittimato dalle Nazioni Unite e sostenuto dall'Italia, il secondo spalleggiato dall'Egitto, dalla Russia, dalla cosiddetta Nato araba e dalla Francia.
UOMO FORTE
donald trump emmanuel macron
Basta questo a giustificare prima la sorpresa e poi l'irritazione di palazzo Chigi per aver appreso da Tripoli e non da Parigi dell'iniziativa attraverso la quale Macron cerca di porre l'uomo forte della Cirenaica, Haftar, sullo stesso piano del presidente libico Serraj. E solo ieri il nuovo inviato dell'Onu, Ghassan Salame, ha confermato la sua partecipazione al vertice parigino.
A COSE FATTE
Non è la prima volta che i francesi informano l'Italia e l'Europa a cose fatte contando forse - come accadde nel 2011 - sul momento di transizione politica che sta vivendo il nostro Paese. E non è nemmeno la prima volta che un presidente francese, in crisi di popolarità, la cerchi fuori dai propri confini. Resta il fatto che oggi alla Conferenza degli ambasciatori parteciperà come ospite d'onore anche il ministro degli Esteri francese Yves Le Drian che di recente ha sostenuto che «la Libia ha bisogno di costruire un esercito nazionale» che comprenda anche le milizie di Haftar.
GENTILONI SERRAJ
Roma è riconosciuta da Washington e da Bruxelles coordinatrice degli sforzi diplomatici in atto in Libia, ed è ovvio che la Farnesina chieda conto al titolare di Quai d'Orsay delle iniziative che Macron intende proporre domani a Parigi.
Jean Yves Le Drian
Più che la preoccupazione per un possibile scippo di iniziativa diplomatica, a palazzo Chigi c'è attenzione per i possibili contraccolpi che potrebbe avere l'iniziativa del presidente francese che rischia di non aver maggior successo di quella tentata a maggio ad Abu Dhabi quando i due - Serraj e Haftar - non si scambiarono nemmeno una stretta di mano. Se non fosse che i due protagonisti dello stallo in Libia sono anche coloro che più incidono sull'emergenza migranti che sulle coste italiane si è scatenata nel 2011 dopo che un altro presidente francese in crisi di popolarità, decise di bombardare Tripoli.
E così mentre Macron definisce migranti economici tutti, o quasi, coloro che sbarcano sulle nostre coste, tocca al ministro Marco Minniti volare oggi a Tunisi dove parteciperà all'incontro del gruppo di Contatto Europa-Africa alla presenza del commissario europeo Avramopulos che arriverà in Tunisia con una dotazione di 200 milioni. Obiettivo trovare i modi per fermare i migranti nei loro Paesi d'origine offrendo iniziative e denaro per bloccare l'esodo e contrastare le organizzazioni criminali che gestiscono e lucrano sul traffico.
MINNITI CON I CAPI TRIBU DELLA LIBIA
Intorno al tavolo sette paesi europei (Italia, Austria, Francia, Germania, Malta, Slovenia e Svizzera) assieme a Tunisia, Ciad, Niger, Algeria, e Libia. Tutto con l'orecchio teso a ciò che accadrà all'Eliseo dove sino a ieri non figurava nell'agenda degli impegni ufficiali di Macron l'incontro con i due protagonisti della crisi libica.