Aldo Cazzullo per corriere.it
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Il dibattito in vista del ballottaggio delle presidenziali francesi, in programma domenica, è in corso. Marine Le Pen, candidata della destra, e il presidente uscente Emmanuel Macron, si stanno scontrando in diretta. Qui le pagelle, fino ad ora.
ARGOMENTAZIONI
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Sull’economia, Macron si è letteralmente mangiato Marine Le Pen, più o meno come nel 2017. La cosa non deve stupire: Macron è un tecnocrate che ha fatto il ministro delle Finanze e il presidente della Repubblica; Le Pen è una leader politica, che ha fatto propaganda per tutta la vita.
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La differenza si tocca con mano. Marine ha remato, come un allievo che studia, si applica, ma proprio non ci arriva. Emmanuel ha tentato di non assumere l’aria da professorino, ma alla lunga non si è tenuto, e ha finito per sembrare arrogante. Ma quando lei si è inoltrata nel vasto mare della geopolitica, lui ha avuto buon gioco a risponderle che la Francia da sola senza l’Europa non può reggere il confronto con Russia, Cina, India, Stati Uniti. Quando poi Le Pen sostiene che la questione ambientale si risolve a livello locale, si fa del male da sola.
LINGUAGGIO
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I due candidati che parlano il miglior francese – il polemista Zemmour e il tribuno Mélenchon - sono stati eliminati. Macron parla una lingua precisa, tecnica, ricca di sigle e di numeri, difficile da smentire, che però non arriva al cuore dei telespettatori. Le Pen è molto più diretta, basica, immediata. Lui talora scherza – “lei ha cambiato idea su quasi tutto, è davvero madame Le Pen che ho di fronte?” – ma non riesce a far sorridere. Lei a volte si impappina, le manca la parola. Lo slogan le riesce facile, il ragionamento meno.
STILE
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Il presidente parte all’apparenza cavalleresco, riconoscendo che la rivale ha ragione quando parla della sofferenza dei francesi. Poi non resiste, le sorride in faccia, ripete più volte «la informo che…», la interrompe di continuo, troppo spesso, sino a farsi rimproverare dai conduttori e a rendersi quasi antipatico («Non dica bêtise, sciocchezze»). «Ne me coupez pas», non mi interrompa, diventa il mantra di Marine, e resterà come una delle frasi simbolo del dibattito. Lui spesso legge e abbassa gli occhi. Tenta di fare una battuta galante – «io sono invecchiato in questi cinque anni, lei no» – ma non gli viene naturale.
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Lei, pur essendo bretone, appare più mediterranea, gesticola, sorride. Finisce quasi rauca. I suoi momenti migliori sono quando parla della Francia e della sua «grandeur», inducendo Macron a rispondere: «Non sono meno francese di lei». Alla fine lui rinuncia all’aplomb presidenziale, mostrandosi candidato; ed esagera quando parla di rischio di «guerra civile» in caso di vittoria di Marine. Lei è più alla mano, ma forse anche per questo non riesce proprio a dimostrare statura presidenziale.
EMPATIA
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Lei promette di essere «la presidente del quotidiano, della vita vera». Lui risponde che «stiamo tutti nella vita vera», ma non si scrolla di dosso l’immagine di presidente dei privilegiati. Cinque anni fa, Macron sembrava ancora un ragazzo da proteggere, quando spalancava gli occhioni azzurri.
Adesso è più affilato, stempiato, truccato (si è fatto ritoccare il fondotinta in diretta prima di cominciare il duello: una piccola gaffe). Ed è apparso nervoso, o almeno nervosetto. Lei nel 2017 si era rivelata troppo aggressiva. Anche stavolta è stata tranchante, ma ha badato a rassicurare più che ad attaccare, a porsi come una mamma o meglio una zia protettiva e affidabile. Ha avuto il merito di introdurre il tema dei giovani, che hanno sofferto molto i due anni di pandemia.
LOOK
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Non si giudicano ovviamente l’aspetto fisico o i vestiti, ma l’attitudine, l’atteggiamento, il modo di porsi, l’immagine e quindi l’idea che ogni candidato ha tentato di trasmettere di sé. Tra i due, è Marine Le Pen ad aver puntato sul discorso sociale, e a porsi, se non come una donna del popolo, come una borghese compassionevole, con catenina e medaglietta. Emmanuel Macron si pone come giovane vecchio. In campagna elettorale l’abbiamo visto con barba lunga alla Zelensky e con la camicia bianca aperta sul petto villoso. Ieri pareva quasi in divisa, un po’ ingessato, un po’ ingobbito. Lei ha un atteggiamento mite che sottolinea quando si riavvia i capelli, lui incrocia le braccia come a marcare una distanza, e punta un po’ troppo spesso il dito accusatore. (A un certo punto nella foga dimentica di bere e gli spunta dalle labbra un filo di bava; pietosa, la telecamera sfuma, e il regista cambia inquadratura).
IDEE
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Tra le più bizzarre, il «Google europeo» di Marine Le Pen. «Google non è stato inventato da un governo ma da un imprenditore» le ricorda Macron. Più interessante lo scontro su De Gaulle. Le Pen rivendica l’idea del Generale, l’Europa delle nazioni, e distingue tra i Paesi europei, che assicura di amare, e l’Unione europea, una costruzione politica perniciosa. Macron ribatte: «Considerando da dove viene lei», cioè dall’estrema destra che difese l’Algeria francese, «lei non può parlare di De Gaulle». Va detto che Macron ha fatto sì qualche proposta economica, ma sul piano delle idee non ha espresso grandi novità. Bene sull’Europa, ma poco simpatica l’insistenza sulla «coppia franco-tedesca».
VISIONE
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Può darsi che Macron si spinga troppo in là, quando vede una società in cui si viaggia solo su auto elettriche, si prendono tutte le decisioni importanti a Bruxelles, gli africani avranno una grande chance di sviluppo. Di sicuro Marine Le Pen, quando vagheggia una Francia «potenza mondiale non continentale», quando vuole abolire l’eolico e rilanciare il carbone, abita il mondo di ieri.
APPELLO FINALE
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Macron l’ha completamente sbagliato, rivolgendosi all’avversaria, talora a occhi bassi, quasi ignorando i telespettatori. Lei invece si è rivolta ai francesi. Ha trovato un affondo efficace contro «i predatori in alto, che volano nei paradisi fiscali, e i predatori in basso, che rubano per strada». Ma poi si è persa, e ha finito per leggere: non si ricordava più la conclusione del discorsetto che si era preparata.
macron le pen 22 MARINE LE PEN CON LA STESSA POSA DI EMMANUEL MACRON