THERESA MAY ANNUNCIA ELEZIONI ANTICIPATE
Caterina Soffici per la Stampa
La disastrosa campagna elettorale di Theresa May finisce con un' intervista a Itv News, dove la prima ministra britannica balbetta che beh sì, anche lei ha fatto una cosa molto brutta in vita sua: quando da bambina ha corso in un campo di grano facendo tanto arrabbiare i contadini.
Il pubblico forse si aspettava che ammettesse di aver sbagliato quando da ministro degli Interni ha tagliato il numero dei poliziotti del 19,5%, per un totale di 49.700 unità. Oppure che chiarisse come mai sotto la sua gestione il dossier sui finanziamenti ai gruppi estremisti attraverso l' Arabia Saudita, è finito insabbiato, come accusa il «Guardian».
MAY JUNCKER
Oppure che ammettesse il rischio di avviare le trattative con Bruxelles a gamba tesa, con il nuovo mantra secondo il quale «nessun accordo è meglio di un cattivo accordo».
Niente di tutto ciò. I telespettatori sono rimasti delusi (e si sono sfogati sui social media) mentre May rimetteva subito dritta la barra e chiariva che come figlia unica (per di più di un severo vicario della Chiesa d' Inghilterra) è sempre stata una bambina tranquilla, grande lettrice, amante della scuola e dello studio. Rigida, impacciata, scostante.
trump macron may
Il siparietto di ieri conferma che il tallone d' Achille di Theresa May è proprio la sua rigidità, ovvero la difficoltà a creare un qualsiasi tipo di empatia con gli elettori. La sua campagna elettorale è stata un lento suicidio neppure lontanamente immaginabile quando ha lanciato la sfida elettorale il 18 aprile. Aveva allora 20 punti di vantaggio sul partito laburista e contava di sbaragliare il campo aggiudicandosi un margine di 100 deputati e un mandato in bianco per avviare le trattative della Brexit.
SFIDA DI GAMBRE TRA LA MAY E LA STUGEON
Invece solo nell' ultimo mese ha perso, secondo i sondaggi, 16 punti percentuali. È stato un lento drenaggio di voti a favore del leader laburista Corbyn. A 24 ore dall' apertura delle urne, alcuni sondaggisti parlano di un distacco di un punto, anche se ogni previsione, come ci hanno insegnato le ultime tornate elettorali, va presa con le pinze.
Nel cammino verso le urne May ha inanellato una serie di passi falsi, primo tra tutti la cosiddetta «dementia tax» che prevedeva l' impiego del patrimonio familiare nella cura degli anziani malati terminali con un limite a 100 mila sterline. Proposta così impopolare che è stata costretta a fare subito un passo indietro, anche perché il suo elettorato è per il 60% formato da over 65 anni. Ieri in un' intervista al «Daily Telegraph» May ha cercato di spostare l' attenzione dal fronte interno a quello internazionale, tirando in ballo i giganti del web e promettendo nuovi poteri per bloccare l' accesso a siti estremisti. Non è sembrata molto convincente.
THERESA MAY NICOLA STURGEON
È poi andata in Galles, in tre collegi cruciali, dove i Tory cercano di strappare il seggio ai laburisti. Clwyd South, Bridgend, Wrexham: la verde campagna inglese da cartolina, molte mucche e molti prati, dove gli agricoltori hanno votato a favore della Brexit perché hanno in odio la politica agricola di Bruxelles anche se ricevono milioni di contributi europei. Theresa May li ha rassicurati che continueranno a vendere i loro prodotti in Europa anche dopo la Brexit. Non ha però chiarito come.
E ha parlato di altre grandi autostrade commerciali che si apriranno fuori dal mercato comune europeo, senza spiegare però con quali Paesi. Dopo gli attentati la campagna ha virato sulla sicurezza. Essere stata il ministro degli Interni più longevo della Gran Bretagna moderna, da punto di forza è diventato un altro punto di debolezza. La leadership «forte e stabile» che la leader Tory rivendicava all' inizio adesso è più che mai tremolante e vacillante.
2. JEREMY IL TRIBUNO GUASTAFESTE
CORBYN
Alberto Simoni per la Stampa
Jeremy Corbyn ha l' aria del guastafeste, l' invitato dell' ultimo minuto che fa saltare il banco e sconvolge i piani. Lo portarono in sella i sindacati, potentissimi azionisti del Partito laburista, quando decisero che doveva essere quel mite, pacifista e con un record di voti in Parlamento sempre contro-corrente a rappresentare il nuovo volto del Labour. Era il 2015, vinse il Congresso, diventò segretario, liquidò l' era Blair.
E oggi, navigando fra fronde interne, notti da lunghi coltelli e deputati che mugugnano, sogna un posto a capotavola a Downing Street. Domani si vota, Corbyn rimonta. Lo dicono due sondaggi, altri, basti citare Opium (43 a 36 May) di ieri sera, dipingono un Regno Unito ancora May-centrico. Ma tant' è, il suo popolo ci crede. Lui batte il Paese palmo a palmo, per raggiungere ogni angolo del Regno s' inventa i comizi trasmessi «via satellite».
Parla a Birmingham, lo ascoltano a Londra, Brighton, in Scozia. Oggi bissa, altri sei comizi, moltiplicati per altrettanti live show in diretta. Il suo popolo è giovane, età media sotto i 26 anni, il prato del Millennium Point a Birmingham, cuore delle Midlands arrabbiate fra diseguaglianze che avanzano, e welfare carente, pullula di gente che danza, urla, e si scatena sulle note di ballate e musica pop.
Il clima è caldo al punto giusto quando Corbyn sale sul palco.
CORBYN 1
«Andiamo a prenderci il Paese, non possiamo permetterci 5 anni di Tory al potere», esordisce.
Perché hanno smantellato i servizi, ridotto decine di migliaia di bambini- arringa la folla il tribuno Jeremy - alla fame. «Pensava di vincere alla grande Theresa May quando ha convocato le elezioni e invece ci ha sottostimato». Perché i laburisti hanno un manifesto, esplode Corbyn, che include tutti, perché «noi possiamo fare qualcosa di diverso». E poi è noi, i laburisti, contro di loro, i conservatori sfasciapaese, che non tassano i ricchi, che alimentano le diseguaglianze. Il leader laburista parla dei temi che toccano il suo popolo, scuole gratuite e migliori, opportunità per tutti, sanità pubblica e non privata, ed energia sotto il controllo dello Stato.
La tribù laburista si esalta quando ricorda che toglierà la tasse per i college «e chiunque voglia fare l' infermiere, l' ingegnere o altro potrà provarci». Il mio manifesto una lista dei desideri? Giammai, questo - dice protendendosi ancora più avanti sul palco costruito in mezzo al prato - è un progetto, un piano che «possiamo fare». Alla faccia di Boris Johnson che anche ieri lo ha schernito, alla faccia dei guru conservatori e degli analisti che bollano il suo piano a dir poco instabile. Gli economisti direbbero che non ha copertura finanziaria. Lui non si preoccupa, basta alzare «le tasse ai ricchi».
JEREMY BERNARD CORBYN
Il manifesto in realtà dà una bella stoccata anche a chi ricchissimo non è, Irpef alzata a chi guadagna 80 mila sterline e non più di 150 mila. Ma da Corbyn questi distinguo non se li aspetta nessuno. D' altronde sono 34 anni che nel Regno Unito non si sentiva qualcuno osare presentare un programma così di sinistra, qualcuno che sfacciatamente parla di nazionalizzazioni. L' ultimo fu Michael Foot, anno 1984. Vinse la Thatcher. Che è cosa diversa dalla May, scherza il comico Steve Coogan, mattatore della serata.
«Thatcher almeno aveva carisma, la May sembra un pancake». I giovani di Birmingham esplodono in risate. Corbyn li invita a un ultimo sforzo: «Portateli a votare». Ci credono tutti. O quasi. Una fonte interna al partito è meno entusiasta. «Si andranno tanti ragazzi a votare, sarà un' invasione», Vincerete? «No, dice, la maggior parte voterà in co l legi che sono già saldamente e storicamente in mano laburista». I sondaggi sono una brutta bestia se ci credi troppo.
TRUMP MAY JEREMY BERNARD CORBYN
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