RIUSCIRÀ SALVINI A RITROVARE LA FORTUNA POLITICA MISTERIOSAMENTE SCOMPARSA? PER NON PERDERE LA…
La moda borghese dell'intolleranza al lattosio -che prima al limite se chiamava cacarella e te l'accollavi in silenzio- ha fatto sì che in questo paese ormai al bar nessuno te fa più un frullato e tutti provano a spingerti queste cazzo di centrifughe liquidose e prive di densità.
— zerocalcare (@zerocalcare) 24 marzo 2019
Martina Saporiti per “il Venerdì di Repubblica”
Alzi la mano chi non conosce qualcuno che ritiene di essere allergico o intollerante a un alimento. Ormai basta sentire lo stomaco un po' pesante o la pancia gonfia per dichiararsi malati, ma cosa c' è di vero in questa improvvisa epidemia di reazioni avverse al cibo? Poco, dice la scienza.
In uno studio appena pubblicato su Jama Network Open, Ruchi Gupta, medico alla Northwestern University, ha condotto un' indagine negli Stati Uniti intervistando 40 mila persone: il 10 per cento soffre di allergie alimentari (diagnosi del medico a confermare), ma a dichiararsi allergico è il 19 per cento. In Italia è peggio. «Solo il 3 per cento della popolazione adulta soffre davvero di allergie alimentari, per la frutta a guscio, il pesce e alcuni vegetali soprattutto, ma si crede allergico il 38 per cento delle persone» ci ha detto Mario Di Gioacchino, professore di Allergologia e medicina del lavoro all' Università Gabriele d' Annunzio Chieti-Pescara e manager della comunicazione della Società italiana di allergologia, asma e immunologia clinica (Siaaic).
I "malati immaginari" non sono in malafede, solo confondono allergie con intolleranze e altri disturbi dell' apparato digerente. «Un' allergia alimentare nasce da un errore del sistema immunitario, che scambia una sostanza innocua come una proteina alimentare per un patogeno e innesca una reazione immunitaria» spiega Di Gioacchino. «Non sappiamo fino in fondo perché ciò avvenga, ma a volte c' è la complicità di un' infezione: trovandosi davanti sia patogeni sia proteine, le cellule immunitarie possono sbagliare e considerare entrambi nemici da combattere».
I sintomi di un' allergia sono più o meno gravi, dalla dermatite allo shock anafilattico, ma, come ribadisce Gian Luigi Marseglia, direttore della Clinica pediatrica dell' Università di Pavia Policlinico San Matteo e presidente della Società italiana di allergologia e immunologia pediatrica (Siaip), «l' unica diagnosi certa è formulata da medici specialisti e si basa sulla ricerca di anticorpi specifici (le famose IgE) per l' alimento che si ritiene scateni l' allergia.
Se sono presenti significa che siamo sensibili a quell' alimento e per valutare l' entità di questa sensibilizzazione è necessario eseguire, solo in ambienti controllati come gli ospedali, test di esposizione diretta all' allergene per ricreare, sotto stretta osservazione, la reazione immunitaria e confermare l' eventuale insorgenza dei sintomi».
Tra i bambini, solo l' 1-2 per cento soffre di un' allergia alimentare (latte, uovo, alcuni crostacei e frutta con guscio le più diffuse), ma crescendo quasi tutti guariranno perché il loro sistema immunitario matura e sviluppa tolleranza per l' alimento che scatenava i sintomi, tanto che solo il 10 per cento di loro rimarrà allergico da grande. D' altra parte le allergie possono svilupparsi anche in età adulta. «In ogni caso» continua Marseglia «si ha una percezione distorta sulla diffusione delle allergie alimentari perché vengono confuse con le intolleranze.
Queste non coinvolgono il sistema immunitario e si verificano quando il cibo, per esempio, fermenta e provoca gonfiore; oppure se non sono sufficienti gli enzimi che servono per la digestione completa di un alimento, come nell' intolleranza al lattosio, che interessa il 20 per cento degli adulti e insorge quando manca o è carente l' enzima lattasi che scinde lo zucchero del latte». Gonfiore, dolori addominali e diarrea possono essere sintomi di un' intolleranza, inclusa la celiachia (l' intolleranza al glutine che affligge l' 1 per cento delle persone), ma anche in questo caso bisogna evitare autodiagnosi e rivolgersi a un medico, soprattutto per escludere altri disturbi come gastriti e reflussi gastroesofagei.
In commercio ci sono decine di test fai da te che promettono di scovare le intolleranze più strane nonostante nessuno studio scientifico ne abbia mai validato l' efficacia: l' elenco è contenuto in un documento scritto per i cittadini dall' Associazione italiana di dietetica e nutrizione clinica (Adi) in collaborazione con altre associazioni mediche, come la Siaaic e la Siaip, e comprende il dosaggio IgG4, il test citotossico, Alcat test, test elettrici, test kinesiologico, dria test, analisi del capello, iridologia, biorisonanza, pulse test e riflesso cardiaco auricolare.
«Questi test rappresentano un giro d' affari di trecento milioni di euro all' anno solo in Italia» dice Barbara Paolini, medico dietologo dell' Azienda ospedaliera universitaria senese e presidente dell' Adi Toscana.
«Sono un dispendio di soldi e tempo, per noi e per il paziente, che ritardando la diagnosi corretta può incorrere in gravi problemi di salute. I falsi test spesso segnalano molte intolleranze portando la persona a escludere numerosi cibi dalla sua dieta. Ma eliminare un alimento per lunghi periodi di tempo può creare carenze nutrizionali anche difficili da recuperare perché poi l' organismo finisce davvero per tollerare quell' alimento poco o niente.
Questo è il motivo per cui noi dietologi non consigliamo mai di eliminare del tutto un alimento e, se questo deve essere necessariamente fatto, di sostituirlo con uno equivalente». Insomma, il più delle volte per tornare in forma basta ridurre le quantità dell' alimento incriminato e, se bisogna proprio eliminarlo, sentire un nutrizionista che prescriva una dieta per compensare i nutrienti persi. E poi fare pace con il cibo.
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