Vincenzo Nigro per “la Repubblica”
EMMANUEL MACRON
Maggioranza assoluta per la République en Marche, come previsto ormai da giorni. Sì, forse ci sono alcune decine di deputati in meno rispetto ai 470 deputati previsti dai sondaggi migliori. Ma solo 2 mesi fa nessuno immaginava neppure lontanamente quello che è successo: un nuovo presidente, giovane e visionario come Emmanuel Macron. E alle sue spalle un partito da 360 deputati, una squadra talmente forte da poter controllare saldamente la politica francese.
Jean-Luc Melenchon
En Marche raggiunge almeno 355/365 seggi, molti di più della maggioranza di 289 in una Assemblea nazionale di 577 deputati. La destra dei Républicains rimane a 125/133 deputati: sono abbastanza per non far gridare più a nessuno di "Parlamento stile nord-Corea", ma saranno innocui se Macron saprà guidare bene la macchina politica del suo partito. Il Ps crolla a circa 40/45 seggi, va un po' meglio degli ultimi sondaggi, ma comunque esce a pezzi dalle elezioni. Un voto segnato dall' astensione record: 56.6%.
MARINE LE PEN
Soltanto a febbraio il giovane leader di En Marche si schermiva, diceva in un' intervista «non sarebbe opportuno e auspicabile una maggioranza assoluta di un solo partito»; si preparava a coalizioni, a cercare alleati per il partito appena nato. E invece la straordinaria vittoria nelle presidenziali, con la polarizzazione estrema dovuta alla battaglia contro Marine Le Pen, hanno portato il movimento di Macron a vincere una solida quota di deputati.
marine le pen e louis aliot
Ieri sera i partiti hanno iniziato quasi tutti a commentare il voto con la testa rivolta ancora al passato. Il primo a presentarsi in televisione, alle 20.07, pochi secondi dopo l' annuncio della disfatta delle 20, è stato il primo segretario socialista Jean Christophe Cambadelis. Il vero autore della disfatta socialista, François Hollande, il leader che per 5 anni aveva mal guidato il paese e il partito, aveva già annunciato la sconfitta mesi fa, quando non si era ricandidato all' Eliseo. Cambadelis è stato di una sincerità disarmante: fatto fuori nel suo collegio già al primo turno, il primo segretario del Ps dice semplicemente «dovremo rivedere tutto, dobbiamo prima capire e poi decidere cosa fare. Io continuerò se potrò a dare una mano, ma da stasera lascio il mio incarico».
jean marie le pen florian philippot
Le Pen che aveva sognato la presidenza della Repubblica riesce a entrare in Parlamento, ma con lei ci sono solo 6 o 7 deputati, non faranno gruppo parlamentare. Si porta dietro il suo compagno Louis Aliot: resta fuori il suo nemico interno, il vicepresidente del Fn Florian Philippot. Ma di sicuro fra i post-fascisti partirà una gara di rivendicazioni e ripensamenti che per altri 5 anni ne farà un gruppo poco decisivo.
Chi invece alza subito i toni come se già si preparasse a mobilitare la piazza è il "tribuno della sinistra", Jean-Luc Mélenchon della France Insoumise, la Francia non sottomessa. Avrà una trentina di deputati, meno dei socialisti che stava per scavalcare. Ma già lancia nuovi slogan di guerra: «I francesi sono entrati oggi in uno sciopero generale civico, una astensione drammatica toglie legittimità al golpe sociale che En Marche si prepara a fare cambiando il codice del lavoro» Macron, il presidente, è rimasto in silenzio.
E si prevede che quando commenterà lo farà con distacco presidenziale. Entrando in un ruolo che, come diceva De Gaulle, è quello di «un presidente al di sopra della battaglia della politica». Il portavoce del governo Christophe Castaner (eletto col 61%) anche lui guarda lontano: «Oggi non è una vera vittoria, la vera vittoria sarà tra 5 anni, quando le cose saranno davvero cambiate per la Francia ». La lunga marcia di Emmanuel Macron è iniziata.