Maria Giovanna Maglie per Dagospia
Riusciremo ad arrivare indenni al famoso primo martedì di novembre, quando dovrebbero svolgersi le mai abbastanza celebrate elezioni presidenziali nel Paese che si ritiene la prima democrazia del mondo? Per indenni intendo proprio fisicamente perché l'aria che tira nella folle Campagna nel 2016 si fa sempre più tesa e mefitica.
TRUMP
Ieri Donald Trump, reduce dall'importante discorso sull'economia a Detroit, parlava in North Carolina; a un certo punto ha detto che se Hillary Clinton da presidente sarà in grado di nominare dei giudici federali, allora nessuno potrà più proteggere il diritto garantito dal secondo emendamento della Costituzione di portare armi. Poi ha aggiunto: ma il popolo del secondo emendamento qualcosa potrà fare.
melania trump con i capelli neri
Apriti cielo, la CBS ha subito accusato il candidato di aver incitato il popolo a sparare alla Clinton. E' scoppiato un tale casino che dalla campagna di Trump hanno dovuto emettere in fretta e furia un comunicato di precisazione un po' ridicolo sulla fiducia che ripongono nel popolo del Secondo Emendamento, che è numeroso e voterà per Trump. Subito dopo Jason Miller, senior Advisor per la comunicazione, ha accusato Hillary Clinton e il suo staff di essere disperati e per questo mettere in giro accuse oltraggiose.
BILL CLINTON CONVENTION DEM
Ha aggiunto: Sono sorpreso che così tanti giornalisti ci caschino. Già. Di fatto l'incidente è servito a Hillary Clinton per precisare che non ha nessuna intenzione di abolire il Secondo Emendamento ma semplicemente sostiene alcune restrizioni sulla proprietà di armi. Nessun commento però su un'altra polemica della giornata abbastanza sanguinosa. Praticamente alle spalle della Clinton durante un comizio, tipo ospite vip, è comparsa la brutta faccia di Sedike Mateen, padre di Omar, l'afgano che ha ucciso 49 persone nel gay club di Orlando.
L'uomo è un sostenitore della legge della Sharia, amico dei talebani, dice che i gay andrebbero uccisi, ma è un democratico registrato e la campagna di Clinton si è giustificata dicendo di non avere la minima idea che fosse lì. Lui ha peggiorato le cose: sono venuto perché la Clinton mi piace e sono contro Trump...
OBAMA CLINTON
In questo continuo casino di gaffes e scambi di accuse, come volete che si parli di programmi?
Diciamolo noi allora, tanto non lo leggerete quasi da nessuna parte: Donald Trump a Detroit lunedì sera ha fatto un grande discorso sull'economia che intende rivitalizzare.
E siccome è l'economia, stupid, che è al di sotto di quel 3 per cento di crescita che gli americani consideravano come un diritto, il punto più dolente della sensibilità degli elettori tutti, assieme alla sicurezza, nei prossimi giorni e settimane si vedranno i risultati positivi di questo discorso sostanzialmente e fortemente ispirato alla Reaganomics, ovvero a una potente idea di crescita economica che già in passato ha dimostrato di poter funzionare. Ad esserne beneficiati subito non sono i ricchi, i grandi ricchi, come ha precipitosamente commentato Hillary Clinton, che è miliardaria ma sull'economia fa la socialista alla Bernie Sanders, ma le classi medie.
REAGAN E TRUMP
Donald Trump ha proposto la semplificazione delle tasse, che passano da sette a tre aliquote così divise: 12, 25, 33 per cento, zero per le classi più disagiate. Ha proposto un imponente taglio delle tasse alle aziende che oggi sono al massimo storico circa il 40 per cento, e passerebbero al 15.
Non è un taglio qualunque perché metterebbe subito fine alla delocalizzazione contro la quale finora Trump sembrava solo voler tuonare minacciando, invece no, così nessuna impresa avrebbe interesse ad aprire filiali fuori dagli Usa. Ed è accompagnato dalla promessa di far pagare solo il 10 per cento ai capitali che ritorneranno in patria, quindi stiamo parlando di 2 mila miliardi di dollari in liquidità.
Trump ha proposto inoltre la deducibilità di tutte le spese per la salute e l’educazione dei figli dalle tasse, l'eliminazione della così detta tassa sul morto, la nostra tassa di successione, che oggi impedisce a piccoli imprenditori di lasciare agli eredi i loro affari, per esempio nel caso di fattorie o di aziende di tipo artigianale, perché le tasse oggi sono veramente insostenibili, tanto vale vendere o chiudere.
Il mega team di economisti e imprenditori che ha lavorato al discorso sostiene che si tratta della più grande proposta di rivoluzione delle tasse della riforma di Reagan e che produrrà crescita economica e posti di lavoro che dureranno anni.
piattaforma
Scrive l'Investor's Business Daily che si tratta di una proposta eccellente e che l’alternativa economica dell'avversaria Hillary Clinton a ben guardarla si rivela in tutta la sua pochezza, quel vecchio metodo democratico di tax and spend che ha costante bisogno di nuove imposte, e dunque contempla nuove fughe di capitali e sempre meno posti di lavoro. Non reggerà ai dibattiti che cominciano a fine settembre e non l'aiuteranno né la simpatia smaccata dei giornalisti ne improbabili liste nere del demonio Donald Trump.
david letterman john mccain 2008
Forte anche la parte di proposte contro gli accordi ideologici sul clima, e lo sfruttamento delle risorse energetiche eliminando i limiti alle trivellazioni offshore, che secondo una ricerca dell'Istituto per l'Energia, porterebbe un aumento di 100 miliardi l'anno nel prodotto lordo, a 500.000 nuovi posti di lavoro ogni anno. Anche qui il candidato repubblicano parla il linguaggio della deregulation. E parla il linguaggio di chi non vuole sentirsi dire che l'America oggi è ricca come non lo era mai stata, perché il potere d'acquisto e la disponibilità di reddito si sono tanto ridotti, perché il presidente non si elegge a Wall Street, o non solo.
Trump è però in un momento di difficoltà, stando ai sondaggi, e la decisione tardiva di dichiarare un riluttante appoggio alla campagna dei senatori McCain e Ryan sembrava far credere che nello staff che circonda il candidato prevalesse una nuova tendenza, una svolta buonista. Non è così, sempre e comunque a modo suo, perché è così che gli interessa vincere, e solo a queste condizioni politicamente scorrette ritiene di poter vincere, Donald Trump risponde alla fronda interna che ha trovato ampio spazio sul New York Times con un tweet di ghiaccio.
“Sono in corsa contro gli insider di Washington, lo sono sempre stato fin dalle primarie; questa gente ha trasformato gli Stati Uniti in un casino”. C'è sicuramente un gruppo di deputati e senatori repubblicani che vorrebbero la vittoria di Hillary Clinton e si stanno spendendo perché accada. Come la senatrice Suzanne Collins, repubblicana del Maine, che scrive al Washington Post che non voterà per Trump, e sono sei senatori con lei.
paul ryan donald trump
Poi c'è un gruppo di 50 ex esponenti della sicurezza nazionale, tutti repubblicani, che scrivono che sentono a rischio la sicurezza e il benessere del Paese e quindi non voteranno per il nominato repubblicano. Ma se fosse vero quel che Donald Trump risponde loro?
Ovvero che “ci sono rimasti male perché non li ho mai utilizzati, mi hanno mandato a dire in mille modi che volevano essere coinvolti dalla campagna ma io ho risposto che non ho interesse per loro, rappresentano la gente di Washington contro la quale sto correndo. Guardate come è ridotto il Paese, guardate le condizioni della difesa e della politica nazionale, guardate il disastro che hanno combinato”?
Allora sarebbe la solita invidia per l'outsider che vuole cambiare un metodo del quale gli elettori sono saturi. Interviene Rudy Giuliani e attacca ancora più forte dai microfoni di Fox News: “Questi sono burocrati di Washington e giustamente considerano Donald Trump loro nemico, questa è la gente che ha condotto la politica negli ultimi otto dieci dodici anni, e l'ha condotta della direzione sbagliata”. Insomma, chi non vuole chi?