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Mario Nicoliello per “il Messaggero”
È stato il padre della candidatura, è il più richiesto nella sala stampa dello Swiss Tech Convention Centre, sarà il presidente del comitato organizzatore di Milano-Cortina 2026. Giovanni Malagò è esausto, ma non si sottrae alle domande dei cronisti.
Presidente, quali sono le sue sensazioni dopo la vittoria?
«Sono emozionato. Questo è un risultato importante, non solo per me, ma per l'intero Paese. Sono orgoglioso del team che ho creato e di come abbiamo lavorato insieme. Abbiamo fatto sedere allo stesso tavolo lo sport e la politica e siamo riusciti a spuntarla».
È una sua vittoria personale?
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«Assolutamente no, è il successo di tutti. La candidatura l'ho inventata quando non avevano niente in mano. La chiave di volta è stata prendersi la Sessione del Cio con Milano. Poi ho intravisto uno spazio per costruire la candidatura e ci ho lavorato insieme ad altre quattro persone: Carlo Mornati, Danilo Di Tommaso, Anna Riccardi e Diana Bianchedi. Ho capito che poteva nascere una grande storia. Nella vita bisogna rischiare».
Quanto è stato complicato?
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«All'inizio la difficoltà principale è stata individuare le peculiarità della candidatura. Quando Torino si è fatta da parte, Lombardia e Veneto ci hanno dato pieno appoggio. Penso che se fosse rimasta solo Milano saremmo stati meno forti rispetto alla combinazione unica che abbiamo creato. Un mix incredibile con partenza a San Siro e chiusura all'Arena di Verona».
Il risultato finale in termini di voti rispecchia le sue previsioni?
«Pensavo che stessimo 3-4 preferenze sopra, evidentemente abbiamo fatto la differenza anche oggi (ieri, ndr). Ho capito di aver vinto quando loro hanno finito la presentazione».
La nostra è stata una presentazione al femminile?
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«Sabato e domenica le prove erano state pessime, noiose, disastrose, senza ritmo. Ognuno sbrodolava concetti non vincenti. Abbiamo cambiato tutto: discorsi accorciati, tono più alto. Ho deciso che avrei aperto io, poi palla alle istituzioni e chiusura con le ragazze, le uniche che potevano dare il crescendo. Arianna da sola, Goggia e Moioli insieme perché sono quasi gemelle e sanno fare sketch. La chiusura con la Confortola serviva per i giovani. Il filmato emozionale ha fatto il resto».
La vittoria sanerà la ferita di Roma 2024?
«La ferita è perfettamente cicatrizzata, però se mi levo la camicia vedo i segni, i quali ci saranno sempre. Roma rimane la mia città».
Sala e Ghedina le hanno dato fiducia, la Raggi no. Questa è la sintesi migliore?
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«Direi proprio di sì».
Vince l'Italia, ma Roma rischia di veder accentuato il gap con Milano e il Nord. Da romano cosa pensa?
«Purtroppo, credo che possa accadere quanto da lei prospettato».
Con Giorgetti avete vissuto momenti difficili, la riforma del Coni è arrivata in piena candidatura. Il successo sana il contrasto o no?
«Non è un tema all'ordine del giorno. Tornando a casa mi concentrerò sugli aspetti dell'attività del Comitato olimpico, sperando che non ci siano problemi tra le parti. La vittoria aiuterà tutti per l'entusiasmo e la carica che darà all'ambiente. Giorgetti è la mia istituzione nel governo ed è stato sempre molto positivo fin dall'inizio per Milano-Cortina. È stato un amico perché ha dimostrato sempre complicità in questo progetto: devo dire che all'inizio per questo ha avuto anche difficoltà nel suo governo ma ha saputo trovare la soluzione per far sì che tutti supportassero la candidatura».
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Come si dividerà ora tra Roma e Milano?
«Il presidente del Comitato organizzatore non sarà una carica di gestione. Per questa ci sarà un direttore generale».
Si ricandiderà alla presidenza del Coni?
«Assolutamente sì».
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