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    MALATI DI “TIFO” – IN UN LIBRO LA STORIA E L’EVOLUZIONE DEI TIFOSI, TUTTI ANIMATI DALLA CERTEZZA "CHE GLI ARBITRI SONO VENDUTI E I RIVALI IMBROGLIONI" – GLI EPISODI DI VIOLENZA ALLA FINE DEGLI ANNI ’90, CON LA CURVA DELLA STELLA ROSSA DI BELGRADO DIVENTATA  IL VIVAIO DELLE "TIGRI DI ARKAN” –  I ROMANISTI CHE INNEGGIANO ALLA "MAGICA" E TRASPORTANO IL MONDO DELLA MAGIA IN QUELLO DEL SACRO - LO STORICO GIOVANNI DE LUNA: “TIFO È UN TERMINE CHE DESIGNA UN MALE..."


     
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    Giovanni De Luna per “la Stampa”

     

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    I tifosi del Torino mi hanno sempre incuriosito. I riti, i lutti, le passioni che li attraversano mi sono sembrati da sempre un'anomalia da guardare anche con una punta di invidia. La loro fedeltà alla squadra è stata modellata sulle sconfitte, su un "albo d'oro" che sembra un necrologio, con le uniche gioie ossessivamente legate agli insuccessi dei rivali bianconeri. In realtà, come tifoso della Juventus, ho scoperto di condividere con loro la stessa malattia, anzi, come scrive Eduardo Galeano, di essere animato dall'identica, «certezza di essere miglior degli altri, che tutti gli arbitri sono venduti, che tutti i rivali sono imbroglioni». 

     

    TIFO LA PASSIONE SPORTIVA IN ITALIA TIFO LA PASSIONE SPORTIVA IN ITALIA

    In una parola siamo tutti tifosi o, se volete, tutti convinti fedeli dello stesso culto. La frase di Galeano è l'incipit del nuovo libro (Tifo. La passione sportiva in Italia) di Daniele Marchesini e Stefano Pivato che ci racconta nei dettagli le modalità della passione sportiva, di come si siano trasformate a seconda delle varie fasi storiche attraversate dall'Italia e, più in generale, dal mondo occidentale.

     

    Tifo è un termine che designa un male ora debellato dai progressi della medicina ma che ha imperversato a lungo nelle nostre contrade con altissime temperature provocate da febbri che portavano anche a momentanee alterazioni mentali. Di qui l'ovvio paragone con la febbre sportiva che, «contagiosissima, esplode negli stadi e negli altri luoghi dello sport». 

     

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    Il termine usato in questo senso, e i suoi derivati come tifoso, tifoseria, tifare, esistono però solo nella lingua italiana; in questa accezione è entrato nel nostro vocabolario nel periodo successivo alla prima guerra mondiale; per la precisione, come ci informa il libro, nel 1923, quando Giovanni Dovara, sulla rivista II calcio di Genova, ne scrisse come di un «fenomeno di passione acuta a tal punto da rivestire e da assumere, in certi casi e in certe persone, i fenomeni più strani, più patologici».

     

    Dall'universo calcistico la parola transitò poi negli altri sport così che, alla fine degli anni Trenta, veniva ormai usata senza virgolette quando nel gergo sportivo si trattava di indicare «proprio il fatto di parteggiare, simpatizzare in forme accese per qualcuno».

    torino juventus i tifosi granata torino juventus i tifosi granata

     

    Questi tratti si diffusero in maniera così larga da indurre Pivato e Marchesini a usare, al posto del tifo, termini che rinviano direttamente al mondo del sacro e del divino - si parla comunemente di una "fede" granata, o bianconera o giallorossa - così da attribuire a quello stato d'animo una dimensione decisamente religiosa. Religio etimologicamente significa qualcosa che lega, che tiene insieme, che indica i confini di un perimetro all'interno del quale ci si riconosce tutti in una comune appartenenza fondata sul medesimo "credo".

     

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     Noi tifosi, più che dalla stessa malattia, siamo quindi uniti dal fatto di condividere forme specifiche di adorazione nei confronti degli idoli dello sport, eroi della moderna società di massa, che ne «rispecchiano e interpretano valori e attese diffusi»...

     

    Quando i romanisti inneggiano alla "magica Roma" trasportano il mondo della magia in quello del sacro restando sempre nella sfera del soprannaturale, adepti di un culto in cui «tutti desiderano partecipare alla natura semidivina dei propri eroi» (Edgar Morin).

     

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    Come tutte le religioni il tifo va esplorato studiandone i miti, i luoghi di culto - gli stadi, i ring, le palestre, le salite delle gare di ciclismo - e di memoria, i riti che si strutturano e i comportamenti che ne conseguono, l'adorazione dei corpi degli atleti che si spinge fino alle loro camere da letto, le manifestazioni di cordoglio per la loro morte, le fotografie usate come santini, i tappi, le biglie, le figurine che ne amplificano il mito, le canzoni (ricordate il Bartali di Paolo Conte) fino ai mezzi di comunicazione di massa della modernità novecentesca (stampa, radio, cinema, televisione), la loro più diffusa cassa di risonanza. 

     

    PALLONE A bracciale PALLONE A bracciale

    Oggi è la rete ad amplificarne la presenza in modo quasi ossessivo: Cristiano Ronaldo può arrivare a guadagnare 975 mila dollari per ogni post pubblicato sul suo profilo personale di Instagram.

     

    La ricognizione di Marchesini e Pivato parte da lontano, dall'ottocentesco gioco del pallone a bracciale che propose gli sferisteri come i primi templi dove si celebrava il culto dell'eroe... Trasposizione pacifica degli antichi tornei cavallereschi quel tipo di sport non comportava necessariamente spargimenti di sangue ma restava ancora intriso di tutta violenza che derivava dalle sue origini belliche. 

     

    sinisa mihajlovic arkan sinisa mihajlovic arkan

    Poi questa carica di aggressività andò assottigliandosi, imbrigliata in regole e procedure che accompagnarono il processo di civilizzazione che investì tutto il costume del mondo occidentale, e anche lo sport, nell'intento di «espellere dai giochi pubblici non solo il ricorso alla violenza ma anche di plasmare l'individuo di una società più raffinata» (Norbert Elias). 

     

    La violenza, però, non è mai stata cancellata del tutto e si è ripresentata, enorme, eccessiva, con la fine del '900. Dal 1990, la curva dei tifosi della Stella Rossa Belgrado era stata il vivaio delle "Tigri di Arkan. eljko Ranatovi, "Arkan", fu incriminato dall'Onu per crimini contro l'umanità, essendosi reso protagonista di atti di genocidio e di pulizia etnica nel corso delle guerre che insanguinarono la ex Jugoslavia. Aveva cominciato la sua carriera proprio sugli spalti del Marakana (lo stadio dove gioca la Stella Rossa) diventando il leader indiscusso degli ultrà e schierando tutta la curva sulle posizioni nazionaliste più radicali.

     

    tifosi lazio con lo striscione per le tigri di arkan tifosi lazio con lo striscione per le tigri di arkan

     Quando iniziò la guerra con la Croazia fu incaricato di organizzare una milizia di volontari reclutando i suoi uomini tra i tifosi più violenti; furono tremila che risposero al suo appello; con il nome ufficiale di Guardia Volontaria Serba (successivamente modificato in Tigri), a partire dall'autunno 1991 questa unità paramilitare fu schierata lungo la frontiera serbo-croata massacrando migliaia di persone. Nel 2000, eljko Ranatovi fu assassinato nell'Hotel Intercontinental di Belgrado. In quell'occasione, nella curva della Lazio si materializzò uno striscione con su scritto "Onore alla Tigre Arkan".

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